Storia torrese dei pupi   pag. 7


Tina De Lorenzo

NASCITA E STRUTTURE
del
TEATRO ARENA
TINA DI LORENZO

Per costruire questo teatro fu sacrificato un pezzo di verde ella villa dei Signori Buonfino, distrutto una parte del parco del maestoso palazzo di piazza del Popolo ch'era un simile al palazzo del Cardinale, una struttura bellissima antica che onorava la piazza non ce paragone ha quello costruito dopo in uno stilo moderno che come un pesce fuor d'acqua circondato dalle strutture ottocentesco è una stonatura, meriterebbe essere processato chi ha dato il permesso di costruire, l'attuale costruzione di faccia a Garibaldi ha peggiorato la visibilità della piazza; al secondo piano del vecchio stabile ci stavano di cara gli eredi della nobile famiglia Soprano, due anziani scapoli fratello e sorella lui si chiamava don Luigi Soprano la sorella non so il nome, ho avuto onore di conoscerli questi signori come pure la casa quando faceva il ragazzo di bottega di alimentari andavo a portarli la spesa tutte le mattine, mi ci vedevo sperduto in quelle bellissime stanze grande con un salone grandissimo tutto affrescate con pitture meravigliose soffitti e parete, questo salone per le feste aveva un uscita su lunghissimo terrazzo ch'era tutta la copertura dello stabile accanto arrivavo fino all'angola della via Gaetano De Bittis (lo si può ammirare in una foto della piazza scattata nel 1935 per stampare le cartoline oggi la vediamo sul C D Torre), al piano matto dello stesso palazzo ci abitava il Ragioniere Vitiello in quella casa sono nati i figli che conosciamo, Vincenzo, Libera, Vittorio, Luigi, Pierino, Mario è tutti gli altri: il teatro venne costruito senza copertura in muratura, con sei grossi pezzi di tende retti da un armatura in covi d'acciaio, i teli si aprivano e si chiudevano con apposito carrucole e corde di canapo, per quest'operazione fatto ha nano ci volevano sei uomini, di muratura era tutto il vano per il palcoscenico e i camerini (gli spogliatoi), la pedana fu costruita di legno, la bocca d'opera fu decorato per la prima volta dal pittore Vincenzo Salerno l'autore dell'immagine rubato dell'edicola di via del Purgatorio poi sostituita con mattonelle la "M. SS. Del Carmine" come testimonianza di questo pittore dovrebbe essere rimasto un pannello di parete nella Chiesetta di S. Raimondo in via Abolito Monte è tanto che l'artista è scomparso; tornando al teatro, la bocca d'opera fu decorata una seconda volta da Salvatore D'Amato cancellò lo stile barocco fatto dal Salerno è ci feci due grossi mascheroni ha stilo moderno e alcune righi col note musicale; nemmeno la pavimentazione c'era nel teatro rimasero il terreno battuto è lo si annaffiava tutte le sere prima di fare entrare gli spettatori, quattro grosse porte d'uscita sulla strada e una piccola per accesso al palcoscenico. Finito i lavori il teatro venne battezzare "Arena Tina di Lorenzo" per ricordare l'attrice drammatica oriunda Napoletana figlia d'Arte e moglie di Armando Falcone scomparsa nel 1930 nello stesso anno iniziarono i lavori della costruzione del teatro: ricordiamo che all'epoca ha Torre c'erano i villeggiati, d'estate tante famiglie venivano ha passare la villeggiatura per l'aria sana profumata dai pini e da le ginestre, il mare pulitissimo cristallina ci si ammirava come uno specchio si vedeva il fondo, i pesciolini i ricci le alghe è quanto c'era.
Nei teatri detto sono passate tantissime compagnie con bravissimi attore che andavano per la maggiore, non è il caso fare i nomi di tutti ma voglio ricordare uno delle compagnie che per due anni di seguito 1934 /35 soggiornarono per tutte l'estate e lavoravano la sera come una stabile, il capocomico della compagnia si chiamava Aniello Marchetiello, il direttore artistico Giovanni Amato, l'anziano caratterista Alfredo Gaudioso, il primo attore giovane Enzo Vitale, il generico primario ('O malamente) Mario Lavorentino, Linda Cecchi la1° attrice, per le parte di donna brillante cera la moglie del capocomico, Linda Moretti "giovanissima" il padre Giuseppe Moretti fungeva da macchinista e faceva qualche piccola parte quando il copione lo richiedeva, si servivano pure di alcun dilettanti locali, nell'orchestra cerano sempre qualche suonatore Torrese; la compagnia nelle ore pomeridiane facevano le prove, la sera andavano in scena regolare con uno spettacolo diverso da quello fatto la sera prima, avevano preso la casa in affitto per dormire; ha fine stagione prima della chiusura totale del locale sulle tavole calpestate dai professionisti ci recitavano i Torresi "dilettanti" erano tanti, divisi in due categorie i letterati (quelli che sapevano leggere e scrivere) è quelli che a scuola non c'erano mai stato oppure fatto la seconda o terza massimo, recitavano per passione non insieme con i letterati che si davano più aria per il sapere leggere e scrivere: "s'illude chi vuole fare l'Attore è non sa leggere" (sono parole detto da Eduardo Scarpetta) pur troppo di questi nel passato c'erano e non pochi erano tanti che non sapeva leggere, io per distinguere le due categorie come i nobili e i plebei, i Guelfi e i Ghibellini, è di non mischiare la lana con la seta "come si dice da noi", userò due termini per distinguerli definendoli i nobili e i plebei; incomincia a nominare i primi: Michele Lavazzo, Matteo Peres, Osvaldo Rivieccio (detto 'O pezzente), Nicola Di Donna, Raffaele Sorrentino, Luigi Sallustro, il Ragioniere Gaetano Vitiello, Crescienzo Mazza (l'Onorevole), Giuseppe Raiola - Raimir, Pasquale Manzo, Raffaele Di Maio (padre), Giuseppe D'Istria, qualche altro che non ricordo, ( gli ultimi tre recitavano pure con i plebei) i nobili mettevano in scena testi di Autori di grossa levatura come Shaspiar, Pirandello, Roberto Bracco, Niccodemi, Oscar Di Maio, Goldoni, Scarppetta, De Filippo. Mentre "i plebei" si scrivevano i copioni da se in vernacolo ed erano Raffaele Perillo fungeva da attore autore e direttore, Nicolino Fanella (col nomignolo 'A Cerasa) recitava solo, Giuseppe Crispino conosciuto come Totonne Grispino anche questo scriveva sceneggiate, i fratelli Pasquale e Raffaele Romito, conosciuti come i Feleppielle perché figli di Filippo Romito quello del "Caffè" in piazza Palomba angolo via De Boittis, un altro che scriveva testi ero Arnaldi, Ciro Picciolo, Ciro Balzano, Alfredo e Pasquale Buonandi quando erano liberi dall'opera dei pupi, Raffaele Raiola, Ciro Battiloro ed altri.
Ricordo qualche spettacolo d'aver visto all'epoca nell'Arena Tina di Lorenzo dopo qualche anno dell'apertura "I MISTERI è NAPULE" in tre atti scritto e diretto da Raffaele Perillo, questo lavoro era già stato rappresentato negli anni venti nel Teatro Garibaldi, dopo il Perillo emigrò in America è anche a New York fece la sceneggiata napoletana scritta e diretta da lui medesimo, la trama era l'arrivo di Garibaldi a Napoli.
Nel 1933, PIEREROTTE scritto da Crispino, Eduardo Cioffi cantava la canzone di Raimir 'A Curallina; un altro lavoro di Perillo messo in scena in quegli anni fu SESELLA 'E MARUCHIARE.

  
          Michele Izzo con le sue "creature"

Nel 1933 o 34 PALOMMA sceneggiata tratta dalla canzona omonima da Antonio Marino, dopo dei tre atti fatti con i personaggi i fratelli Alfredo e Pasquale Buonadi con i pupi fecero la morte di Ferraù ucciso dal Conte Orlando e ho "Schiaffo" un atto di malavita: un altra sceneggiata che ricorda d'aver seguito DISONORE scritta da Crispino; ha tutti gli spettacoli di questi signori ero sempre presente avvolte anche alle prove mi divertivo tanto per l'incidenti di percorsi "non mancavano mai" e qualcosa voglio pur dire anche per rompere la monotonia del racconto; come bene sappiamo la sceneggiata è tratta da una canzone è ci vuole chi sa cantare per sostenere la parte del protagonista, il così detto 1° Attore, se non è tanto bravo per la recitazione li si tagliano le battute oppure le si passano ha un altro se sono indispensabile così il discorso non viene deviato e si va avanti fino al punto di cantare la canzone, il copione scritto dal Crispino per il protagonista cantante avevo puntato su Ciro San Giovanni in arte Ciro Vanni, cantava bene ma non sapeva recitare lui per non fare scoprire l'altarini era sempre assente alle prove con qualche scusa si giustificava, così le prove si facevano senza di lui, s'avvicinava il giorno per la rappresentazione il primo attore della sceneggiata non sapeva la sua parte dovettero ricorrere al riparo per sostituirlo, andarono a Napoli sotto la Galleria per procurarsi le donne è chiamarono pure un attore di professione per farlo fare la parte destinata a Ciro San Giovanni, il prescelto fu Dande Maggio; il giorno fissato per lo spettacolo Dande venne dalla mattina per provare la parte con gli altri partecipanti li fu pagato il pranzo alla trattoria oltre la paca, nel pomeriggio fecero le prove nel teatro con l'Attore di professione costui vedeva che la sua parte era lunga e barbosa, si fermava sospendeva la prova è faceva tagliare la battuta che per lui erano in più, il suggeritore con la matita faceva la correzione dietro suo suggerimento, si riprendeva ha provare è dopo poco un'altra sosta per un altro taglio, si riprendeva pur di andare avanti dopo poche battute erano punto e da capo con un altro taglio è taglia qua è taglia là il copione s'assottigliava per i troppi tagli è metteva in agitazione l'autore portandolo all'esasperazione tanto che scattò dicendo " tagliamolo tutto è non se ne parla chi ù", Dande li domandò, "scusate ma comme si chiamme stu lavore?.. Grispino rispose Disonore! - Dande "è chiste è proprio nu disonore" detto tale battuta da lui comicamente fece ridere tutti i presenti.

È già che stono parlando del teatro nel teatro mi va di raccontare un altro aneddoto consumatosi assai prima di questo nel teatro Garibaldi, pure per parlare delle comparse ch'è un ruolo importante per lo spettacolo, di questi volenterosi uomini appassionati pur di apparire sulla scena senza dire nemmeno una sola parola ci sono sempre stati è sono sempre i primi ad arrivare si preparano con il trucco con il vestito della scena, stanno sempre tra i piedi vanno avanti e in dietro passeggiano tutto il palcoscenico e aspettare il momento di sortire; avevano allestito la PASSIONE E MORTA DI GESU' i giovani dilettanti è la rappresentarono nel teatro Garibaldi, i primi ad arrivare come al solito furono le comparse si vestirono con i costumi presi ha noleggio, arrivarono gli altri fecero lo stesso l'ultimo ha comparire fu Nicola Fanella era il protagonista del dramma, c'era già il pubblico in sala impazienti con applausi chiedevano l'apertura del sipario, Nicola in fretta e furia si trucca indossa la vesta il mantello li mancava la parrucca era introvabile doveva rappresentare il cristo è non poteva farlo senza parrucca, si mobilitarono tutti in cerca della parrucca la cassa del vestiario era vuota non restava che controllare tutti gli altri già vestiti trovarono la benedetta parrucca in tasta di un Giudeo uno delle comparse arrivato per primo si scelse la più bella parrucca di tutte le altre, il signore di cui parla non e più tra noi si chiamava Ciro Nocerino un appassionato per il teatro ma non li riusciva recitare se ne servivano per comparsa lui era assai contento pur d'essere considerato attore, li fu dato un nomignolo e lo chiamavano "Ciro d'é cumparze", trovata la parrucca iniziano lo spettacolo dopo poco iniziato sentirono bussare alla porta che si accede al palcoscenico vanno ad aprire per vedere l'intruso era la moglie di Ciro cercava il marito lo chiamarono apparì sotto il portale del vano domanda cosa voleva "lei dice" Ciro viene 'a case, figliete se ne fuiute cu 'o nammurato! . ."lui" è caggià fa? proprio mò! che avemma fa dinto 'o mazzo è tu te me viene 'a chiammà?, io nu pozze lascià 'o spettacule vatt'enna! Lei insisteva per portarselo via ma lui non ha voluto andarsene, la moglie urlava per smuoverlo lui la minacciava con la lancia che aveva in mano, lei indietreggiava lui si avvicinava scesero quei pochi gradini dell'accesso al palcoscenico arrivati sulla piazzetta allato del teatro dove c'era un "vespasiano" girarono più volte intorno al vespasiano scambiandosi ingiurie ha vicenda, si avvicinarono i curiosi per la scena ridicola che facevano quell'uomo vestito da guerriero Romano che rincorreva la moglie, si formo un capannello è qualcuno ci ricavò i numeri per il lotto.

Un altro episodio del teatro nel teatro avvenne quando fu rappresentato "Sesella è Maruchiara", la trama della commedia in sintesi: un anziano padre si fa prestare il danaro da uno strozzino che innamorato di sua figlia, lei non vuole accettarlo come sposo è lui per il rifiuto avuta ricatta l'anziano padre anche di morte, il povero uomo è costretto ha tale minaccia convince sua figlia ha sposarlo; la giovane per aiutare il padre accetta il matrimonio, il terzo atto sulla scena si festeggia con suoni e cantanti, finisce la festa, vanno via i suonatore gl'invitati resta sola la sposa si toglie il velo l'appoggia su d'una sedia è si butta giù dalla finestra, si sentano voci di dentro "na femmena 'a mare" a queste voci sorte il padre sulla scena cerca la figlia solleva il velo dalla sedia e dice "ò vele sta cca", ha questo punto una voce dalla sala dice "à vai truvanne à sotte ho vele? Chella è tanta grossa" era la voce di Pietro Vitiello (uno dei padroni del teatro, uomo scherzoso un po burlone) la sua battuta scherzosa che fece arrabbiare Perillo, ch'era lui ha sostenere la parte del padre e l'autore del copione; si chiuse il sipario regolare finì lo spettacolo Perillo arrabbiato si prese la suo roba disse buonanotte è scappò come un fulmine, si aveva offeso per la battuta convinto che quello scherzo del Vitiello l'aveva sciupato il finale del suo lavoro; era permaloso è non lo si è vide più per qualche tempo.