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Bona

- 8 – L’eccidio di Bona

La fortuna di Gioacchino,
re di Napoli per volere del Bonaparte,
miseramente è giunta al tramonto
in una scarica di fucileria
sul Pizzo di Calabria.
Al turco d’Algeria
è posto obbligo
dagli Inglesi
nuovi padroni del mare
di liberazione senza riscatto
di tutti i prigionieri.
Il bey inferocito
ordina la confisca
del naviglio straniero
presente nei suoi porti
e la carcerazione dei marinai
esposti alle sevizie di branchi
di aguzzini senza freni.   


Murat

Duecento sono
di tanti torresi ignari
alla pesca sicuri della pace
sui banchi africani di Bona
incatenati e ammassati
nelle luride segrete
dalla bestiale
arroganza.

A chi il capo
aprivano con mazze
a chi tagliavano, le mani
e braccia, nell’orgia di sangue
a chi l’interiora cacciavano fuori,
finanche a scannare cristiani come porci
talmente che solo trenta furono salvi
ammassati nella stretta prigione
dove scorreva il sangue
come rossa fanghiglia
ai piedi di tutti.
Alla marina
di corpi trucidati
la rena videsi coperta
e rossa diventata
all’immonda
strage.

- 8 – L’eccidio di Bona
23 maggio 1816. La testimonianza è tratta dal racconto di don Gerardo Palomba, cappellano dei corallini.



Galera 

- 9 – La peste bubbonica

All’antico mestiere torna Giosuè
incurante di pericoli corsari
lungo le coste africane
sempre immanenti
e del rischio
economico
dei prestiti esosi
contratti per necessità.
Arma una barca di proprietà
ed un’altra presa a nolo
e parte con un debito
di ducati
tremilacinquecento
per procurar provviste
e nell’acquisto di ordegni,
ngigno ranfelle e rezzenielli
e per pagare ingaggi. 

Nel tempo della pesca a Bona
da peste bubbonica infetto
venne un bastimento
da Costantinopoli
e l’immondo flagello
lercio e violento dilagò
tra le genti di quelle terre.
Fu necessità e obbligo partire
verso altri lidi per il riparo,
per l’isola di Tabarca,
già ligure colonia
imperando Carlo V
per la pesca in Barberia,
nelle urgenze del tempo cattivo
e per l’acquisto di nuove provviste
dopo l’abbandono delle scorte
nei magazzini di Bona.


Tabarca

Alla peste
s’aggiunse carestia
e l’esosità del prezzo
per l’acquisto del biscotto
a Tunisi, per mezzo dei consoli,
fino a quaranta colonnati
al cantajo napoletano.   


Il Forte di Tabarca

Al termine della pesca il ritorno
sotto la scorta prescritta
di tre legni armati
della Real Marina di Napoli,
rotta per il lazzaretto di Livorno
a scontare contumacia
in quarantena

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