Anno III
Aprile-maggio 2003 
n. 4-5

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Educazione
a
lla pace

Per vivere in pace bisogna educare alla conciliazione

di Cristina Tarallo

con la sopraffazione, provocando la morte di tante povere vittime.
Per realizzare in un domani la pace nel mondo, speriamo quanto più vicino possibile, è indispensabile che si realizzi, a mio avviso, prima nel nostro "piccolo". Bisogna che tutti noi impariamo a comunicare con chiarezza, ad avere un dialogo costruttivo e non egoistico, ed essere di buon esempio per i bambini: gli uomini del domani.
Soltanto realizzando questi presupposti gli individui capiranno che, come un fiore per crescere bene ha bisogno di amorevoli cure, così la pace deve essere coltivata e desiderata, giorno per giorno. Essa non deve essere un rimedio alla guerra, ma un bisogno interiore, che nasce dal voler vivere meglio con se stessi e gli altri.

Una pace duratura dopo que-st’ultima guerra in Iraq, sembra ormai non essere presa in considerazione dagli uomini, in quanto la ritengono una qualche cosa d’irraggiungibile: una vera e propria utopia.
Eppure si sa che la pace è in-dispensabile per vivere bene. Allora mi chiedo: come si potrebbe far capire

alle persone che la pace la si può realizzare, mentre la guerra la si deve sconfiggere?
Io credo che la risposta sia una "campagna educativa alla pace". Occorre insegnare ai bambini, sia nelle famiglie, sia nelle scuole, quanto è dannosa la guerra; essa ha sempre risolto i problemi in modo sbagliato e

Danni  e  guadagni  della  guerra
A chi giova il conflitto?          di Maria Pasqua Di Donna

Era l’alba del 20 Marzo 2003, un giorno come tanti altri, quando aerei americani ed inglesi, sorvolando Baghdad, sganciarono le prime micidiali bombe sulla città, seminando terrore e morte. In un attimo fu l’apocalisse, la guerra da nessun popolo desiderata era iniziata. Le forze alleate di terra, avanzando come un rullo compressore, giunsero alle porte della capitale irachena pronte per l’attacco finale lasciando alle loro spalle distruzione, terrore e morte.
Un gatto che rincorre un topo, la leggenda di Davide contro Golia o peggio, un uomo che fa a botte con un bimbo, questo sembrò essere il giudizio unanime del mondo verso questa guerra, ma, pur avendo provato in tutti i modi possibili, nessuno, neanche il Santo Padre riuscì ad evitarla.
E’ proprio vero, dopo una conflitto bisogna sempre aspettarsi le conseguenze di esso, e cosa ci ha portato questa guerra? E’ difficile quantificare le molteplicità di danni che questo scontro violento ha arrecato, ma certamente, a parte quelli materiali causati dagli attacchi aerei, i preoccupanti sono quelli psichici di cui soffrirà gran parte del popolo Iracheno, in special modo i bambini, che probabilmente per tutto il resto della loro vita saranno tormentati dal terrore delle bombe, dalle urla disperate della gente in fuga, dalle immagini agghiaccianti d’innocenti dilaniati dai bombardamenti. Sono loro, i bambini, le vere vittime di questa triste guerra.
Un altro danno considerevole che questa conflitto ha, secondo me, provocato, è l’accentuarsi dell’odio dei popoli orientali verso gli occidentali, la probabile loro coalizione futura contro l’occidente, il moltiplicarsi di attentati terroristici, il proliferare delle bombe umane: Kamikaze giovanissimi pronti ad immolarsi per il bene del loro popolo e nel nome di Maometto. Sembra follia, ma non è la guerra una follia?

Ancora danni gravi sono evidenti per il turismo internazionale, infatti, le aziende turistiche devono fare i conti con un maggiore calo di entrate, rispetto gli anni precedenti, poiché sono gli americani e gli inglesi, tra quelli che praticano più turismo, specialmente verso l’Italia.
Per paura di attentati terroristici ai grandi aeroporti, sono presenti maggiori e capillari controlli per prevenire il peggio, ciononostante si viaggia molto meno in aereo.

Naturalmente questa guerra procurerà molta ricchezza e tanto lavoro, bisognerà iniziare la ricostruzione di vaste aree dell’Iraq distrutte, si dovrà riorganizzare ex novo, dal punto di vista politico e sociale, Baghdad e tante altre zone dello Stato. Le industrie Americane riprenderanno con forza a produrre e a crescere economicamente, questo creerà nuovi posti di lavoro e, conseguentemente, tanto guadagno per le nazioni forti.
Io, però, penso che gli States si prefiggevano un altro fine da questa guerra balorda, oltre quello francamente dichiarato di lotta al terrorismo e agli Stati loro sostenitori, quale? Ovviamente mettere le mani sui ricchi giacimenti petroliferi iracheni, secondo produttore mondiale dopo l’Arabia Saudita, a causa del loro noto fabbisogno interno, che li costringe ad importare annualmente un controvalore di miliardi di dollari di petrolio. A questo punto mi chiedo: ma veramente l’essere umano può essere tanto violento e assetato di potere, da fare una guerra con l’unico scopo di moltiplicare la sua potenza o è una giusta ribellione ad un sordido terrorismo? Lasciamo a voi lettori la risposta.