Anno III
Novembre dicembre 2003
n. 11-12

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Specchi rotti e lanterne magiche

Il modo della follia
al cinema e in televisione

 A b o u t   a   B o y   di Adele Pisapia

Come in “Qualcosa è cambiato”, in “About a boy” dall’incontro casuale di due o più individui con patologie più o meno conclamate e senza figure esterne di supporto, si innesca un processo di cambiamento di essi, ciascuno con le sue ossessioni o semplicemente con la tristezza del suo quotidiano, che produce un nuova rappresentazione della realtà, certamente più dignitosa. Lui, quarantenne e scapolo impenitente, belloccio e apparentemente con il solo problema di come farsi scaricare dalle donne con cui intrattiene relazioni amorose. Si comprende poi che è un uomo solo, afflitto dallo stesso vuoto di cui ama circondarsi, incapace di coinvolgersi, di amare, di vivere, paralizzato com’è dalle sue stesse difese.
Lei, chiaramente affetta da depressione maggiore ricorrente, con tanto di tentato suicidio e figlio a carico. E ancora il terzo personaggio, un ragazzo, il più equilibrato di tutti. E’ impegnato a fronteggiare la grave depressione della madre, anche a costo di sacrificare la sua già incerta “immagine sociale”, in un periodo della vita in cui è proprio attraverso il controllo e il continuo rimaneg- giamento di essa che si costruisce la propria identità. Pensiamo al “ti voglio bene” detto alla madre, dietro sua richiesta, davanti ai coetanei nel cortile della scuola o alla sua esibizione, nella recita scolastica, in una canzone, gradita alla madre, ma definita in modo canzonatorio dai compagni “ninna-nanna”, solamente per regalarle un po’ di felicità. E’ lui il protagonista della storia, lui che con tanta caparbietà mette insieme i fili delle vite sua, della madre, dell’altro.


“Uomo e donna” di Fernado Botero, pittore contemporaneo che esalta i volumi e le dimensioni per veicolare il suo messaggio artistic

Riesce, infatti, ad imporsi nel quotidiano di lui, andando ogni giorno ad una data ora a casa sua a vedere la tv, un po’ con l’inconscio proposito di metabolizzare il tentato suicidio della madre, un po’ con l’intento manifesto di farla fidanzare con lui. In questo modo spezza la solitudine dell’uomo, da un contenuto al suo vuoto interiore, risveglia la sua capacità di dare e di creare relazioni autentiche. Per aiutare il ragazzo l’uomo è costretto ad intervenire nella vita e a non lasciarsi più vivere. Lei al contempo si sente più sicura e più disposta a cambiare. Il ragazzo sente finalmente di avere alle spalle figure genitoriali, che per quanto siano scalcinate e a nessun titolo definibili tali, gli vogliono bene e  ci sono.

La notte di Natale si configura a casa del ragazzo un nuovo scenario di relazioni possibili: il vero padre del ragazzo, la nuova moglie e la suocera, il single con eventuale compagna e figlio di lei, la madre con probabile compagno, il ragazzo e altre persone ancora. E’ uno strano concetto di famiglia allargata, in cui ci sono alcune figure di riferimento sicure e altre probabili, piccoli aggiustamenti e relazioni autentiche. Un‘immagine della realtà diversa per tutti e tre e un quotidiano un po’ meno triste. Tutto sommato non è la “famiglia del mulino bianco”, ma una famiglia che ci rassicura e ci da speranza.

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