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R:
Non saprei. Una cosa è certa tutte le ragazze che ho
conosciuto mi hanno lasciato il giorno stesso che rivelavo
questo mio segreto perché mi consideravano matto.
D: E perché non l'hai dimostrato?
R: Non mi riesce con chi non ci
crede. Non riusciva nemmeno a me le prime volte. Avevo una
pulsione eccezionale di spiccare salti che mi spingessero su
come un aquilone, ma ricadevo giù in malo modo col rischio di
rompermi l'osso del collo. Un giorno presi coscienza e decisi di
farcela. Ci credetti e volai.
D: Infatti, caro T T, quel giorno
dello esperimento io ci credevo, non tanto per la dinamica della
cosa, per la materia che si solleva come priva di forza di
gravità, ma perché mi entusiasmava l'idea del volare, del
librarsi nell'aria, dello squarciare il cielo celeste ed
infinito.
R: Già, ma non ho mai trovato mai
una donna con tali brame. Lo dico sempre ho sbagliato epoca per
esistere.
D: Ce ne sono, ce ne sono di donne sognatrici e romantiche, hai
voglia, almeno di numero pari agli uomini. Sei tu che temi di
dividere le tue ali, ricorda che la gioia è veramente tale
quando viene condivisa.
R: Sarà, mio caro Mari. Con te mi
sbilancio ci conosciamo da una diecina d'anni. Non immaginavo neppure
che saper volare potesse rendere infelice un uomo.
D: Perché sei un uomo buono, onesto, incapace , timoroso di
speculare su di un fenomeno di tale portata. Agli uomini come te
è concesso sognare solo con la fantasia, sono consentiti
tutt'al più i... voli pindarici.
R: E già, mio caro Mari. Ma la
piega romantica, umanistica, etica che ha preso questa
intervista insinuerà il sospetto nei lettori che stiamo
costruendo una favola a sfondo morale. Ciò comprometterà
ancora di più la già incredibile ipotesi che io sappia volare
davvero. E così questa esperienza non avrà più per me, come
speravamo, l'effetto terapeutico di liberazione per un segreto
così greve.
D: Non ha molta importanza che la
gente non crede che c'è un torrese capace di volare
fisicamente, in grado cioè di sollevarsi sopra un'area
geografica geologicamente martoriata
da secoli, fino a soggiacere ferita sotto lo squallore epocale di
stampo planetario, sino,
talvolta, a toccare talune lordure.
Dall'alto tra il baluginare
di fari e lampade
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pubbliche, osservare i guasti e le ferite del
popolo.
Non tutti credono in Dio, eppure Dio esiste! Io penso,
mio caro T T che tu faccia parte di un disegno divino. La tua è
una testimonianza della grandezza del creato, dimostrabile,
però, solo a chi crede che tu possa volare, come per la fede.
Non c'è posto per il tuo "spettacolo" per, cinici,
diffidenti e scettici. Per credere che un uomo possa davvero
volare bisogna prima imparare ad amare.
R: E' vero Lui', dice bene il
proverbio: "Il mondo va male perché tutti fanno quello che
fanno gli altri e non come quelli che fanno bene". Io sto
già meglio. Non mi sento più una vittima di un prodigio o
peggio di un sortilegio. Mi sollevo da terra e non voglio sapere
perché accade, e non mi importa che la gente non mi crede. Non
mi importa. E' vero sono altre le cose importanti. Vado a casa e
telefono Maria, lei mi crede, è bruttina ma mi crede. Questa è
la volta che la sposo… E' proprio il caso di dire: volere
o volare…
(Continua
alla prossima intervista)
***
Nessuna nota sulla metapsichica, si rimanda ad altre sedi. Per capire,
però, la fenomenologia archetipica del volare, nella pagina
seguente, ho inserito stralci di repertorio della storia di
Dedalo e Icaro (Mitologia greca). Il figlio contraddice le
raccomandazioni paterne, che, se ascoltate, gli avrebbero
salvato la vita. Il ragazzo preso da slancio, impetuosità,
azione, si avvicina al sole (?) (in questo passo la chiave per
capire la natura metaforica del racconto) perché non riesce a
dominare l’esaltazione che prova nel volo, spinto soprattutto
dalla ambizione, e preso dal desiderio di raggiungere Dio anche
secondo i primi cristiani.
Il desiderio di volare è vivo e presente nell'uomo
nell'inconscio e in superficie, da sempre. Forse è anche
l’incoscienza di perdersi nel cielo azzurro, beffandosi della
natura, obliando i propri limiti.
Volo liberatorio come l'abluzione purificatrice per gli
orientali. Combattere le norme naturali per staccarsi dalle
angosce della vita terrena e dominarle dall'alto senza più
temerle, prima di tutte quella derivante dallo shock primario, come dice De
Marchi (*), ossia la consapevolezza devastante di essere nati
mortali, non solo, ma con la probabile assenza salvifica.
(*)
Luigi De
Marchi "Lo Shock primario - Ediz. RAI
(segue
in terza pagina)
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