Anno III
Novembre dicembre 2003
n. 11-12

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LA  SALUTE

Il medico alla sbarra
di Luigi Intoccia

Un “dagli all’untore”
con la presunzione 
di colpa per malasanità  

Sommario

4      Nemici miei carissimi

        A colloquio con Antonio
        Civitillo –
di Giuseppe Della
        Monica

     Specchi rotti e lanterne magiche
 About a Boy
di Adele Pisapia

6-7   Salute Mentale
              
6      1° Work Shop di Franciacorta
     
   di Dominique Tavormina

         L’omosessualità
        
di Vincenzo Riccio

         7  Abbattiamo il Muro 
             di Ida Balzano

              Ridere per Guarire 
             di Assunta Genio

8-9   Estero

        8  The Life Goals Program
            
by Martha Sajatovic 
             and Mark Bauer

        9  Il  Progetto“Life Goals “
            di Vittorio Cappa

10     Iniziative del DSM
          Il presepe è una terapia? 

          di Pasquale Brancaccio 

         
1° Concorso Nazionale
          Audiovisivi -
di Cristina Tarallo  
          Tam-Tam e Schizzo
          di Felice Gaglione

11     Speciale Natale

          Il Natale di Eduardo
          di Anonima Italiana 

          
Associazione Amici del
          Presepio
- di Ciro Perrotta
          Visita a San Gregorio Armeno 

          di Carla Di Cristo

12     Lo Sport

           Intervista a Massaro
          
di Sabatino Falanga
           Un Calcio Insieme
           di Mangiafuoco

13      La Voce dei Familiari

           La risposta di mamma
           di Giuseppina Noto  

        
   Grazie di esistere

           di Enrica Sorrentino

14      Momentanei Accessi di
           Ragione

           Quarantenni con mammà
           di Francesco De Stefano 

           Lo stato del costume
           di Lucio Bonelli  

           La vita attuale

           di Mimmo Matrone

15      Racconti 

           Fabiola & Company 
           di Gianfranco Oliviero

           Poesia      

         La casa mia - di Salvatore Guida

         Amore mio 
         di Anna Maria Sorrentino

          Pazziann o’ poeta
         
di Floriana Vergaro

16      Per ridere un po’
         
di Antonio Giordano
 

Nella scorsa estate, mi trovavo con la famiglia a pranzo in un ristorante di un lido della zona nord di Napoli. Avevamo da poco finito di fare il bagno e c’eravamo seduti a tavola. In televisione stavano trasmettendo servizi dall’Iraq e le persone ai tavoli davano poco ascolto alle notizie. In fondo la gente si abitua alla morte e alla guerra, al punto da riuscire a gustare un pasto mentre viene raccontata una strage di donne e bambini. Ad un certo punto il giornalista di turno passò a parlare di malasanità. La notizia veniva data in modo da suscitare curiosità e disgusto nella gente. Mi trovai in quel momento ad osservare gli altri commensali. Il grado di attenzione era aumentato e le espressioni dei visi ricordavano da vicino quelle di chi è in aereo e vomita per il mal d’aria. Ascoltavo i commenti, tutti di ferma accusa contro la classe medica, e non c’era nessuno che mettesse in dubbio l’accaduto o tentasse di giustificare quanto avvenuto. 
La giuria aveva emesso il verdetto: medico criminale, condanna senza attenuanti. Tutti sembrano dimenticare che il medico è un uomo, con i suoi problemi, le sue paure, le sue nottate insonni, i litigi con la moglie o con l’amministratore del condominio. E’ uno che deve ascoltare i guai e le sofferenze della gente otto/dieci ore al giorno, sul quale vengono riposte le speranze di guarigione, anche quando non ve ne sono. E’ uno che deve dirti con tristezza e sgomento che forse non hai molto da vivere e hai un male incurabile. E’ uno che spesso non ha orari, a stento riesce a mangiare, torna a casa e deve sorbirsi le lamentele dei figli che gli dicono: “Tu non ci sei mai, perché devi sempre lavorare?” Ma alla gente questo non interessa. Il medico deve essere sempre disponibile, a qualunque costo.
Ma sul serio pensate che un medico voglia fare del male ad un altro essere umano? 
Che possa svegliarsi al mattino e decidere di ammazzare qualcuno, senza un briciolo di coscienza? E la colpa è della televisione. Negli ultimi anni hanno spopolato serial televisivi, del tipo E. R., dove dei superman della medicina lavorano 25 ore su 24, instancabili. Sembra di assistere ad un cartone animato della Marvel, sui supereroi, tipo l’“Uomo Ragno” o “I Fantastici Quattro”.

 Se un medico dovesse sostenere quei ritmi allucinanti, un ospedale dovrebbe cambiare il personale ogni due anni, in quanto quello operante morirebbe d’infarto per lo stress. E’ una finzione, uno sceneggiato televisivo. Ma la gente spesso lo usa come termine di paragone.  Il medico è un essere umano, con le sue debolezze, i suoi errori e le sue paure. E questa ondata di criminalizzazione gli pesa, e molto. Così piovono giù denunzie e querele. Fino a qualche anno fa un medico in situazioni di emergenza avrebbe osato, fatto di tutto per salvare il paziente. Ora il medico deve preoccuparsi dei rischi legali, di non finire sotto inchiesta, dei protocolli terapeutici, delle direttive della Direzione Generale. Allora dietro le quinte senti frasi del tipo: “Se avessi fatto questo rischiavo di... ho fatto il mio dovere e sono a posto” Da un lato una maggiore responsabilizzazione della classe medica va bene, ma ricordatevi, che il medico non oserà più con faciltà, non esisteranno terapie eroiche.
Se il medico è costretto a preoccuparsi di non finire sotto inchiesta, invece che pensare solo a salvare il paziente, ci aspettano anni bui e tristi. Il paziente deve essere visto come una persona che ha bisogno, non come un ipotetico nemico che può portarci sul banco degli imputati. Sono preoccupato per quest’andamento, non so dove ci porterà. Spero solo che la gente capisca che ce la mettiamo tutta, che facciamo del nostro meglio. Nessuno di noi prende alla leggera la salute del prossimo, non dimenticatelo mai quando avrete davanti un camice bianco.  
 
            
(Disegno di A. Giordano: 
             medico dietro le sbarre)