Psicologia
e buddismo
di Gaetano Gaudino |

le opinioni, sono frutti di attività immaginativa della
mente, senza alcuna consistenza reale. Buddha intuì il grosso
danno che arrecano l’identificazione e l’attaccamento. Noi ci
identifichiamo talmente con i nostri atti da non capire che
trattasi di una recita.
In fondo la vita è una commedia, dove spesso gli attori prendono
la parte troppo sul serio dimenticando che è solo una farsa. Come
esempio, un caso tipo, il ragazzo che, identificandosi con "Batman"
si lancia dal balcone. Anche con la sofferenza ci si può
identificare; ci si pensi a quanti santi si sono identificati a
Cristo e alle sue sofferenze, tanto da farsi uscire le piaghe. C’è
un detto buddista che dice: "Quello che pensi, quello
diventi". Il Buddha ci esorta a considerare la sofferenza che
aiuta a crescere, non la sofferenza passiva che ci schiavizza.
Uno dei maggiori attaccamenti della nostra cultura è " il
corpo". L’anoressia e la bulimia, a parte le cause
affettive, nascono da un’eccessiva considerazione o attaccamento
al proprio corpo: l’esaurirsi dell’energia dovuto all’eccessivo
attaccamento, rompe l’indiscindibile legame mente \ corpo
sfociando in sofferenza.
Ci preoccupiamo sempre di come quest’involucro fatto di "4
mazze" e qualche litro d’acqua appaia gradito agli altri,
trascurando l’essenza che vi è dentro. Passiamo tutta la vita a
curare, sturare, tamponare questa imbarcazione che quasi sempre
all’altro mondo porta solo melma, e che per dirla con Cristo
siamo simili a sepolcri imbiancati, "belli fuori" e
schifo dentro.
Per un buddista, noi non siamo né il corpo né la mente, ma
qualcosa di più profondo. In Oriente, fra i Maestri spirituali si
dice che noi siamo 3 persone: 1) ciò che gli altri pensano di
noi; 2) ciò che noi pensiamo di noi stessi; 3) ciò che siamo
realmente. Quando il discepolo prediletto Ananda, che vuol dire
beatitudine, esortò l’Illuminato affinché gl’impartisse un
ultimo insegnamento prima che si congedasse da loro (morte), il
Buddha con compassione abbracciò Ananda e gli disse: "O
Ananda, sii Luce a Te stesso!
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Il
crescente interesse che il buddismo sta suscitando in Occidente
fra studiosi, insegnanti, psicologici e devoti, sembra scaturire
proprio dalla profonda saggezza ed intelligenza della tradizione
buddista; a differenza dell’Islam dove la religione assume i
caratteri del fanatismo in un misto di fede e di politica.

un altro motivo da non sottovalutare è che l’Occidente, con la
sua tradizione giudaico - cristiana, non è più in grado di dare
risposte esaurienti ai problemi esistenziali dell’uomo d’oggi,
cosa che il buddismo, vecchio di 2500 anni, contempla nella sua
vasta filosofia e psicologia.
L’esperienza umana del principe Siddharta Gautama avvenne
proprio in opposizione allo sterile ritualismo dei bramini indù.
All’età di 29 anni, dopo una breve esperienza matrimoniale,
Gautama, colto da insoddisfazione si rese consapevole dei mali
insiti nella vita. Questo bagliore di luce che colpì la sua
coscienza in Oriente, è detto "Illuminazione"; da quel
momento il principe divenne: "il Buddha" che significa
"il Risvegliato".
Normalmente la nostra coscienza ordinaria nel cosiddetto
"stato di veglia" vive dormendo, tanto che gli
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orientali dicono che la nostra vita è simile
ad un sogno ad occhi aperti. Ciò era conosciuto anche a
Platone descrivendola nel famoso mito della caverna. Il Buddha
parlava di "Consapevolezza" un centro interiore dal
quale un immobile testimone osserva il dipanarsi della realtà
senza esserne intaccato. Per i cristiani questo "immobile
testimone" corrisponderebbe alla nostra anima che, essendo
pura ed immacolata non è contaminata da questo mondo.
Nella ricerca il Buddha enunciò le famose Nobili Verità: la vita
è sofferenza (Dukka), un’altalena fra il piacere ed il dolore;
rincorriamo il piacere perché siamo insoddisfatti, cui fa seguito
il dolore. Esiste, per dirla con Franco Battiato, un "Centro
di gravità permanente" dove quest’altalena sia a riposo e
noi potremmo assaporare la felicità?
Il Buddha, dopo un’estenuante ricerca arrivò alle porte del
"Nirvana" o "Regno dei Cieli" per Cristo; da
non confondere o intendere come ad un preciso luogo, bensì ad uno
stato della mente, calmo, in pace, in armonia, con gioia e
beatitudine, senza la minima tensione.
Un’altra verità importante è l’impermanenza delle cose del
mondo e l’interdipendenza di tutti i fenomeni. In Filosofia si
dice che il nostro mondo fenomenico si compone di una realtà in
continuo mutamento e questa continua variabilità dei fenomeni
genera movimento, attrito, tensione, sofferenza.
La sua profonda intelligenza lo portò a capire che tutte le cose
o fenomeni di questo mondo non hanno un’esistenza propria,
essendo la loro natura vuota. Tutto sarebbe interdipendente,
collegato da un’unica energia che inglobarerebbe tutti i
fenomeni, anche noi umani, da qui una profonda compassione verso
tutte le creature.
Cosa stupenda, le intuizioni di Buddha sono oggi contemplate come
verità scientifica dalla cosiddetta "Nuova Fisica" del
dopo Einstein. Tutto è uno, tutto è vuoto, tutto è Dio.
Avendo compreso l’illusorietà dei fenomeni, lo stesso discorso
vale per l’io e le affezioni psicologiche. Quando un occidentale
dice di voler scoprire se stesso, sovente svolge un lavoro d’introspezione
psicologica, credendo a volte di essere quello che non è. Per un
orientale invece, i pensieri, l’emozioni, |
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