Cap. 6

             
                  LA PITTURA
                        Cap. VI
Mai Franco Penza ha preso

la vita sul serio. Ha sempre visto
tutto per gioco. Anche in situazioni
drammatiche, o quando si è
trovato d fronte alla filosofia
e alla scienza. Questo è il suo segreto,
la sua soluzione esistenziale.
Non a caso la parola "pazziare"
(giocare) è un suo intercalare.
E non a caso, ancora, la radice di
"pazziare" è "pazzia". Quindi
pazziare come esorcismo dello
esistenzialismo. La soluzione!
(L.M.)

Nel 1953 Franco vinse il premio Jollj a Milano. La foto del disegno Napoli e il Vesuvio fu pubblicata sul Corriere dei Piccoli ed egli ebbe per premio una penna a sei colori.
Dal 1962, dopo il lavoro, frequentò l’Istituto d’Arte e l’Accademia di Belle Arti e cominciò ad esporre le proprie opere.
Morandi lo colpì per la semplicità e le prime tele subirono l’influenza del pittore bolognese.
Le lezioni dei maestri dell’arte figurativa Antonio Bresciani e dell’arte astratta Renato Barisani gli permisero una meditazione: l’arte ha i suoi tempi e la sua storia e la forma e i contenuti subiscono una trasformazione e il colpo mortale lo dette la Pop Art, rendendo l’Arte popolare, senza intellettualizzazione, con espressioni chiare e fruibili da tutti. Per noi la ricerca oggi ha imboccato un vicolo cieco: su un tessuto malato, prima di intervenire, occorre una diagnosi e poi una terapia, non un lenzuolo bianco, che copre la piaga e non cura. Franco decise, dopo un’esperienza di tipo post-impressionistico, di imboccare una strada buia, che cancellasse completamente la figurazione pittorica, ma essendo un romantico, egli si rivolge alla natura, perché i fiori ancora oggi rallegrano il cuore e la vita.

NUNZIA MARINO

PREMESSA agli argomenti trattatri sui giornali di Franco Penza da Luigi Mari

Negli anni settanta con Franco Penza, ventenni e col fuoco del vesuvio diritto sotto al sedere, pubblicavamo ora "Il penzatore", ora "l'Infinito", piccole testate con una caratteristica rara, quella di non essere "legate" a nessuno. Pur nati a Torre, i nostri cognomi Penza e Mari, dimostrano l'assenza di legami torresi di casta o affiliazioni politiche o d'altro genere. Eravamo scalzi liberi e scapigliati e pieni d'entusiasmo, illusi di poter donchisciottescamente mutare l'animo dei volponi detentori del potere. Questo ci consentiva di gustare la libertà, anche perché eravamo molto giovani, senza famiglie a carico... insomma abbiamo vissuto a pieno la libertà. A me costò la preclusione del progresso della mia bottega artigiana di tipografo, che è rimasta tale, anche per mia scelta.
Quello che mi fa male, però, è che negli articoli dell'epoca, che ripropongo qui, non fu interpretata l'arguzia, l'ironia, la satira, insomma la maschera che celava un grande desiderio di mutare le brutture caratteriali locali ed epocali in genere, anche se i testi sono un po' generalizzanti e gonfiati, iperbolici, ampollosi per un fatto estetico, con uno stile volutamente logorroico, ripetitivo, ambiguo, ma come fatto d'arte. Se ne vedeva solo e nient'altro che denigrazione, anticampanilismo. Nulla fu capito del grande amore per la nostra città e per i nostri torresi che ci scoppiava nel cuore. Nulla del tentativo disperato, costruttivo, di scuotere, sensibilizzare, con la satira e con l'iperbole, negatività stagnanti.
Ebbene, oggi io e Franco abbiamo i capelli canuti, qualche dente guasto, gli acciacchi di prammatica, ma lo stesso spirito dentro, che di tanto in tanto esplode dai precordi e ci invoglia alle rimpatriate. La letteratura pregna di sdolcinature, incensature ed ipocrisie è zavorra e scivolerà sui problemi o sui guasti caratteriali di un popolo senza mai aprire non già ampi orizzonti, ma neppure piccoli spiragli di luce.
Riporto una lettera di protesta di un pittore torrese, peraltro anonimo giusto per rendere l'idea del clima che si era creato con questa stampa veramente desueta per Torre del Greco.
Una curiosità: Il giornale veniva scritto da me e Penza e qualche incosciente di collaboratore. Non ho mai capito perché nessuno voleva collaborare...
A chi si prepara a queste letture dirò che, al di là delle apparenze, ho un grande rispetto per i veri artisti, per la famiglia come istituzione, per la donna in generale, (ne ho 5 a casa) anche quando è suocera, specie se anziana. Non bisogna prendere mai alla lettera la trasfigurazione artistica che è arte, satira, anche se spesso caustica e iperbolica. Siamo sempre negli anni 70.
Da premettere che l'articolo Terreno miracoloso, che riporto, aveva come sottotitolo:
"Ai veri artisti torresi che stimo è rispetto".

UN TERRENO
MIRACOLOSO

Esimio Direttore, scrivo a proposito dell'articolo "Terreno Miracoloso" ironico e paradossale. Confesso che mi piange il cuore vedere un compaesano denigrare in tal modo. Vorrei sapere dallo articolista qual'è il fine dei suoi giochetti di parole, che talvolta sono accuse profonde e, direi, campate in aria. D'altra parte Torre è una cittadina che vanta tradizioni artistiche secolari, come può uno scrittorucolo nato ieri azzardare tanto, mettendo in ridicolo i sofferti sentimenti degli artisti torresi, i quali, si può dire, vivono solo per l'arte? Un artista torrese

Visto che il direttore non c'entra, rispondo io direttamente. Dal momento che a Torre ci sono grossi nomi della pittura, sbandierati sempre a destra e a manca, non posso fare a meno di pensare che l'artista in oggetto, è uno dei tanti raggiunto dal bersaglio. E' lui che così fa di tutt'erba un fascio. So bene che Torre del Greco ha vantato e vanta artisti seri, non solo nel campo della pittura.. Comunque denigrare significa: calunniare, vituperare, infamare. Ho denigrato i pittori?. La mia polemica, se tale è, è rivolta più al profilo psicologico di alcuni pittori, perché non sono un critico d'arte.
Non ho nulla contro i miei compaesani, li amo, solo non mi piace vederne soffrire alcuni, annaspando nel vuoto, ipocritamente, per raggiungere il successo, a parte, s'intende, i veri artisti. Io non denigro: denuncio una realtà, purtroppo, sconcertante, sotto una vena ironica ma sincera, Come si può essere artisti tutti insieme e tutti uno più bravo dell'altro. Oh, ci prendiamo per fessi? Ma si crederà davvero che l'arte si impara sui banchi di scuola o che davvero il terreno di Torre sia miracoloso?
Chi può contestare che il dipingere, visto sotto la vera luce, a Torre, è un modo per mettersi in vista? Non solo i torresi hanno il maledetto bisogno del successo che compenserebbe le proprie carenze psichiche. Altrove lo si fa con altri mezzi, a Torre con quello nobile dell'arte.
Sono accuse violente, è vero; lei si è risentito perché è parte in causa, i veri artisti non hanno scritto al nostro giornale. Ma, creda, non sono osservazioni campate in aria. Bisogna prendere solo un po' di consapevolezza almeno si risparmiano le delusioni. In quanto ai sentimenti sofferti, è vero che un artista deve soffrire estremamente perché nasca un capolavoro, (pathos creativo), che non è la stessa cosa del soffrire perché si dipinge e si espone e non si ha mai successo.
Amico mio, bandiamo l'ironia e diciamo il vero! L'arte va a braccetto con i tempi, con il progresso. L'arte è soprattutto cultura. D'altra parte, non mi si venga a dire che chi oggi espone idee dell'800, valide allora, ma sorpassate se ripetute oggi, sia artista. L'arte va a braccetto con i tempi. Nessuno, oggi, scrive con lo stile trecentesco di Dante Alighieri, ad esempio.
Il guaio è che la verità fa male, ma sono stato costretto. Bisogna convincersi che essere pittori in questo senso è l'ultimo modo per essere artisti. Se poi per ragioni di salute non si può fare a meno di questo stramaledetto successo, si metta da parte la pittura e si vada con i tempi. Cantiamo, torresi. Cantiamo allo stesso modo di come dipingiamo. Perlomeno il successo è assicurato. 1971 Luigi Mari

E QUESTO E' L'ARTICOLO INCRIMINATO:
TERRENO MIRACOLOSO
(Ai veri artisti torresi che stimo e rispetto)

Mai in vita mia avevo fatto una scoperta così sensazionale, mai avevo svelato, con immensa gioia, qualcosa che per me ha avuto più importanza della scoperta del fuoco e dell'amore dentro di se. Mai, nel definire un dato di fatto, sebbene importantissimo, mi ero sentito così felice da rasentare uno stato di ebbrezza. Sebbene qualche amico mi avesse accennato la cosa, in passato, non ero mai riuscito nemmeno ad accettarla come attendibile. Ora, invece, voglio gridarlo ai quattro venti da questo foglio: il terreno di Torre del Greco è miracoloso!
So che è superfluo sottolineare che per terreno miracoloso intendo terreno benedetto. Anche se qualcuno in un primo momento ha pensato a quel terreno ricco cascame di corallo, che nel dopoguerra fu la risorsa di tanti disperatoni. E' superfluo, lo so, dire che terreno miracoloso non sta per terreno ricco o fertile, sebbene, tra l'altro, sia anche tale. Tornato a Torre, dopo anni di peregrinazioni, non sapevo spiegarmi come mai un mio amico, morto di cancro, guarì da tutte le malattie morali non appena fu messo sotto terra. Il terreno di Torre, naturalmente.
A questo punto, poiché tutti, avranno modo di costatarne i benefici, so bene che presto verrà gente da tutto il mondo per tuffarsi nel nostro terreno, guazzarre in esso, per scoprirsi artisti, poeti, attori. Naturalmente, è merito del terreno se in questa città c'e una media di artisti del 99 per cento. E' merito del terreno di Torre che infonde sensibilità artistica, forza creatrice al neonato. Sei tonnellate di tele all'anno, 32 tonnellate di colori ad olio ed acquarello, 54 tonnellate di materiale vario occorrono agli artisti torresi per il fabbisogno interiore. L'80 per cento del materiale della media nazionale assorbito solo da Torre del Greco.
Un vero primato. Ah, terreno miracoloso! Mai in vita mia, con immensa gioia, avevo scoperto tanti valori nella mia cara città. Oggi che l'arte tradizionale muore per far luogo a nuove tematiche, Torre del Greco, grazie al. suo terreno, tiene alto il vessillo della vera arte. Ma cosa importa se i torresi hanno sbagliato epoca per mettersi a fare gli artisti. E' meraviglioso vedere uomini, donne, bambini, malati dipingere. Qualcuno dice che anche i morti, di notte, si levano dalla tomba e fanno un viaggio in Spagna, a Venezia o a Londra per dipingere.
E' tanto bello vedere l'intera città creare tremila, cinquemila, diecimila capolavori al giorno. E' meraviglioso che tutti i torresi, per merito dell'influenza benefica del loro terreno, siano artisti. Mai, come adesso, ho capito che l'arte non è influenza di massa; non è un veicolo come un altro per compensare tutte le proprie debolezze, quindi per essere tra i più in vista, ma un vero dono di... terreno.
Mai, come adesso, ho capito che l'arte a Torre del Greco è arte con la A maiuscola. Ed io posso dirlo, perché sono l'unico torrese che non sappia dipingere. Dapprima me n'ero fatto un complesso, poi venni a conoscenza che dove sono nato non c'è un granellino di terreno buono... Naturalmente, il nostro preziosissimo terreno non serve solo per gli artisti pittori.
Oltre che poeti, storici, etc., a Torre abbiamo, sempre grazie al terreno, gli scrittori più bravi del mondo. La loro forza espressiva è, direi, raccapricciante. Senza voler accennare i temi. Essi, a differenza dei temi trattati da tutti gli altri scrittori del mondo, non sono maledettamente soggettivi o addirittura personali, o di parte, ma di interesse generale e trattano problemi veri e profondi atti a migliorare le sorti dell'umanità non solo, ma soprattutto della comunità torrese. E senza accennare alla forma e al contenuto. Essi hanno un'abilità eccezionale nello scrivere milioni di parole in una sola volta. A differenza di altri che sarebbero definiti grafomani, scrivono sì tanto, ma in modo così conciso, ma talmente forbito che riescono con milioni di parole ad avere la capacità di dire tanto poco che qualche maligno e tentato di dire : non dicono nulla. E' chiaro che questa è un'abilità unica al mondo, alimentata logicamente dal magico terreno torrese.
E gli scrittori a Torre sono i migliori anche perché sono così pochi, (in linea generale sono tutti pittori). Tuttavia, nonostante ciò, nelle feste religiose, quando il terreno è più miracoloso che mai, riescono a scrivere tanto che, non avendo più dove farlo, serivono per terra, sui muri, sui propri vestiti. Anche essi, come i pittori, s'alzano di notte per andare a scrivere in qualche luogo recondito. E' bello vivere solo di spirito.
Naturalmente, a Torre, traboccante di scrittori e pittori, non mancano gli attori. Non voglio dire che i torresi sono tutti attori, anzi; però si recita, si recita tanto. Oggi si recita in tutto il mondo. L'uomo moderno, più che mai, è un discreto attore, ma il torrese, grazie al terreno, recita più di tutti. Le compagnie filodrammatiche nella nostra città sono mumerosissime. A Torre si calcano più tavole di palcoscenico che basalti della strada, tanto che ai miei occhi, ogni cantone di via, ogni piazza, ogni casa, ogni ufficio è un boccascena, attraverso il quale vedo recitare il più delle volte con una greve maschera. Non voglio dire che altrove non ci siano attori abbondanti come nella nostra città, tutto il mondo e un grosso teatro, ma gli attori torresi sono i migliori, grazie al terreno.
Mai in vita mia avevo fatto una scoperta così sensazionale. Mai avevo saputo di appartenere ad un popolo così importante. E sebbene, senza falsa modestia, non sia né pittore, né scrittore, né attore, sono orgoglioso di essere cittadino torrese, sono orgoglioso di vivere in una città, dove la fiamma dell'arte affratella tutti. E questa è la cosa più commovente. Ogni artista vanta le opere dei compaesani, tanto meno le critica o le disprezza. Il torrese non è geloso del collega, non fa pettegolezzi, perché fa arte vera e l'arte predispone alla nobiltà d'animo, all'altruismo, alla bontà. Ogni artista talvolta disprezza le proprie tele o le proprie stesure, o le proprie rappresentazioni, calpesta il suo operato quando con immensa gioia vede l'opera di un suo conterraneo. 1970                                            Luigi Mari