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(Stralci
storici di repertorio)
Quando Minosse seppe che era
stato ucciso il Minotauro, non riuscì a riaversi per la
sorpresa. Mai avrebbe supposto che essere umano fosse in grado
di vincere l'orribile mostro, ritenuto da tutti invulnerabile.
Ma la cosa che lo sbigottì sopra tutte fu il sapere che il
giovane principe ateniese e i quattordici ostaggi erano usciti
rapidamente da quell'intrico di sentieri e di corridoi, da cui
nessuno era uscito mai, prima di allora. Egli pensò subito a
qualche intrigo, ma non riuscendo a scoprirlo, congedò Teseo e
i quattordici giovani Ateniesi i quali avevano una grandissima
fretta di ritornare in patria. Minosse sospettava qualcosa, ma
il sospetto divenne certezza quando, ritornato alla reggia, si
accorse che era scomparsa anche la sua più giovane figlia,
Arianna. La fece cercare per tutto il palazzo e per tutta
l'isola, ma inutilmente; e allora dovette arrendersi
all'evidenza: Arianna si era imbarcata con gli Ateniesi,
abbandonando suo padre e la sua patria. Questo gli parve più
che un tradimento. Non soltanto egli aveva perduto il diritto di
esigere i quattordici ostaggi dalla città che aveva procurato
la morte di suo figlio Androgeo, ma aveva perduto anche sua
figlia!
" Non può essere stata Arianna sola a fare uscire dal
labirinto quegli stranieri " pensò. " E' troppo buona
e semplice. Qualcuno l' ha aiutata con i suoi consigli.
Certamente è stato un uomo astuto e abile ". E chi più
astuto e abile di Dedalo, l'artista prodigioso che aveva creato
il labirinto? Subito comandò che Dedalo venisse alla sua
presenza, e quando il sapiente comparve, lo investì con
violenza.
- Confessa: sei tu che hai fatto fuggire dal labirinto quegli
stranieri?
- Io mi limitai a dare un consiglio - oppose Dedalo spaventato.
Minosse fremette di sdegno e costrinse Dedalo a parlare. Poi
aggiunse:
- Avevo già perduto un figlio e per cagion tua adesso perdo una
figlia. Soffrirai anche tu la stessa pena, perché perderai il
tuo Icaro, te lo vedrai morire sotto gli occhi. Io ti chiuderò
nel labirinto insieme con lui.
Invano Dedalo cercò di commuovere il re, di ottenere
compassione almeno per il suo figliolo: Minosse fu inesorabile.
Dedalo e Icaro vennero chiusi nel labirinto, e il re mise delle
guardie all'ingresso, sebbene si trattasse, in realtà, di una
precauzione inutile: nessuno avrebbe saputo orientarsi in
quell'intrico di corridoi, neppure il suo artefice. E infatti
Dedalo non riuscì a trovare una via d'uscita; e dopo aver
cercato più volte un passaggio, sedette sopra una pietra mentre
Icaro lo guardava con ansia.
- Quando torneremo a casa padre mio? - chiedeva, e Dedalo aveva
un sorriso malinconico.
- Tu sa che il labirinto è famoso nel mondo, per la sua
perfezione - rispose. - L' ho realizzato io, ed è inestricabile
a tal punto che nemmeno io saprei trovare la via d'uscita.
Icaro trasalì.
- Ma allora moriremo qui?
La voce di Icaro era disperata e colpì Dedalo nel più profondo
del cuore.
- Ho detto che è probabile, non che è certo - lo consolò. -
Non abbiamo purtroppo il filo di Arianna; del resto anche se
riuscissimo a trovare una via d'uscita i soldati che vigilano
all'ingresso ci ucciderebbero al nostro primo comparire.
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Ma ce ne andremo lo stesso,
per una via non vigilata da nessuno.
- Quale?
- Il cielo.
Icaro non comprese, ma aveva fiducia nell'abilità del padre.
- Come faremo? - domandò.
- Voleremo.
- Ma non abbiamo le ali!
- Le avremo - disse Dedalo.
E aggiunse sorridendo:
- Raccogli tutte le piume più grosse e robuste che troverai.
Intanto io mi procurerò della cera. Poi vedrai.
Icaro si mise subito a lavoro. In quel luogo deserto c'erano
sempre brandelli di carne avanzati dai pasti del Minotauro,
perciò vi si radunavano molte aquile, e fu facile procurarsi un
bel mucchio di penne forti e robuste. Intanto Dedalo raccolse la
cera dagli alveari che le api selvatiche avevano fabbricato
dovunque, poi si mise al lavoro. Le ali si delineavano a poco a
poco. Erano quattro, ampie, forti, capaci di librarsi sul vento
più impetuoso.
- Ma come le applicheremo? - chiese il giovanotto con
impazienza.
- Le attaccheremo alle spalle con la cera - spiegò Dedalo. - e'
un sistema che ci consentirà libertà di movimenti: del resto
non ho il cuoio per fabbricare bracciali. Ma tu dovrai stare
molto attento e non avvicinarti ad alcuna sorgente di calore,
altrimenti la cera si scioglierà, le ali si staccheranno e noi
precipiteremo come sassi.
- Sta tranquillo - assicurò Icaro. - Quando potremo librarci in
volo?
- Anche subito - disse Dedalo che aveva finalmente finito. - Tu
mi seguirai, e io ti condurrò fuori di qui. Dovremo
attraversare il mare per raggiungere le coste della Grecia, ma
bada di non abbassarti verso l'acqua perché le ali bagnate
diventerebbero pesanti e non ti reggerebbero più. Sei pronto?
Icaro attese con gioia che il padre terminasse di assicurargli
con la cera le ali alle spalle, poi provò a muoverle. Subito si
sentì sollevare da terra e gettò un grido di entusiasmo.
Poteva librarsi al di sopra delle siepi e al di sopra degli
alberi! Procedeva primo Dedalo, agitando pacatamente le grandi
ali nell'aria senza vento e ogni tanto volgeva il capo indietro
per assicurarsi che Icaro lo seguisse. Il giovinetto adeguava il
battito d'ali a quello del Padre; sulla sua destra il sole
saliva e sotto di lui il mare luccicava con un colore di perla.
Icaro si sentì invadere da un'ebbrezza mai provata, guardò il
sole; immaginò il carro di fuoco ed Elio che reggeva le redini
d'oro e la sfera di fiamme. E volle salire più in alto. Ora al
suo sguardo si offriva la distesa azzurra che sfumava
all'orizzonte, e su cui l'isola di Creta e altre isolette
sembravano cespugli verdi abbandonati sull'acqua. Si innalzò un
altro poco. Adesso era librato nel cielo azzurro, come un
uccello, come una nuvola. Anzi, le nuvole erano più basse di
lui. Diede un altro colpo d'ala.
- Icaro, fermati! Discendi!
L'urlo di Dedalo raggiunse il giovane a mala pena. Inebriato,
saliva, saliva; senza avvertire la schiena e che diventavano
sempre più fitte. Era la cera che si scioglieva …
- Icaro! Fermati! Fermati! …
Troppo tardi. Icaro ebbe l'improvvisa sensazione di precipitare,
vide il mare azzurro che gli veniva incontro, e cadde in un
ribollire di spuma bianca. Il mare dove Icaro cadde fu chiamato
Icario. Dedalo raggiunse Cuma e vi costruì un tempio
meraviglioso che dedicò ad Apollo. Vi depose le sue ali, a
ricordo del magnifico sogno che gli era costato così caro: il
sogno di volare …
Gli
stralci storici di questa pagina sono stati prelevati dalla rete.
Chi li abbia redatti mi è sconosciuto. |
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