MAL
DI SCUOLA
Quando noi insegnanti siamo colti dal mal di
scuola, la vita, credetemi, diventa difficile!
Viviamo ogni giorno proiettati nella
realizzazione di ciò che il giorno successivo andremo a
concretizzare. E portiamo a casa, troppo spesso, un pesante
bagaglio non solo cartaceo, ma di idee, di progetti e ipotesi di
lavoro e più soluzioni e… chi più ne ha, più ne metta.
Non ne parliamo poi delle emozioni!
Inavvertitamente ci troviamo a rivivere i momenti di forte
tensione provati in classe con gli alunni e, ripensando ai loro
discorsi, ci meravigliamo nel riscoprirli così sinceri,
incontaminati e saggi. Di una saggezza che sa di vita vissuta,
di esperianze più grandi di loro, di dolore. Così che con
convinzione ci ripetiamo: - Che bel mestiere, il nostro!-
Ma, nel momento in cui, ripensando al bel
mestiere, ci ritroviamo a lavorare in una scuola a metà,
la vita diventa un vero inferno. Anche se la
scuola a metà si presenta bene: Ampia scalinata d’ingresso,
luminoso atrio a vetrate, cortile ben asfaltato, ombreggiato a
primavera da frondosi faggi. Ma… è tutto un inganno. L’edificio
è una sinfonia incompiuta. Aule insufficienti in un fabbricato
mai completato, dove si ruota, come in una pazza giostra, sul
doppio turno. E, scheletri oramai arruginiti, pilastri che si
tendono verso il cielo come braccia imploranti. I corridoi, poi,
interrotti da fittizie pareti, ipotizzano come sarebbe stato l’edificio
una volta completato. Nonostante ciò, insegnanti ed alunni,
continuano a lavorare alacremente realizzando progetti sempre
più entusiasmanti ed ambiziosi, con orari difficili, a
discapito delle famiglie, nell’indifferenza totale degli
amministratori. Eppure, tante nuove scuole sono sorte,dislocate
qua e là alle falde del Vesuvio. Solo per la scuola elementare
del circolo "E.De Nicola", non si attueranno giuste
soluzioni? Da vent’anni e più lo scandalo continua,
rinnovando ogni nuovo anno scolastico solo rumore e chiacchiere.
Ci domandiamo, noi insegnanti affetti dal mal di scuola: Fino a
quando sopporteremo questo peso?
APPLAUSI
Si applaude tanto
In questo strano paese,
per morti annunciate, per uomini traditi,
per traditori pentiti, per un’infanzia osteggiata
per donne malmenate, per vittime di guerra e di pace
Applausi di rabbia, applausi di dolore,
applausi indifferenti e distratti,
di gente stanca di applaudire,
demoralizzata nell’attesa,
avvilita nella speranza di giustizia
che tarda ad arrivare.
Gente che non ha più voglia d’applaudire,
che vuole solo di rabbia gridare..
MARIOLINA |
Alla libreria Alfabeta
LA TIORBA TACCONE
i prof.
Redenta Formisano, Armando Maglione e il poeta dr. Giovanni D’Amiano
presentano
Elvira
Garbato
di
Clelia Sorrentino
Benvenuta Elvira Garbato, scelta fra i
poeti al loro primo appuntamento! Nessuno più di lei e di un
testo poetico ripescato nelle sue maglie con amore e
fedeltà dall’abbandono ingiusto perché scritto in un
napoletano oggi incomprensibile, lo meritano. L’amico Renato
De Falco, massimo studioso del genere, ha esultato nello
scorrere la documentata e dotta introduzione all’Autore e la
scrupolosa e melodiosa trasposizione di essa della Ga bato,
una poesia nella poesia di un’opera del ’600
contemporanea del Basile.
Operazione di spessore letterario, ben diversa da
traduzioncelle furbastre che usano la maggiore incisività
della lingua napoletana e si beano di folklore dal facile
plauso. Quella di Elvira e opera che ritrae dal buio, nella
sua intierezza la POESIA e, nel ridonarle vitalità, la fa
propria, cosi come il pianista si impossessa rapsodicamente di
un brano che lo travolge, e lo trascina a sé e ne e
trascinato, e nell’esaltazione della interpretazione, da
gloria allo stesso compositore, al Maestro, mediante la
propria possenza o grazia e levita. Ma non e del libro, già
dal nostro periodico recensito al suo primo apparire, che
vorrei parlare, ma della Donna che con tanta devozione lo ha
ripartorito...
Avete provato la mia stessa emozione nel venire a contatto con
l’autenticità di Elvira Garbato? Faccia intensa, d’altri
tempi, acqua e sapone, magari mai sfiorata da belletti, dove l’acquamarina
dello sguardo rivela, anche se la ritrosia a palesarsi la
nega, una creatività sotterranea che fa di lei non un anonimo
traduttore ma l’appassionata poetessa e porgitrice della
pagina scelta da sensibile intenditrice, per tesservi quei
delicati tasselli di facciate arabe ( di paesi dove ha vissuto
(o non vissuto?) a lungo all’ombra del marito geologo).
Disegni minuziosi come ricami, che sono poesia, musica.
Cantici spesso trattenuti dalle donne sotto pressione da un’antica,
castrante inconsapevolezza del proprio talento. Penelope e
esplosa oggi alla luce tramite Felippo Sgruttendio de Scafato.
E domani? Perché della dolce, tenera, e al tempo stesso,
ferma Elvira Garbato, sentiremo e sentiremo ancora parlare.
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