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Giuseppe Bonaparte

 

- 6 - Prigionieri dei turchi

Era l’anno di regno
breve del Còrso Giuseppe
e già felicemente volgeva al termine
la stagione sui banchi africani
quando dall’avversa Sicilia
la perfida Carolina,
con l’intrigo di Nelson,
protetta dalla flotta inglese
protesta col bey di Costantina
per la discriminante dei trapanesi
esclusi dalla pesca sui fondali africani.





Maria Carolina



E i marinai torresi, da cittadini francesi,
per il comodo criminale del corsaro turco
e dei pescatori di Spagna e Sicilia,
ritornano sudditi napoletani
di un re della Sicilia
e senza diritto di pesca
e per volere della loro regina
messi ai lavori forzati e alle catene
sotto lo scudiscio dei barbari
e il pescato è venduto
all’ebreo negoziante di Algeri
per sessantamila colonnati d’argento.
Ventidue le coralline di Torre confiscate
e duecento gli uomini prigionieri.





Nelson

 

- 6 - Prigionieri dei turchi.
E’ l’anno 1806. Napoli è parte dell'Impero napoleonico.
Colonnato:
s.m. ~ Moneta d'argento spagnola del sec. XVI. (Der. di colonna, perché vi figuravano le due colonne d'Ercole con il motto lat. Plus ultra).

 




Casa di Pietro Loffredo


Schiavi dei barbareschi

- 7 - La prigionia

Dieci anni ancora
durò l’Impero di Francia
incurante dei diritti dei suoi sudditi,
ora francesi del Regno di Napoli
e tanto la disumana prigionia,
la schiavitù ai lavori forzati
alle catene, sotto la sferza
di mori aguzzini spietati,
miseri sopravvissuti
a stenti e angherie.
La frattura di un piede
nell’incuria della prigionia
trascinando scogli nel porto di Algeri
procurò la morte di uno
dei figli di Giosuè.
   
La modesta fortuna
guadagnata nei primi anni,
con risparmi e parsimonia conservata,
investita nella fabbrica di un casamento
a picco sullo scarillo nella roccia
dell’ultima colata di lava,
due piani alti a quartini
e magazzeni a volte
per il ricovero invernale
delle barche e degli ordegni,
e l’ampia loggia aperta al mare
e l’asteco alto con le panze
e il pozzo della fresca
acqua del Dragone,
tal poco reddito
nei tristi anni di prigionia
procurò alla moglie e figli piccoli
il minimo sostentamento
nella decennale attesa
della liberazione.

 
Eruzione del 1810


Murat

Regnando Gioacchino
ancora la montagna eruttò
violente esplodendo alle stelle
infuocate ondate di lapilli e cenere
dal grecale riversate sulla Torre.
Sulla lava bollente dal cielo
grande pioggia si riversò
l’ardente materia
a smorzare
per mutarsi
in bianco sale.
La generosità del re
consentì il libero smercio
ai cittadini afflitti da tanti mali
senza pagamento al Dazio
dei pretesi diritti regali.

 
Casa di Pietro Loffredo oggi.

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