Anno II
Aprile 2002 
n. 4

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Psicologia   e buddismo
di Gaetano Gaudino



 le opinioni, sono frutti di attività immaginativa della mente, senza alcuna consistenza reale. Buddha intuì il grosso danno che arrecano l’identificazione e l’attaccamento. Noi ci identifichiamo talmente con i nostri atti da non capire che trattasi di una recita.
In fondo la vita è una commedia, dove spesso gli attori prendono la parte troppo sul serio dimenticando che è solo una farsa. Come esempio, un caso tipo, il ragazzo che, identificandosi con "Batman" si lancia dal balcone. Anche con la sofferenza ci si può identificare; ci si pensi a quanti santi si sono identificati a Cristo e alle sue sofferenze, tanto da farsi uscire le piaghe. C’è un detto buddista che dice: "Quello che pensi, quello diventi". Il Buddha ci esorta a considerare la sofferenza che aiuta a crescere, non la sofferenza passiva che ci schiavizza.
Uno dei maggiori attaccamenti della nostra cultura è " il corpo". L’anoressia e la bulimia, a parte le cause affettive, nascono da un’eccessiva considerazione o attaccamento al proprio corpo: l’esaurirsi dell’energia dovuto all’eccessivo attaccamento, rompe l’indiscindibile legame mente \ corpo sfociando in sofferenza.
Ci preoccupiamo sempre di come quest’involucro fatto di "4 mazze" e qualche litro d’acqua appaia gradito agli altri, trascurando l’essenza che vi è dentro. Passiamo tutta la vita a curare, sturare, tamponare questa imbarcazione che quasi sempre all’altro mondo porta solo melma, e che per dirla con Cristo siamo simili a sepolcri imbiancati, "belli fuori" e schifo dentro.
Per un buddista, noi non siamo né il corpo né la mente, ma qualcosa di più profondo. In Oriente, fra i Maestri spirituali si dice che noi siamo 3 persone: 1) ciò che gli altri pensano di noi; 2) ciò che noi pensiamo di noi stessi; 3) ciò che siamo realmente. Quando il discepolo prediletto Ananda, che vuol dire beatitudine, esortò l’Illuminato affinché gl’impartisse un ultimo insegnamento prima che si congedasse da loro (morte), il Buddha con compassione abbracciò Ananda e gli disse: "O Ananda, sii Luce a Te stesso!

Il crescente interesse che il buddismo sta suscitando in Occidente fra studiosi, insegnanti, psicologici e devoti, sembra scaturire proprio dalla profonda saggezza ed intelligenza della tradizione buddista; a differenza dell’Islam dove la religione assume i caratteri del fanatismo in un misto di fede e di politica.



un altro motivo da non sottovalutare è che l’Occidente, con la sua tradizione giudaico - cristiana, non è più in grado di dare risposte esaurienti ai problemi esistenziali dell’uomo d’oggi, cosa che il buddismo, vecchio di 2500 anni, contempla nella sua vasta filosofia e psicologia.
L’esperienza umana del principe Siddharta Gautama avvenne proprio in opposizione allo sterile ritualismo dei bramini indù. All’età di 29 anni, dopo una breve esperienza matrimoniale, Gautama, colto da insoddisfazione si rese consapevole dei mali insiti nella vita. Questo bagliore di luce che colpì la sua coscienza in Oriente, è detto "Illuminazione"; da quel momento il principe divenne: "il Buddha" che significa "il Risvegliato".
Normalmente la nostra coscienza ordinaria nel cosiddetto "stato di veglia" vive dormendo, tanto che gli

orientali dicono che la nostra vita è simile ad un sogno ad occhi aperti.  Ciò era conosciuto anche a Platone descrivendola nel famoso mito della caverna. Il Buddha parlava di "Consapevolezza" un centro interiore dal quale un immobile testimone osserva il dipanarsi della realtà senza esserne intaccato. Per i cristiani questo "immobile testimone" corrisponderebbe alla nostra anima che, essendo pura ed immacolata non è contaminata da questo mondo.
Nella ricerca il Buddha enunciò le famose Nobili Verità: la vita è sofferenza (Dukka), un’altalena fra il piacere ed il dolore; rincorriamo il piacere perché siamo insoddisfatti, cui fa seguito il dolore. Esiste, per dirla con Franco Battiato, un "Centro di gravità permanente" dove quest’altalena sia a riposo e noi potremmo assaporare la felicità?
Il Buddha, dopo un’estenuante ricerca arrivò alle porte del "Nirvana" o "Regno dei Cieli" per Cristo; da non confondere o intendere come ad un preciso luogo, bensì ad uno stato della mente, calmo, in pace, in armonia, con gioia e beatitudine, senza la minima tensione.
Un’altra verità importante è l’impermanenza delle cose del mondo e l’interdipendenza di tutti i fenomeni. In Filosofia si dice che il nostro mondo fenomenico si compone di una realtà in continuo mutamento e questa continua variabilità dei fenomeni genera movimento, attrito, tensione, sofferenza.
La sua profonda intelligenza lo portò a capire che tutte le cose o fenomeni di questo mondo non hanno un’esistenza propria, essendo la loro natura vuota. Tutto sarebbe interdipendente, collegato da un’unica energia che inglobarerebbe tutti i fenomeni, anche noi umani, da qui una profonda compassione verso tutte le creature.
Cosa stupenda, le intuizioni di Buddha sono oggi contemplate come verità scientifica dalla cosiddetta "Nuova Fisica" del dopo Einstein. Tutto è uno, tutto è vuoto, tutto è Dio.
Avendo compreso l’illusorietà dei fenomeni, lo stesso discorso vale per l’io e le affezioni psicologiche. Quando un occidentale dice di voler scoprire se stesso, sovente svolge un lavoro d’introspezione psicologica, credendo a volte di essere quello che non è. Per un orientale invece, i pensieri, l’emozioni,