IO  SO  VOLARE - 3

(Stralci storici di repertorio)
Quando Minosse seppe che era stato ucciso il Minotauro, non riuscì a riaversi per la sorpresa. Mai avrebbe supposto che essere umano fosse in grado di vincere l'orribile mostro, ritenuto da tutti invulnerabile. Ma la cosa che lo sbigottì sopra tutte fu il sapere che il giovane principe ateniese e i quattordici ostaggi erano usciti rapidamente da quell'intrico di sentieri e di corridoi, da cui nessuno era uscito mai, prima di allora. Egli pensò subito a qualche intrigo, ma non riuscendo a scoprirlo, congedò Teseo e i quattordici giovani Ateniesi i quali avevano una grandissima fretta di ritornare in patria. Minosse sospettava qualcosa, ma il sospetto divenne certezza quando, ritornato alla reggia, si accorse che era scomparsa anche la sua più giovane figlia, Arianna. La fece cercare per tutto il palazzo e per tutta l'isola, ma inutilmente; e allora dovette arrendersi all'evidenza: Arianna si era imbarcata con gli Ateniesi, abbandonando suo padre e la sua patria. Questo gli parve più che un tradimento. Non soltanto egli aveva perduto il diritto di esigere i quattordici ostaggi dalla città che aveva procurato la morte di suo figlio Androgeo, ma aveva perduto anche sua figlia!
" Non può essere stata Arianna sola a fare uscire dal labirinto quegli stranieri " pensò. " E' troppo buona e semplice. Qualcuno l' ha aiutata con i suoi consigli. Certamente è stato un uomo astuto e abile ". E chi più astuto e abile di Dedalo, l'artista prodigioso che aveva creato il labirinto? Subito comandò che Dedalo venisse alla sua presenza, e quando il sapiente comparve, lo investì con violenza.
- Confessa: sei tu che hai fatto fuggire dal labirinto quegli stranieri?
- Io mi limitai a dare un consiglio - oppose Dedalo spaventato.
Minosse fremette di sdegno e costrinse Dedalo a parlare. Poi aggiunse:
- Avevo già perduto un figlio e per cagion tua adesso perdo una figlia. Soffrirai anche tu la stessa pena, perché perderai il tuo Icaro, te lo vedrai morire sotto gli occhi. Io ti chiuderò nel labirinto insieme con lui.
Invano Dedalo cercò di commuovere il re, di ottenere compassione almeno per il suo figliolo: Minosse fu inesorabile. Dedalo e Icaro vennero chiusi nel labirinto, e il re mise delle guardie all'ingresso, sebbene si trattasse, in realtà, di una precauzione inutile: nessuno avrebbe saputo orientarsi in quell'intrico di corridoi, neppure il suo artefice. E infatti Dedalo non riuscì a trovare una via d'uscita; e dopo aver cercato più volte un passaggio, sedette sopra una pietra mentre Icaro lo guardava con ansia.
- Quando torneremo a casa padre mio? - chiedeva, e Dedalo aveva un sorriso malinconico.
- Tu sa che il labirinto è famoso nel mondo, per la sua perfezione - rispose. - L' ho realizzato io, ed è inestricabile a tal punto che nemmeno io saprei trovare la via d'uscita.
Icaro trasalì.
- Ma allora moriremo qui?
La voce di Icaro era disperata e colpì Dedalo nel più profondo del cuore.
- Ho detto che è probabile, non che è certo - lo consolò. - Non abbiamo purtroppo il filo di Arianna; del resto anche se riuscissimo a trovare una via d'uscita i soldati che vigilano all'ingresso ci ucciderebbero al nostro primo comparire.


Ma ce ne andremo lo stesso, per una via non vigilata da nessuno.
- Quale?
- Il cielo.
Icaro non comprese, ma aveva fiducia nell'abilità del padre.
- Come faremo? - domandò.
- Voleremo.
- Ma non abbiamo le ali!
- Le avremo - disse Dedalo.
E aggiunse sorridendo:
- Raccogli tutte le piume più grosse e robuste che troverai. Intanto io mi procurerò della cera. Poi vedrai.
Icaro si mise subito a lavoro. In quel luogo deserto c'erano sempre brandelli di carne avanzati dai pasti del Minotauro, perciò vi si radunavano molte aquile, e fu facile procurarsi un bel mucchio di penne forti e robuste. Intanto Dedalo raccolse la cera dagli alveari che le api selvatiche avevano fabbricato dovunque, poi si mise al lavoro. Le ali si delineavano a poco a poco. Erano quattro, ampie, forti, capaci di librarsi sul vento più impetuoso.
- Ma come le applicheremo? - chiese il giovanotto con impazienza.
- Le attaccheremo alle spalle con la cera - spiegò Dedalo. - e' un sistema che ci consentirà libertà di movimenti: del resto non ho il cuoio per fabbricare bracciali. Ma tu dovrai stare molto attento e non avvicinarti ad alcuna sorgente di calore, altrimenti la cera si scioglierà, le ali si staccheranno e noi precipiteremo come sassi.
- Sta tranquillo - assicurò Icaro. - Quando potremo librarci in volo?
- Anche subito - disse Dedalo che aveva finalmente finito. - Tu mi seguirai, e io ti condurrò fuori di qui. Dovremo attraversare il mare per raggiungere le coste della Grecia, ma bada di non abbassarti verso l'acqua perché le ali bagnate diventerebbero pesanti e non ti reggerebbero più. Sei pronto?
Icaro attese con gioia che il padre terminasse di assicurargli con la cera le ali alle spalle, poi provò a muoverle. Subito si sentì sollevare da terra e gettò un grido di entusiasmo. Poteva librarsi al di sopra delle siepi e al di sopra degli alberi! Procedeva primo Dedalo, agitando pacatamente le grandi ali nell'aria senza vento e ogni tanto volgeva il capo indietro per assicurarsi che Icaro lo seguisse. Il giovinetto adeguava il battito d'ali a quello del Padre; sulla sua destra il sole saliva e sotto di lui il mare luccicava con un colore di perla. Icaro si sentì invadere da un'ebbrezza mai provata, guardò il sole; immaginò il carro di fuoco ed Elio che reggeva le redini d'oro e la sfera di fiamme. E volle salire più in alto. Ora al suo sguardo si offriva la distesa azzurra che sfumava all'orizzonte, e su cui l'isola di Creta e altre isolette sembravano cespugli verdi abbandonati sull'acqua. Si innalzò un altro poco. Adesso era librato nel cielo azzurro, come un uccello, come una nuvola. Anzi, le nuvole erano più basse di lui. Diede un altro colpo d'ala.
- Icaro, fermati! Discendi!
L'urlo di Dedalo raggiunse il giovane a mala pena. Inebriato, saliva, saliva; senza avvertire la schiena e che diventavano sempre più fitte. Era la cera che si scioglieva …
- Icaro! Fermati! Fermati! …
Troppo tardi. Icaro ebbe l'improvvisa sensazione di precipitare, vide il mare azzurro che gli veniva incontro, e cadde in un ribollire di spuma bianca. Il mare dove Icaro cadde fu chiamato Icario. Dedalo raggiunse Cuma e vi costruì un tempio meraviglioso che dedicò ad Apollo. Vi depose le sue ali, a ricordo del magnifico sogno che gli era costato così caro: il sogno di volare …

Gli stralci storici di questa pagina sono stati prelevati dalla rete. Chi li abbia redatti mi è sconosciuto.