Storia torrese dei pupi   pag. 2

LA MEMORIA
RITROVATA

Capitolo Primo

Autobiografia

 L'esperienza per IL TEATRO

 L'Opera dei Pupi

Sono nato a Torre del Greco il 14 Aprile del 1920. Ho avuto una fanciullezza è una adolescenza travagliata. Mio padre incisore suonava la chitarra per divertimento era l’epoca delle serenate io l'andavo dietro perché cantava dall'età di 4 anni, si andava per i festeggiamenti in case private dove si faceva festa i compleanni onomastici matrimoni e altro.
Naufragio della Santa Pasqua. È il primo episodio vissuto questo del lunedì dell'Angelo del 1925, dopo desinato in casa andai con mio padre al porto dove cerano altri amici suonatori che ci aspettavano uno di loro aveva una barca di 28 palmi (oggi non si valuta più a palmi si va a metri i 28 palmi d'allora sono uguale all'otto metri circa oggi) ci siamo imbarcati su di questa barca eravamo dieci solo uomini le donne "all’epoca" restavano in casa non partecipavano ha gite, non andavano al teatro è nemmeno al cinematografo; scostato la barca dalla banchina a remi, tirato su la vela il fiocco di prua s’incominciò ha navigare verso ovest, mentre la barca navigava noi si suonava e si cantava, arrivati all’altezza della torre di Bassano ci avvicinammo verso terra per sbarcare sulla spiaggia dove cerano due cantine “la casa rossa e la casina rossa” non cera angora la via litoranea, ma una lunga spiaggia eravamo diretto alla prima della due cantine detto per fare merenda e festeggiare la S. Pasqua, il nodo da sciogliere era quello di sbarcare dove non c'era banchina per l’attracco è ce lo impediva l’onda del mare mosso, ciascuno della comitiva studiava come si poteva scendere senza bagnarsi è diceva la sua, ci fu uno disse d’essere esperto in materia perché navigante di professione, mise in atto il suo progetto togliendosi le scarpe le calze si accorciò i pantaloni scesa nell’acqua portandosi con se la barbetta (cima ella barca) si avviò verso terra, l’idea era quella di arrivare sulla sabbia per poi tirarci con la corda e portare la barca più atterra possibile e darci l'opportunità di saltare ha terra; “s’aveva fatto i conti senza l’Oste” non aveva previsto quello che poi e successo, nel mentre lui camminava nell’acqua per andare ha terra la barca spinta dall’onda del mare si mise di traverso dondolava è imbarcava acqua, ci fu un momento di panico è uno dopo l’altro scesero in mare e camminarono verso terra, mio padre fece lo stesso portandosi con sé la chitarra con le braccia sollevato per non farla bagnare, io rimasi solo nella barca mi bagnava per l’acqua che imbarcava, arrivato a terra mio padre guardava me che mi reggeva ai bordi della barca divertito per il cullarmi della stessa senza avere un briciolo di paura, era lui che aveva è gridava “salvate mio figlio!…Pigliate mio figlio!.. Ci fu un volontario della comitiva mi venne ha prendere e mi portò ha terra; in quello stesso momento si oscurò l’aria ci colpì un temporale che fece scappare tutti nelle vicine case, gli abitanti della zona erano poche anime quasi tutti ortolani e qualche pescatore, si prestarono e fummo bene accolti sotto di una capanna "una tettoia per meglio dire" accesero un falò per farci riscaldare ci prestarono abiti asciutti che l’indomani li si restituirono; passata la buriana i soccorritori ci offrirono il vino è vollero sentire cantare visto che avevamo gli strumenti si fece baldoria è finì tutto "à tarallucce è vino"; dopo abbiamo presi la via per casa ha cavallo le gambe una lunga camminata non so quanti chilometri ci sono dalla spiaggia di “villa Inglese” ha Piazza Luigi Palomba, percorrendo tutto via S. Maria la Bruna, via Nazionali via del Purgatorio, io per mano a mio padre che si portava sotto il braccio la chitarra, qualcuno commentavo l'accaduto e lo stuzzicavo dicendo “Marcantonio 'a pezzate 'e salvare 'a chitarra e no ìo figlio” qualche altro s'inzuppava il pane, erano battute per tenerci allegri e farci sentire meno il faticoso il lungo cammino, arrivammo ha notte fonda a casa, il giorno dopo si fece lo scambio dei vestiti avuto in prestito.


La pusteggia - anni 30 - Da sinistra: Vincenzo Serafino, Davitiello, due spettatori, Vincenzo Marcantonio Izzo alla batteria, mio padre Francesco Izzo con la chitarra, Giovanni il clarinista, Ciccillo Sciampagna comico.

Un altro episodio indimenticabile e quello d'inventarmi una bugia è feci uno sbaglio, “è chi sbaglia paca” è lo pacato, lo dico adesso che sono passati tanti anni. Nel 1929 andava ha scuola per frequentare la 3° classe elementare; il regime d'allora obbligava a iscriversi al partito dall’età di 9 anni, i maschietti erano “Balilla” le femmine “Piccole Italiane”, per l'iscrizione si pacava cinque lire, mio padre non volle spendere li 5 lire mi disse “se ti tengono ha scuola senza tessera ci vai altri mento non ci vai più, in casa mia non voglio fascisti”, non so se era un pretesto per no tirare di tasca i soldi, oppure non li aveva (erano tempi di miseria e con 5 lire ci si mangiava un giorno tutta la famiglia, non posso giudicare adesso se lo feci per la spesa ho per ragione politica, ricordo che spesso parlava bene del socialismo è aspettava il cambio della guardia che poi non la visto, era già morto quattro cadde il regime. Ha me sarebbe piaciuto essere balilla come tutti i miei compagni andare alle sfilate, al campo sportivo il giovedì ha fare ginnastica con la banda in testa al cortè, li seguivo da di fuori le righe; non ci fu ragione non mi fece aderire all'iscrizione al partito, era ragazzo e tante cose non ci arrivavo ha capirle, tutte le mattine prima di andare ha scuola chiedeva quelle benedette cinque lire ma lui non me la mai dato, dopo d'un paio di mesi di questa storia m'inventai la bugia ignorando il danno che mi procuravo, tornando dalla scuola all'ora di pranzo dissi ha mio padre “ma detto il Professore se domani non porti i sondi per l’iscrizione non ti presentare proprio a scuola”. Sapete quale fu la sua risposta?…E’ non andarci più! .. Sai fare la tua firma? E quella ti basta il resto te lo imparerai da solo, da quel giorno non andai più ha scuola, mi avviai al lavoro pure per contribuire alle spese famigliari, mi cercai un padrone che mi dava un paio di lire a settimana li portavo in casa, all'ora era un obbligo per i figli maschi aiutare la famiglia; di questo e stato per anni un mio secreto per non strumentalizzare la cosa come vittima della politica, non è mio caraterò qualche altro forse l'avrebbe fatto. Non ho preso mai tessera di nessun partito ed ho sempre votato seconda coscienza anche se ho sbagliato ma non ho chiesto mai aiuto ha nessuno ho sempre fatto da solo "l'albero si deve coprire con le proprie foglie" è io con le mie foglie lo coperto ho allevato 6 figli facendo tutto da solo: ho svelato il secreto adesso perché sono finite l'ideale è non sono più giovane devo pensare ad altro.

Di mestieri ne ho assaggiati tanti e non sto qui a elencarli, cambiavo spesso padrone non aveva la costanza di resistere per mesi e mesi nello stesso luogo di lavoro era fatto così mi piacevo cambiare spesso mestiere ne ho fatti abbastanza, quando mi veniva ha noia con un padrone mi licenziavo è ne cercava un altro, per i troppi campii di attività mio padre mi disse “non voglio storie tu devi contribuire in casa con un chilo di pane al giorno, fai il mestiere che ti piace, il giorno che non hai guadagnato il chilo di pane non ce mangiare per te”, il pane all'epoca costava 28 soldi al chilo "una lira e quaranta centesimi": nessuno mestiere erano di mio gradimento per la passione a l’arte teatrale è alla pittura, erano le due cose contestate dai genitori di prima, per loro non erano lavori che potevano dare da vivere l'uomo, per il primo "dicevano" ch'era l'arte degli sfaticati, il commediante è un vagabondo e lo fanno quelli che non anno vogliano di lavorare; il pittore "l'artista" vive in miseria per tutta la vita il ragazzo si doveva imparare un arte per potere vivere dignitoso tutto l'esistenza, erano pochissimi i posti di lavoro fissi dopo della seconda guerra mondiale questa superstizione per i genitori non è più valida anzi aiutano i figli anche col danaro se è necessario pur di accontentarli, è per questo ho detto di avere attraversato un’adolescenza travagliata.