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Argomento presente: « I MESTIERI DI TORRE ANTICA »
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ID: 309  Discussione: I MESTIERI DI TORRE ANTICA

Autore: Aniello LANGELLA  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 30 gennaio 2012 Ore: 17:06

Vorrei adottare gli stessi criteri che ho espresso per la RICERCA MONUMENTALE, anche per questo progetto.
Censire tutti i mestieri conosciuti sul territorio documentandoli con foto e video.
Partire dall'attuale ossia da oggi per andare a ritroso nel tempo.
Il venditore di noccioline, di cocco, di palloncini, di calze, il rigattiere ma solo di mobili, quello che vende il ferro, chi vende il pane , il pescivendolo ( il fisso, l'ambulante ) , il venditore di mais bollito, il macellaio.
CREARE UN ARCHIVIO DELLA MEMORIA
FAtto il primo passo di documentazione dellattuale anche con video ( per riprodutte le voci ) si passerà alla ricerca del passato.
Su come procedere vedremo nel tempo.
Cordialmente
Dott Aniello LANGELLA
Presidente del Gruppo Archeologico Torrese G. Novi
 
 
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ID: 320  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

I MESTIERI DI TORRE ANTICA
Da “Ricordi del bere e mangiare di un torrese”, pubblicato su Torreomnia:

rus(e)cariéll(o):
Si dice di cibo un po’ duro, da rosicchiare. Il sostantivo è sinonimo di: franfellicco. Bastoncino di zucchero caramellato.
Il venditore di rusecarielli ne era anche produttore. Il carrettino aveva una caurarella nella quale lo zucchero veniva fuso, ricavandone una pasta morbida e colorata. Il piano del carrettino era di acciaio lucido e su di esso la pasta zuccherina veniva impastata e allungata. Su un lato del carretto c'era un'asta con un ferro sporgente in alto sul quale veniva appoggiato il serpente zuccherino e stirato ripetutamente, fino a ridurlo al diametrodi un dito. Prima che si solidificasse la pasta morbida veniva tagliata a pezzetti e ne venivano i rusecarielli.
-Tuoste 'e rusecarielle! - Guè, Tatò!
Nu sordo 'e franfellicche... E cu salute!..
(Ferdinando Russo. Sunettiata).
panzaròtt(o):
Crocchetta di patate, allungata come salsicciotto. Le patate scaurate si schiacciano nel passapatane e si impastano con formaggio, salame e prezzemolo.
Da lontano eravamo attratti dall'odore pesante dell'olio di frittura. La carrettella aveva la caurara di olio bollente sulla fiamma alimentata dalla bombola. Friggeva panzarotti e pizzelle che ci dava sulla cartapaglia gialla, quella che si usava per il sapone molle, quello pî panni. Una spruzzata di sale e bocconi a bocca aperta nel tentativo di mitigare l'ardore bruciante della frittura.
panzaruttär(o):
Venditore di panzarotti, col carrettino e caurara di olio bollente. La voce del panzaruttaro era: C'u filo 'i provola. U tiene mente. L'aggiunta finale, pronunciata sottovoce, denunciava l'assenza della provola.


ID: 319  Intervento da: Dott Aniello LANGELLA  - Email: aniello.langella@tisacli.it

RINGRAZIO SALVATORE ARGENZIANO PER LE PAROLE DI AFFETTO E DI STIMA,.... MA VEDIAMO SE RIUSCIAMO A FARE ASSIEME QUALCOSA DI VERAMENTE BELLO ED UTILE . Romperò io il "ghiaccio"!
Considerato che al momento nessuno ha iniziato la ricerca, vi darò iio degli spunti . Vi descriverò il primo mestiere che avrei da anni voluto descrivere:
IL VENDITORE DI CAZZABOCCHI
In primisi di deve definire l'oggetto del commercio, ossia il cazzabbocchio. Dicesi CAZZABBOCCHIO ( in torrese ) quella partIcolare "granita" che viene ricavata dalla "rattatira" della "bacchetta di ghiaccio ". La forma, inutile dirlo aveva forma pressoccè fallica ( donde il come cazzabbocchio ). La bacchetta di ghiaccio era prodotta da Mainiero alle 100 fontane che attingeva l'acqua del Dragone trasformandola in forme geometriche ( prisma a base quadrata) della lunghezza media di circa 1 metro. Il venditore di cazzabbocchi esercitava il suo commercio ovviamente in estate per fornire al cliente della Scala un refrigerio alla calura soffocante del dopo bagno. La mattina presto il cazzabbocchiaro si recava da Maniero con la sua bottega ambulante ( un carretto essenziale e semplicissimo ) . Qui acquistava la bacchetta di ghiaccio che veniva avvolta in un sacco di juta . Quel sacco fungeva da rallentatore della liquefazione. Dubbi immensi nutro sul'igiene del sacco. Caricata la preziosa materia prima, scendeva per Calsatro fino a raggiungere i paraggi dei pioppi di Chiarina a Mare. Qui tirava fuori la "rasola" una sorta di piallina in alluminio ancora in uso in alcuni villaggi dell'India meridionale e del tormentato medioriente. Il tocco di prestigio era dato poi dalle guarniture ossia dal colore e dal sapore che veniva dato alla granita . Ma spieghiamoci meglio. Una volta grattata la bacchetta con la piallina, si otteneva una granita che veniva posta o rirettamente nelle mani del acquirente oppure in un bicchiere che ne dava la forma. A questo punto veniva chisto il gusto. " cu che senz' u vuò ? Traducendo : con quale essenza vuoi che guarnisca il tuo "cazzabbocchio"? Tre le essenze a disposizione. L'essenza rossa che aveva un vago sapore di fragola, l'essenza verde al gusto di menta e quella arancione ovviamente all'arancio. L'essenza era un liquido ipofluido ottenuto da una forte diluizione dell'orzata e colorata con pigmenti verosimilmente sintetici in uso al tempo. Forse proprio quegli E112 e 113 che poi la normativa sanitaria bandì con decreti . Pronto il cazzabbocchio si versava " u senz " e l'oggetto del desiderio veniva consegnato nelle mani del cliente. Come si gustava il cazzabbocchio? Bene,... tra le mani affatto pulite,... la granitina veniva succhiata a labbra semichiuse per suggere il sapore zuccherino e gustarne la fragranza assieme al refrigerio dell'acqua fresca. Giunti alla scuola media Cesare Battisti il cazzabbocchio era terminato, restavano pochi residui del ghiaccio,... ma tanto colore. Le labbra e le mani restavano rosse, haimè per ore. Segno questo che si trattava di coloranti sintetici ad alta affinità per i tessuti biologici.
L'ultimo cazzabbocchio che ricordi costò al nonno Michele 5 lire,... era forse il 1961.
Un saluto a tutti e buon lavoro per il prossimo mestiere
Dott Aniello LANGELLA


ID: 318  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

I MESTIERI DI TORRE ANTICA
Caro Nello.
ancora due parole su “I MESTIERI DI TORRE ANTICA.
Nell’affascinante romanzo “Comete di carta colorata” di Antonio Abbagnano è citata la fabbrica dell’Aranciosina”. Esiste ancora questa bevanda? Una sincera emozione l’averne trovato un riferimento. Ne avevo un vago ricordo, trasferito in una voce dei “Ricordi del bere e mangiare di un torrese, pubblicato su Torreomnia. Ne riporto una frase tratta dalla voce “ACQUA”. “Tra le acque da tavola prodotte in casa con le cartelle, le bustine, ricordo l'Idrolitina, l'Idriz, l'Aranciosina. Quest'ultima si preparava con la cartella e una capsula gommosa contenente l'essenza di arancia”.
La stessa emozione l’ho avuta leggendo le SCROCCHE, anche scroccole. Un altro tassello per il Dizionario Torrese. Erano zuoccoli di legno sagomati, con la tomaia in cuoio. Il rumore all’alba delle scroccole sul basolato di vasciammare era il primo segnale del risveglio.
Auguro tanto successo alla tua iniziativa pe purta’ nzavramiento a lenga e tutte i ccose belle r’a Torre.
Salvatore.


ID: 317  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

CENSIMENTO MONUMENTALE
I MESTIERI DI TORRE ANTICA
Caro Nello,
l’idea di un “archivio della memoria” mi trova perfettamente d’accordo con te. Non è possibile assistere alla distruzione indifferente, per incuria, di quello che è stato il nostro passato, recente e antico. Quello che non fece a muntagna lo hanno fatto gli imprenditori negli anni cinquanta e sessanta. La Castelluccia, il Caffè Palumbo, il Teatro Garibaldi, testimonianze di una realtà sociale, scomparse nell’indifferenza di molti e, forse, il plauso di alcuni. Presto la stessa sorte toccherà ad altri palazzi simbolo di Torre. A Piscaria, la Caserma dei Carabinieri, il quartiere di vasciammare e quello di santamaria, i ccientofuntane, quanti anni ancora resisteranno?
Non possiamo crogiolarci nella memoria di beati, poeti e sacerdoti illustri, soddisfatti di questi lodevoli antenati. La storia di Torre è la vita di una comunità laboriosa non meno di altre, di una società rinata diverse volte evitando dispersioni e fughe di massa.
Per questo motivo plaudo a tutto quello che tende alla conservazione (senza propositi di restaurazione) e al recupero come memoria storica, di lingua, usi, costumi, monumenti, letteratura ecc. di Torre, cioè del nostro essere stati. Noi siamo quello che resta nella memoria del nostro passato.
A proposito di mestieri aggiungo al tuo elenco introduttivo due voci tratte da quella specie di dizionario torrese che mi diletto ad organizzare con la collaborazione di tanti amici, te compreso.
buattèlla: s. f. Cazzaruolo. Barattolo metallico. A fraveca r’i buattelle. Sulla strada che porta alla stazione delle FFS, dietro a i ccientofuntane, c’era a fraveca r’i buattelle, lo stabilimento delle conserve Elvea dei Vitelli. Traslato: Conserva di pomodoro. Metonimia che identifica il contenuto con il contenente per cui a buattella è la conserva di pomodoro, il concentrato.
Purchianise: top. Quartiere nella zona dell’antica chiesa di Santa Maria dell’Ospedale, nell’attuale via Gradoni e Cancelli. Il termine deriverebbe dall’attività che vi si esercitava dopo il 1631, la costruzione delle reti per la pesca. Dal greco “porcos”, rete. La zona era anche denominata “Vico di mare”.
Con tanti auguri a questa bella iniziativa.
Salvatore Argenziano


ID: 310  Intervento da: Dott Aniello LANGELLA  - Email: aniello.langella@tiscali.it

Non tutti sapranno che a Torre tra la prima metà del '600 e la fine dell'800 vi erano delle "fabbriche" per la produzione di prodotti specifici per la pesca.
La fabbrica delle FUNI. Dov'era? e cosa si produceva nello specifico ?
La fabbrica delle GALLETTE. Dove si trovava la sede ?
La fabbrica delle CALZE. Dove si trovava ?
La fabbrica delle SCROCCHE ( gli zoccoli in legno dei pescatori ).
La fabbrica delle VELE.
La ricerca di queste fonti potrebbe essere di stimolo a tutti coloro che liberamente vogliono partecipare al progetto.
Si potrebbe realizzare una sorta di UNIONE SINERGICA : Gruppo Archeologico\Torreomnia.
Ogni attore del progetto diventa autore e relatore. Creare assieme un megarchivio della memoria.
Propongo quindi di creare prima la SQUADRA


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