Storia torrese dei pupi   pag. 3

La passione per il teatro credo d’averlo preso da piccolo sempre in mezzo ha musicista e cantanti: nel 1930 si aprì il teatro delle marionette (l'Opera dei Pupi) in via Antonio Luisi a Torre del Greco il proprietario era amico di mio padre mi prese come ragazzo per il palcoscenico, in quel teatro ci andavo per imparare senza paca qualche soldo lo avuto dopo imparato il mestiere: mi avviavo ha un arte ch’era già nel viale del tramonto era giovane è per il futuro vedeva solo rose e fiori come tutti i giovani, al teatro ci andavo di sera per tutta l'inverno, le serate d'estate la passava nel teatro estivo ubicato in via Gaetano De Bottis, con altri ragazzi faceva la distribuzione dei volantini, annaffia il terreno battuto, asciugavamo le sedie con i stracci dopo annaffiato, finito questo lavoro restava lì per tutta la serata senza pacare biglietto, ne ho viste compagnie che andavano per la maggiora all’epoca ricordo i nomi degli Attori e delle compagnia non è il caso citarli dico solo che da quelli grandi mi rubava le battute i gesti, erano per me un insegnamento all'arte apprendevo le cose quando facevano le prove alle correzione e i richiami del direttore della compagnia "oggi Registi" ho tutto memorizzato.

Ho fatto sempre teatro con i pupi e senza pur guadagnando poco ha sera doveva vivere e sostenere la famiglia, ragione per cui spesso mi allontanavo dal paese dove sono nato, è quando ci vado ancora oggi è sempre come una volta con gli amici appassionati come me è posso ben dire che tra di noi ce sempre stato un rispetto reciproco da buoni amici. Voglio qui narrare qualche aneddoti a tale proposito: nei primi mesi dell’anno 1959 ero a Torre per puro caso, l’amico Vittorio Perna aveva preparato “MANNEME NU RAGIO ‘E SOLE DINTA NA LETTERE” una sceneggiata tratta dalla canzone omonima, ha voluto che partecipavo non li mancava nessuno e ha ceduto la sua parte, con una sola serata di prova nel dopolavoro ENAL la domenica ho partecipato allo spettacolo sul palcoscenico del teatrino Buon Consiglio a Leopardi; nella parte che hò sostenuto c'era da contare una canzonetta, nell'orchestra c'era l’amico Alfredo Oliviero al pianoforte, dopo che ho cantato la canzone richiesta dal copione ci furono gli applausi, una voce dalla sala gridò ”Michele e sempre Michele!” era il maestro Alfredo Buonandi dalla platea come spettatore.

Un altro episodio che va pure ricordato è quello del primo incontro con l'amico Elio Polimero "non ce più tra noi peccato".

Come tradizionale per le feste del S. Natalizia l'amico Giovanni Pernice ha sempre rappresentato LA CANTATA DEI PASTORI in più locali parrocchiali della città, sempre in quell'anno andai a Torre per passare le feste in famiglia, Giovanni che portava in giro lo spettacolo Pastorale aveva uno del gruppo influenzato mi ha chiesto se lo poteva sostituire, per l'amicizia accettai e impersonai San Giuseppe la recita la facemmo su lo stesso palcoscenico dove sei mesi prima aveva recitato con il Perna, in questa compagnia cera pure Pierino Vitiello che sosteneva una parte del Diavolo, dopo fatto de lo spettacolo Giovanni mi pregò per un'altra recita che andava fatta il 6 Gennaio del 1960 questa volta no per il padre di Gesù ma per il Razzullo accettai con il patto di dover sostituire l’altro comico il "Sarchiaone" che lo interpretavo in maniera moderna io recitava all'antico è non mi ci vedevo, la mia richiesta fu accolta è portai mio fratello Vincenzo (l’aveva sempre fatta quella parte), la recita l’abbiamo fatta nella sala Parrocchiale di Santa Maria La Bruna, c'era pure Elio "buonanima" nella parte del Diavolo, il copione richiede nel secondo atto l’Oste (Diavolo) picchia Razzullo l’altro comico di questo scende nella sala, urla per difendere il compagno; nel fare questa scena, Elio mi picchiava io urlavo per le botte ricevuto mio fratello dal fondo della sala gridava comicamente il locale era gremito di spettatori che si sganasciava dalle risate per la scena buffa, in quella confusione tra risate e battimani mi sono visto sollevare dal palcoscenico è lasciatomi cadere sulle tavole dello stesso, non vi dico il dolore in quel momento, dissi ha bassa voce “maronna majo ‘accise”, finito lo spettacolo Elio si scusò dicendo facevate ridere troppo e io non ce lo fatto ha trattenermi, mi sono impaperato non sapeva più che fare ti ho buttato ha terra, il parroco contentissimo per la buona riuscita della serata venne ha ringraziarci è aggiunse “non vedevo un Razzulo e Sarchiapole fatto come la vede fatto voi da primo della guerra”. Sono cose queste che no si dimenticano con facilità pure per le costole fratturate chi mi obbligarono rimanere alletto per qualche giorno.

Un passo in dietro per tornare all'Opera dei Pupi. Negli ultimi mesi dell'anno 1939 incominciai l’arte vero e proprio con un piccolo “spesato” anche questa parola e stata abolita per i lavoratori dello spettacolo oggi si dice “cachet” (paca in Italiano) erano poche lire serale e li presi per pochi mesi, eravamo al mese di Marzo del 1940 l'anno che incominciò il conflitto mondiale; il giorno 10 di Giugno l'Italia entrò in guerra è per mia sfortuna il 15 sono partito per le armi lasciai l’attività teatrale per forza maggiore; nei cinque anni di R. Marina ho acquisito altre esperienze altre storie altri fatti capitatomi nei primi tre anni che non anno nulla ha che fare con l'arte teatrale faccio un salto veloce in avanti per arrivare ha l'otto Settembre del 1943 la rese per la fine della guerra "così si diceva"; (su di questa non dico niente diranno gli storici) e incomincia dal giorno dopo l'otto il 9 per raccontare "in sintesi" l'episodio straordinario che poi è collegato ai fatti bellici e va raccontato alle nuove generazione ai nati dopo di me che ne sa poco è avvolte li senti parlare della guerra, della fame della miseria raccontato talmente bene come se solo loro l'avessero attraversato quei tristi giorni tremendi, è va bene dire ha questi predicatori strumentalizzati lasciate raccontare i fatti ha chi a vissuto e sofferto veramente, io sono uno di quelli, neo i requisiti poter dire qualcosa come il lungo viaggio fatto per tornare ha casa e lo chiamato "Odissea dell'Armistizio".

All'epoca stavo a La Spezia, facevo la guardia alla lungo muraglia del deposito di munizioni "la polveriera"; l'8 Settembre del 43 in serata si sparsi una voce ch'era finita la guerra, un marinaio lo diceva a latro contento gioioso della bella notizie mettendo in allegria tutti, arriva l'ora par ammainare la bandiera, in corteo col picchetto siamo andati come le altre sere vicino l'asta della bandiera aspettavamo l'ordine dai superiori per i squilli di tromba per l'operazione, guarda caso questa volta venne pure il Comandante in primo "non cera mai stato" aveva visto tutti i militari condenti per la bella notizia che circolava e forse sapeva pure il perché ci fece un discorso presso ha poco così:


Vincenzo Marcantonio Izzo

 "si dice che anno firmato una armistizio per la fine della guerra vi vedo tutti allegri, se così fosse per noi non deve essere allegria ma bensì pianto pensate le perdite subite e i morti che ci sono stati è quelli che avremo, rifletteteci, la notizia non è ufficiale ascoltiamo la radio alle 20 e poi si farà l'ammaina bandiera" avevo date ordine di mettere la radio sul davanzalo della finestra e ci fece sentire il programma del Generale Badoglio. Passato la serata e la nottata alle prime luce dell'alba del giorno successivo furono raddoppiato le guardie al cancello, nessuno potava uscire fecero sortire solo quelli per l'approvvigionamento dei viveri "armati" qualche Ufficiale era in assetto di guerra con l'elmetto in testa come se doveva succedere qualcosa, noi marinai eravamo in cerca di buone notizie ansiosi di andarcene a casa, uno dei marinai ritornato dal deposito con i viveri ci disse "nel mare della Spezia non ci sono più nave nostre qualcuna ha sarpato le angore ed è partita, altri sono state affondate dall'equipaggio delle stesse per ordine superiore, i marinai se ne sono andati a casa; noi ci guardavamo in faccia domandandoci cosa si farà, alle ora 10 suonò la tromba per un'adunanza straordinario, ci siamo riuniti senza il burocratico attenti è riposo come sempre, l'Aiutante Maggiore ci disse avvicinatevi - avvicinatevi lo abbiamo accerchiato alla rinfusa e ci disse "il Comandante mi ha incaricato di comunicarvi che i Tedeschi stanno occupando La Spezia, tra poco verranno qui ha impadronirsi della polveriera vi raccomanda che nessuno di voi che spara, noi siamo mille marinai è abbiamo cento moschetti, fare uno scherzo a sparare sarà un disastro quelli ci massacrano a tutti! Stiamo calmi abbiamo le stellette aspettiamo ordini dai superiori quando li avremo ve li trasmetteremo. andate" scioltosi l'assemblea qualcuno prendeva il proprio bagaglio è si allontanavo silenzioso, io doveva mondare di guardia ha mezzogiorno domandai al mio superiore "maresciallo" se i Tedeschi vengono dalla parte dove sono di guardia cosa faccio? Lui mi rispose li fai entrare, (domanda) all'ora non ci vado? Nel mentre si faceva questo discorso i marinai sene andavano per proprio iniziativa uno dietro l'altro come se nulla fosse, quando ho visti ch'eravamo rimasti in pochi mi decisi ha partire come tutti gli altri, mi caricai sulle spalle gli zaini dove cera tutta la mia roba m'allontanai come tutti gli altri camminando a piedi tutto il resto della giornata per le strade secondarie, verso sera arrivai ha una stazione della ferrovia in periferia s'avevano già accasi le luci restai li la notte non passava nessun treno, all'alba del giorno successivo alle sei circa arrivò un treno locale che mi portò a Livorno ci fecero sbarcate tutti perché il treno non poteva proseguire per Roma per i binari erano stati spezzati con le bombe messe dai tedeschi, rimasi in stazione più di due ore ha mezzo giorno fecero partire un altro treno dove sono salito questo mi portò a Firenze, un'altra lunga sosta in quest'altra stazione, nel pomeriggio con un direttissimo sono partito per Roma, arrivai ha notte fonda dove i Tedeschi presero me e tutti gli altri ch'erano sul treno, trattenuto per tutto il resto della notte nella capitale. (il racconto è in "sintesi" con le tappe importante senza scendere in dettaglio, quello detto con tutti i particolari lo scritto a parte con il titolo LA MIA GUERRA): non era io solo eravamo in tanti militari tutti sbandati che non appena scesi dal treno i Tedeschi "armati" ci costrinsero ha seguirli ci portarono negli uffici della stazione e lì sdraiati per terre con la testa appoggiato sui bagagli abbiamo passato la notte, un di loro solo bene armato ci stavano ha guardia vicino la porta e noi come tante pecore impaurite si stava calmi in certi per la fine che si avrebbe fatta; il giorno seguente arrivarono gl'impiegati è trovarono gli uffici occupati rimasero fuori per un bel po’, alle ore 10 "poco più poco meno" arrivò l'ordine di liberarci è ciascuno prese la propria strada, quella mattina in mezzo tutti gli altri trovai un vecchio amico napoletano "Nicola" è con lui riprendiamo il cammino lungo i binari della ferrovia, per due ragioni la prima era per non essere riacciuffato dai Tedeschi, la seconda era la speranza di trovare un treno che ci sarebbe portati un po’ più avanti; al primo passaggio ha livello incustodito siamo sortiti dalla strada ferrata, ha pochi passi trovammo una fontana dove attingeva l'acqua la gente della zona ci siamo fermati per bere è rinfrescarci il viso, Nicola brontolava come al solito si lamentava di avere fame si avvicinavano i passanti qualcuno di questi ci domandava da dove si veniva è dove eravamo diretti, una giovane donna ebbe compassione per la lamentela del brontolone mio amico prese dalla borsa della spesa un filino di pane di due etti l'aspettante razione di un cittadino "il pane era razionato è se ne doveva comprare solo due etti ha testa" quel pane l'abbiamo gonfiato d'acqua per farlo crescere è lo divorammo per la fame arretrata, ci furono altri avvenimenti in quella mattinata romana ci trattenemmo fino all'ora di pranzo: nel pomeriggio abbiamo ripreso il cammino sempre lungo la strada ferrata; la terza notte si passò in un'altra stazione più a sud: la quarta nottata nelle vicinanze della stazione di Cassino ( non si dormiva nelle stazione per la paura delle bombe dall'aria e per quelle messi apposta per fare saltare i binari) rimanevamo lontano di notte è quando si sentivo arrivare un treno correvamo ha la salto, non sempre ci toccava sederci eravamo troppi si doveva stare ritti, così ha pezzi è bocconi siamo arrivati a S. Maria Capua Vetera all'ora del tramonto ci avvicinato ha un'altra fondana come sempre per rinfrescarci, si avvicinò una massaia non tanta giovane a domandandoci le stesse cose come tutte le altre mamme "da dove venite avete conosciuto per caso mio figlio eccetera", Nicola il brontolone di sempre si lamentava d'aver fame è mandava accidenti al responsabile della tragedia che si stava attraversando in quel momento tanto che la recitava bene commosse quella brava donna che ci fece entrare nel coltile di casa sua è ci fece mettere qualcosa sotto i denti, ci dette della carne lesso condito con olio un pezzo di pane dicendoci "mangiate con buona salute ve l'offro col cuore sperando che qualche altra donna farà la stessa accoglienza ha mio figlio, non so dove si trova a tesso", questa solidarietà mi commosse e la ricordo angora, ce sempre stata la buona gente anche all'epoca della miseria.