Cap. 1


UNA VITA DIFFICILE?

IL CONVENTO DEGLI ZOCCOLANTI E L’INFINITO
Capitolo I di Guido Cafiero

Il Convento dei frati Francescani "Zoccolanti" e la Chiesa Madonna delle Grazie si trovano all’ingresso della città di Torre del Greco. La Chiesa e il convento, in una posizione incantevole, ospitavano i francescani minori (detti osservanti) che rimarranno in quella sede per oltre due secoli (1578 al 1811) fino alle leggi di soppressione degli ordini. A sinistra della chiesa, Capo La Torre, un piccolo spazio a giardino con un monumento che ricorda l’eruzione del 1861.
Il convento costituiva l’infermeria di Santa Maria La Nova di Napoli, di fronte all’Ambulatorio della Carità. Il complesso d’antica costruzione forse è opera del fra Domenico Della Torre e dell’arcivescovo Ottavio Acquaviva. La lava del 1794, che aveva distrutto la porta di Capo La Torre, arrivò per metà dell’altezza della chiesa. Il livello del suolo prospiciente la parte frontale della chiesa è rimasto da allora sollevato. La chiesa fu ristrutturata e restaurata per la parte che si era salvata e il finestrone del secondo ordine fu convertito nell’attuale porta d’ingresso.
Il convento invece si presenta con una mole rude e massiccia. Dopo l’eruzione del 1861 ospitò un Asilo d’Infanzia Municipale. Attualmente occupato dalle suore dell’Addolorata, conserva nel chiostro al piano terra, con accesso dalla sottostante Via Madonna del principio, numerosi affreschi settecenteschi. Sono ancora leggibili episodi della vita di S. Francesco d’Assisi. Nella campagna esterna all’edificio, il terreno di sepoltura dei monaci. Il convento divenne la sede dal 1825 del Ritiro della Visitazione per giovanette orfane. Nel 1930, per volontà del rettore Don Pietro D’Amato, fu arricchita d’affreschi dal pittore Raffaele Sammarco, con episodi della vita della Madonna, degli Evangelisti e degli Angeli.
Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, un gran numero di famiglie e di civili si allontanarono dai luoghi di maggior rischio bellico, raggiungendo in qualche modo le zone abitate ad una certa distanza da Napoli.
Erano i cosiddetti sfollati. Quanti napoletani, nati in quel periodo e in quei luoghi, conservano tuttora nei ricordi e nella formazione, l’impatto emotivo di quegli anni trascorsi in maniera precaria e difficile. Tuttavia in molti quella condizione ha temprato lo spirito e la coscienza. Era un esilio di speranza per avere un domani. Un domani che da quei luoghi prendeva radici mentre nel tempo il passato si andava trasformando in ricordo mitizzato, che diventava sempre più un valore, su cui improntare il futuro. Lo spirito dei francescani segue ancora ovunque Franco Penza.
Nel convento sono nati L’INFINITO, IL PENZATORE, le poesie italiane e napoletane di Giuseppe Penza, Peppino, sfollato con altre famiglie. Alcuni numeri de IL PENZATORE sono stati composti a mano da Franco giovinetto con i caratteri mobili nella nascente tipografia Mari. Quei giornali tentarono di guidare e di essere di sprone alle amministrazioni sonnolente dell’epoca ed esplorare il mondo e l’Arte. Molte di quelle voci non si sono ancora sopite.