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Argomento presente: « I MESTIERI DI TORRE ANTICA »
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ID: 309  Discussione: I MESTIERI DI TORRE ANTICA

Autore: Aniello LANGELLA  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 30 gennaio 2012 Ore: 17:06

Vorrei adottare gli stessi criteri che ho espresso per la RICERCA MONUMENTALE, anche per questo progetto.
Censire tutti i mestieri conosciuti sul territorio documentandoli con foto e video.
Partire dall'attuale ossia da oggi per andare a ritroso nel tempo.
Il venditore di noccioline, di cocco, di palloncini, di calze, il rigattiere ma solo di mobili, quello che vende il ferro, chi vende il pane , il pescivendolo ( il fisso, l'ambulante ) , il venditore di mais bollito, il macellaio.
CREARE UN ARCHIVIO DELLA MEMORIA
FAtto il primo passo di documentazione dellattuale anche con video ( per riprodutte le voci ) si passerà alla ricerca del passato.
Su come procedere vedremo nel tempo.
Cordialmente
Dott Aniello LANGELLA
Presidente del Gruppo Archeologico Torrese G. Novi
 
 
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ID: 504  Intervento da: Aniello  - Email: aniello.langela@tiscali.it

Vi parlerò della mitica, della grande , della prodigiosa ed unoca al mondo CENTRALE DEL LATTE A TORRE DEL GRECO: MITIRDA A VACCARA.
Un mestiere di altri tempi ovviamente, ma un esercizio commeciale che dava all'intero QUARTIERE MARE gioia e sostanza. Mitirda per chi non lo sapesse aveva la "centrale del latte" al Corso Cavour "di fronte alla Guardia di Finanza". Qui le sue grandi mucche fornivano alla popolazione fiumi di latte. Io andavo da Mitirda la mattina presto con il nonno Michele.
Un ricordo dolcissimo.
Aniello


ID: 501  Intervento da: Luigi Mari  - Email: gigiomari@libero.it

Credo che, senza volerlo, la signora Marisa, al di là dell'esperienza relativa alle "maeste", grande argomento di costume, (vedi messaggio "I mestieri di Torre antica") dal non-dialogo delle prime missive, nella fuga di legamenti domanda-risposta, dovuta all'urto iniziale delle intelligenze, sempre critico, che evidenzia indifferenza o scetticismo momentaneo; credo, dicevo, stia facendo nascere spontaneo un argomento di grande rilievo: "l'essere e l'apparire" che a Torre, non è lo stesso di Parigi o di Londra o di New York, ma è uno sdoppiamento culturale e di costume che trasforma le persone in duplici, triplici ruoli. Non come quelli, ad esempio, progressivi della donna: ragazza, sposa, madre, suocera che danno sensibile poliedricità e mutamento ad una sola personalità nell'arco di una vita a seconda dei ruoli assunti, ma lo sdoppiamento non, per carità, dissociativo mentale, ma di costume, di comportamento quotidiano, legato e dipanato da vecchi canoni etici ma non di meno pregiudiziosi della cintura vesuviana.
Dopo la mia accoglienza galante e cavalleresca ricamata e schiccherata sulla sua indovinatissima frase d'esordio "Un sorriso a tutti" (conosco di persona la signora) ella ha guadagnato l'uscio del secondo messaggio con un conformista, rassicurante e garantista "Don Luigi" per subito aggiungere: (Tanto gentile e tanto onesta "paro"), che è l'ironia dialettale di (sembro, ma), ambiguità, per Sua sfortuna, suffragata da due componenti: La faccina folle che da sorriso diventa "occhiolino" (ho controllato è un casuale guasto software da riparare) e dalla scherzosa e barzellettara frase: "distratto consorte"; tutto atto ad attutire la vistosità di contenuto del titolo della discussione dedicatole creduto eccessivo o mascherato dietro una sorta di pappagallismo "Un Angelo in Torreomnia".
Tutte queste sfumatute fanno capire come è complesso il ruolo di una donna in un contesto socio-evoluto solo parzialmente, come quello nostrano, dove lo sviluppo ed il progresso hanno priorità sulla materia prima che sullo spirito.
Per concludere la Signora Marisa ha avuto la sventura di fare capolino in un forum di scalmanati logorroici, con la valvola orale-uditiva bloccata sui timpani e la cavità orale dilatata. Forse questo la intriga, il suo senso materno di protezione per dei "diversamente abili" cogitanti che va ciascuno per conto proprio monologando, senza almeno avere la scusante del maschilismo e della misoginia che avrebbe giustificato il mancato inchino e il baciamano.
Luigi Mari

Errore software: Ogni faccina ha il suo corrispondente grafico che viene adoperato pure con gli sms. Quando si vuole inserire la faccina sorriso deve apparire nel form del messaggio ;) l'occhiolino invece il :) tra parentesi quadre. Per il momento correggiamo a mano.



ID: 495  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

08.01.2005.
LE SCROCCHE.
I miei informatori mi riferiscono che a fraveca r’i scrocche era in Cupa San Pietro, presso la Chiesa.
La scrocca era formata da due chianelle di legno Alla prima, quella superiore si inchiodava la tomaia. Questa era ricavata da vecchi scarponi, specie quelli militari. Poi si univano le due parti di legno con chiodi. Questa è una testimonianza che sottopongo alla verifica dello Storico Nello. Dimmi se non mi hanno contato per caso na fessaria.
Propongo un altro mestiere.
U CENTRELLARO.
Il proverbio dice: È’ ghiuto u ffierro vecchio mmano û centrellaro. Ma chi era u centrellaro? Possibile che uno campasse solo facendo centrelle?
c(e)ntrélla: s. f.
Bulletta per chiodare le scarpe. etim. Greco “kentron”, chiodo.


ID: 493  Intervento da: marisa betrò  - Email: marisabetro@libero.it

Dite la verità, don Luigì,"tanto gentile e tanto onesta paro...", è vero o no?
Oh, finalmente qualcuno se n'è accorto. Devo riferirlo al distratto consorte!
Scherzi a parte, grazie per l'accoglienza. :)). (Provvedo in proprio alla faccina, perché clicco sul sorriso e lo scostumato lazzaro fa l'occhiolino.)
Le melenzane...anch'io le chiamo così e sono un'altra cosa: ammantate di pomodoro, profumate di basilico, allegre di frittura, spiritose di provola filante. Melanzane sono quelle tristezze infornate, grigliate, scaurate che si portano adesso. Noi diciamo melenzane e il sapore dell'estate si scioglie in bocca...

Ma torniamo a noi.

A MAESTA R'I CRIATURE

Un mestiere femminile. Il mestiere di una particolare categoria di donne: le donne sole, in genere, le nubili, le vedove, quelle che non avevano alle spalle una famiglia che bene o male le mantenesse. E pensioni non ce ne stavano.
Si "trattenevano", in cambio di una retta modesta, i criaturi delle altre, delle mamme piene di figli, di quelle che, come mia nonna paterna, col piede dondolavano le cònnole e con le mani sceglievano il corallo.

L'attrezzatura era sommaria: tanti piccoli scannetielli stipati un una o due stanze della casa, la loggia o la balconata per la ricreazione.
La programmazione? Presto detto: in primis "i cose i Ddio", poi filastrocche, canzoncine, fattarielli per tener buoni i piccoli nella controra, dopo che era stato consumato il pranzo, portato nei panarielli comprati a Montevergine.
La disciplina era garantita da generose razioni di scoppole e da qualche confettiello-premio, ogni tanto.
D'inverno, si appicciavano i bracieri. Una mia cugina, che andava da due sorelle maeste dietro la Piazzetta, una volta cadde nel braciere. Ricordava ancora lo spavento e il dolore della scottatura, che le fu curata con un'intera cartata di sapone di piazza.

A via Teatro c'era l'asilo delle sorelle Scicolone: Nannina, Bettina e Michelina. Prezzi modici, criaturi a zeffunno, anche perchè avevano la fama di essere affidabili e sistimate. Vestivano da pizoche; solo l'ultima, Michelina, sotto la gonna nera informe della "divisa" azzardava la civetteria di un mezzo tacco.

Poi c'erano le Maestre vere, quelle col diploma.
Della "Marescialla" parleremo un'altra volta!
Un sorriso a tutti.


ID: 492  Intervento da: Anillo  - Email: aniello.labgella@tiscali.it

Alla contrada Calastro , scendendo la via Cesare Battisti subio dopo l'angolo per andare al macello, vi era il BOTTARO .
Qui si fermavano i traìni che portavano i tronchi alle segherie. Poichè la pendenza era forte per frenare, il carrettiere usava far stringere la ruota interna contro il marciapiedi. Alla fine dai e dai la ruota finiva con lo sfasciarsi. Proprio nel punto dove si sfascivano le ruote dei traìni si era messo il bottaro che aggiustava con lo stesso sistema delle botti anche le ruote dei carri ed i pesanti cerchioni in ferro.
U VUTTARO
Cordialmente
Aniello


ID: 491  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

07.01.2005.
Caro nonno Giggino,
a me proprio sta storia r’u vate nun me scenne ncuorpo, me rummasta ncanna.
“il sacro vate, / Placando quelle afflitte alme col CANTO, / I prenci argivi eternerà” (Foscolo, dice di Omero)
U vate è chillo ca canta e cantàre è parente stritto ‘i càntaro. Allora mo. Tra vate(r) e càntaro me stai mettenno ncopp’a nu puorco, peggio ‘i nu nciucio nchiazza, quasi nu strascino. Tutto chesto propetamente mo ca na bella signora (a masta ‘i tutte i mmaeste a ccunuscenza r’a tradizziona turrese) è trasuta nt’a sta cumpagnia ‘i giuvani e vicchiarielli.
Ma te voglio u stesso bene.
Il tuo Tatore (con la e finale!!!!!!!!).


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