Cap. 7

             
           STORIA DELLA CASA
         DELLO SCUGNIZZO
               
         Cap. VII

Borrelli occorrerebbero oggi per raccogliere dalle strade i poveri?
La Casa dello Scugnizzo nasce nel 1950 a Materdei per opera di Mario Borrelli sulle macerie della chiesa di Piazzetta S. Gennaro.
Il sacerdote, del 1922, del Porto, un quartiere di lavoratori in metalli preziosi.
Il padre e un fratello doratori; un altro orafo. Le donne di casa esperte in brunitura dei metalli. Egli il penultimo di 5 figli, con due sorelle. Per la precaria situazione finanziaria accettarono in casa uno zio e un cugino, forniti di mezzi di sostentamento.
A 8 anni in una bottega di barbiere, galoppino, ritira il caffè al bar per i clienti. Qui conosce Don Nobilione, un prete, al quale confessa la sua vocazione religiosa. Questi decide di pagare le spese dell’istruzione. Paga, però, solo il primo anno, perché rimane privo di mezzi. La madre, convinta della sua fermezza ed applicazione nello studio, si adopera per trovare il denaro.
Anni difficili, di pene e di sacrifici. Nel 1940, a 18 anni, ammesso al Seminario Maggiore di Capodimonte, dove trascorre 7 anni. Durante la guerra viaggia da Napoli ad Eboli, per ricongiungersi con la sua famiglia, sfollata lì per i bombardamenti, che hanno distrutto la loro abitazione. Rimane con loro per circa un mese. Durante il periodo del seminario, si lega con Ciccio, poi Don Spada, che in seguito entra nella sua vita esterna.
Nel 1946 esce dal Seminario ed assume tre mansioni: nel Comitato dell’anno Santo, insegnante e, una cappella ambulante trasformata in una autoambulanza, con la quale si reca in periferia per amministrare i sacramenti e celebrare la messa con gli operai delle fabbriche.
L’incontro con Ciccio una mattina in tram dà il via al progetto di aiutare gli scugnizzi di Napoli, che prevede di fornire loro vitto ed alloggio e iniziarli ad attività lavorativa. Terminata la guerra, Napoli si trasforma per la ricostruzione. Vi è il problema giovanile di molti minori, dediti al furto, spesso autori di forme di aggressività. Gli scugnizzi senza famiglia, figli di genitori morti sotto i bombardamenti o figli di prostitute o orfani abbandonati nella ruota dell’Annunziata. A questi si affiancano giovanotti, che volendo una dimensione diversa di sopravvivenza vanno via da casa per le situazioni in famiglia non sempre delle migliori. La teoria di Borrelli è scugnizzo ma non delinquente.
Il ragazzo, che sta per strada, ruba per sopravvivere. Pertanto, se viene sfamato, non ha più interesse a rubare. Borrelli pensa che se entra nel gruppo, ha molte notizie utili per capire la problematica. Dopo non poche manovre di diplomazia, Don Mario riesce ad avere il permesso dal Cardinale di infiltrarsi e vestirsi da scugnizzo. Al suo amico Ciccio il superiore nega il consenso. Don Mario si trova solo con Salvatore, che per le strade, fotografa la vita notturna.
Da questo momento ha inizio la doppia vita di Borrelli: prete ed insegnante di giorno e scugnizzo di notte. Ovviamente ciò gli procura non pochi problemi, tanto vero che spesso gli capita di addormentarsi sulla cattedra, nonché di non avere nulla da raccontare agli altri della banda su come ha trascorso la giornata e su come si è procurato il bottino. Per essere accettato da una banda, dimostra di possedere capacità di lottatore. Diventa ufficialmente uno scugnizzo. Individua il capo della banda, che usa bene il coltello, arriva alle mani, mette tutti in riga.
Quando Borrelli capisce di essere in grado di potersi difendere e di dimostrarlo, prende lezione di boxe; litiga con il capo e, battendolo, gli viene riconosciuto il ruolo di capobanda. Da quel momento comincia a vivere, agire e pensare come uno di loro, scoprendo un mondo in cui questi ragazzi inventano di tutto per vivere: dal furto alla raccolta di cicche, al piccolo imbroglio. Intanto riesce ad avere la chiesa di S. Gennaro a Materdei, sconsacrata nel periodo post bellico, che i tedeschi hanno usata come deposito di armi, e, con l’aiuto di volenterosi del quartiere, trasforma in centro di accoglienza. Gli si affianca il prete Pasquale. Attira gli scugnizzi a Materdei con la promessa di cibo e letti. I primi componenti della sua banda.
Nel frattempo Don Mario acquista un carretto a mano che serve a recuperare rottami di ferro da rivendere. In seguito il carretto diventa un biroccio e poi un camion che si occupa di abiti, calzature smesse e altro per fornire un’entrata alla Casa. In breve la Casa dello Scugnizzo conosciuta, la gente tende una mano. Alla fine Don Mario decide di presentarsi da prete e con l’aiuto del suo amico, che l’ha fotografato insieme agli scugnizzi, si presenta con l’abito talare. I ragazzi subiscono uno shock. I bambini reagiscono con allegria. Dei più grandi, un gruppo offeso va via, ma poi ritorna a distanza di tempo, mentre un’altra parte sparisce. Borrelli si rende conto che la sua condizione di sacerdote gli impedisce il rapporto con l’utenza laica. Quindi in Inghilterra frequenta la London School of Economics , master in Social Administration and Social Work Studies .
Colleghi, studenti, insegnanti gli danno spazio per organizzare i suoi lavori di ricerca e lo aiutano anche economicamente. Così incominciano a sorgere i comitati esteri, dove si raccolgono i soldi, che vanno dati a Borrelli affinché una volta a Napoli, possa risolvere problemi immediati. Con i soldi Borrelli, avuto il beneplacito della Curia di abbattere la chiesa, dà il via alla costruzione dell’edificio attuale.
Costruita la struttura, la Curia vuole impossessarsi dell’istituto, chiedendo a Borrelli di esserne il direttore con stipendio. Egli prende tempo, poi cambia Ordine religioso e diventa gerolomino dell’Oratorio S. Filippo Neri, ordine che non dipende dalla Curia. Nel 1967 smette l’abito talare, ma continua nella sua opera fino al 1996, anno in cui si ritira.

Qui, nell’ambulatorio geriatrico Franco Penza sulle orme di Mario continua la sua opera di recupero, di amore, di solidarietà con Ermete, Spasiano, Simonelli, Di Maio, P. Ferrara.