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1656. la peste.

Dalla Spagna
approdò la pestilenza
con gli armigeri del Viceré
acquartierati già in Sardegna.
Mentre impazza il carnevale
misteriose morti fulminee
in inquietante crescendo.
Dal Lavinaio di Napoli,
dai pulpiti predicato
di peccaminose
irriverenze
espiazione
e crolli di valori
e rispetto dell’ordine
fin dai giorni di Masaniello
quando i lazzari si fecero regnanti,
dal sozzo Lavinaio
il morbo inondò la città
in carenza di sanitaria vigilanza
e nella dovizia di presunti prodigi
e di ciarlataneria miracolosa
e casali appestò e contadi.
E si bruciano incensi
e spargono aromi
a coprire il tanfo
ammorbante di morte
e per scansare il contagio.
Dalle strade si caricano cadaveri
e moribondi imploranti abbandonati
nella promiscuità del lazzaretto
abbandonati all’attesa fatale
e si condannano untori
e si cerca protezione
in sacre immagini
e amuleti,
e rifugio nelle campagne
respinti alle porte dei villaggi
emarginati nell’agonia tra i campi
a languire nell’estiva calura.
Del lacrimevole flagello
fuori porta delle città
i morti ammassati
gettati in fosse.
E pozzo profondo
a sepoltura dei torresi
sulla strada delle Calabrie
al levante della Torre,
fattosi fondamenta
di Santa Maria
del Pianto.


1656. La Peste

In millecinquecento
dimezzarono le anime torresi.
Solo per l’Immacolata a dicembre
la città è detta libera di ogni sospetto.
Al letale morbo seguì la carestia
e la miseria di quei già  miseri
e capovolgimenti di fortune
e appropriazioni furtive
e uomini risagliuti
a godere ricchezze
e galantuomini sconquassati
dell’antico popolo grasso benestante,
fatti volgo disinibito, folleggiare
nell’anelito di libero godimento
e di bramosie senza ritegno
di antiche convenzioni
e vergogna.

 



San Rocco e gli appestati torresi


 

La Real Marina


Una flotta inquieta
di trecento barche coralline
veleggia lentamente verso nord,
tra le difficoltà del governo
per ressa e sorveglianza
e per il tempo cattivo
e carenza di asilo
solo in porti consentiti,
rigettati da cordoni sanitari
dal terrore dispiegati sulle coste,
e presi a fucilate e colpi di cannone
come orda saracena nemica
all’accostarsi alla terra
diretti alla toscana
quarantena.



Isola di San Pietro

 

Dal mare di Tabarca
all’isola sarda di San Pietro
ora colonia di corallari genovesi
custodi dell’idioma dei padri
che già furono tabarchini
per provviste e sosta.
E poi Alghero la catalana
e le coste aspre della Corsica
per giungere a Livorno alla fine
quando già è tempo cupo di autunno.
L’inerzia forzata della quarantena
e l’arroganza della burocrazia
consumano gli ultimi giorni
di un anno di sventure
e di svantaggi
per riveder la Torre
che già è l’anno 1918.

 

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