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4 - Il riscatto del figlio
Nell’anno che
la Terra di Lavoro
con i monti boscosi del Matese
fu scossa da violenti tremori
e macerie si fecero
paesi e case
e tremila furono i morti
e nuove bocche aprì la Montagna
e case crollarono anche alla Torre
mentre ancora regnava Ferdinando,
incurante delle barbare angherie subite
dai redditizi suoi sudditi della Torre,
la sua lucrosa “Spugna d’oro”,
sui banchi della Sardegna
ritorna Giosuè,
mare conteso
da flotte nemiche
di Francia e Inghilterra
intente a spartirsi il dominio
della nostra terra ancora discorde,
incombendo minacciosi pericoli di guerra
e nel timore della disumana prepotenza
dei pirati dalle coste di Barberia.

Ferdinando
IV di Borbone
Con due armamenti
riprende la stagione di pesca
afflitto dalla lacrime che bagnano
le disperate lettere dell’amato figlio
ai lavori forzati in terra d’Africa
e dal rimprovero della moglie
smarrita nell’impotenza
a procurar ritorno
di quel primo di sei figli,
disposta a privarsi di ogni bene
per accucchiare la cifra del riscatto
dell’amato giovane in schiavitù.
Tremila sono i ducati d’oro
per la pretesa canaglia
del Bey di Tunisi.
Alla festa del
Rosario
ai freschi venti autunnali
smessi i travagli della pesca
il ritorno alla marina del fronte
sotto il forte di Calastro
a ritrovare affetti
.....e 'u mio quanno vene?
So' sette mise ovèro
nun mme fire aspettà cchiù!...
Ma non ancora è
il tempo del riposo,
del sereno rigoverno invernale
tra mastri d’ascia e calafati
rezze, sugheri e ordegni
nei caldi munazzeri
sotto al fronte,
né tempo di locanda
e di spensierati racconti
e lieti convegni con gli amici,
trepidanti al dolce pensiero
degli affetti di casa
e dell’amore coniugale
al desiderato rientro serale.
Non ancora è
tempo di riposo,
bisogna riprendere il viaggio sul mare
fino ai porti stranieri di Toscana
per la vendita del grezzo
agli ebrei di Livorno
che fanno incetta
e pagano un quinto
il sudato lavoro di marinai
oppressi dal bisogno di realizzare,
rivenduto a Genova e in Francia
dove fabbriche e lavoranti
lo faranno prezioso
con quell’arte
grezzamente ancora
praticata alla nostra Torre.

Portosalvo
- Leonardo Mazza - 1926
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E ancora ruberia
sul mare, a mano armata,
di pirati connazionali di Sicilia
dopo la sosta alla Civitavecchia
e la coatta contumacia di quarantena
per accedere al Regno di Etruria
con sperpero di tempo
al largo di Livorno
e spese a erodere
il gramo guadagno.
Afflitto da tante perdite,
occorre inviare in Barberia
fidata persona ricompensata,
marinaio analfabeta della Torre
esperto dei luoghi e del turco parlare
perché già schiavo un tempo
a lungo in quelle terre,
con l’oro contante
del riscatto.

Eruzione del 1806
E Tommaso ritorna
alla famiglia
nell’anno che la Montagna
ancora si spinge in mare
a levante della Torre
al casale di Sola
verso le parule
fino alla Torre Scassata
sulla spiaggia del Cavaliere.

La Torre Scassata
4.
Il riscatto del figlio.
E’ l’anno 1804. Una nuova eruzione della Montagna, preceduta da
un violento terremoto che sconvolge tutte le terre meridionali del regno
di Napoli.
Tommaso ritorna a Torre nell'anno 1806, anno di nuova eruzione.
Il ducato era diviso in cento grani. Il grano era equivalente a
lire 500.

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5 – La guerra è finita.
La guerra è
finita
in nostra terra di Campania
e al Borbone succede il Bonaparte
e i sudditi del Regno diventano francesi.
Crollano antichi ordinamenti feudali
e la Torre si eleva a libero Comune
del francese Reame Napoletano.
Ora i pescatori di corallo
si portano in sicurezza
sui ricchi banchi
delle ambite coste africane,
protetti dal passaporto francese
e dall’armonia d’alleanza esistente
tra la Francia e i signori di Barberia.
Una stagione di buona pesca per Giosuè
senza barbaresche piraterie e angherie,
con tre di cinque figli all’imbarco
anche il giovane dodicenne
nato nell’anno funesto
della Muntagna.

Eruzione del 1794
5.
La guerra è finita.
E’ l’anno 1806. A Napoli sono entrati i francesi. Giosuè parte
col figlio nato nel 1794, l'anno della Muntagna.
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