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I
toni scuri della fotografia, quasi in bianco e
nero, introducono, iniziano e accompagnano lo spettatore nel
grigiore, nella pesantezza e nel torpore di un’anima che
soffre. Un uomo, affetto da scizofrenia, soprannominato spider
(il ragno), dimesso dall’ospedale psichiatrico dopo una lunga
degenza, a malappena riesce a raggiungere la pensione-casa di
cura che gli è stata indicata. L’eccezionale Fiemme lo
propone come figura magra, imbottita di panni (ben tre camicie),
curvo sotto il peso dei suoi pensieri, passi lenti, occhi verdi
persi nel vuoto, un continuo rantolo, un sussurro, un lamento
sottile. Per lui è un ritorno nei luoghi del passato in cui
forse si è consumata una tragedia. Le immagini della memoria
sono tante e affluiscono in tutta fretta nella sua povera mente.
Lui è velocissimo a fermarle nel suo quadernetto con scrittura
fitta, nervosa ed incomprensibile. La direttrice della casa è
una donna energica ed autoritaria con gli ospiti. Spider appare
come del tutto incapace di distinguere la realtà dalla
fantasia, le allucinazioni dalle percezioni e vive in questa
grigia confusione di passato e presente fantastico. Lo
spettatore è nella stessa condizione: non è in grado di
stabilire quanto sia realmente accaduto nella vita di quest’uomo
e quanto sia semplicemente delirio ed allucinazione. E’ la
condizione del fruitore di un altro film di alcuni anni fa, L’Australiano,
libero nell’interpretazione e nell’attribuzione di senso.
Nel ricordo allucinato, Spider si rivede bambino, vede la madre,
da lui molto amata ed il padre, ambiguo ed ostile. Rivede anche
se stesso che va nel locale vicino casa a cercare il padre e qui
è turbato da una giovane prostituta, che gli mostra un seno per
prenderlo in giro. Fin qui il ricordo è più o meno plausibile.
Poi Spider rivede il genitore uscire dal locale con la
prostituta, raggiungere un casotto e fare l’amore. La madre,
sopraggiunta, viene uccisa dal padre a colpi di spranga e con l’aiuto
dalla donna viene sotterrata. Scene di grande violenza cui non
sappiamo se realmente Spider ha assistito.
Altre immagini della mente suggeriscono che il bambino ha dovuto
poi subire la presenza inquietante della prostituta in casa,
insediatasi con il titolo di madre. A questo punto si affacciano
immagini terribili, forse peggiori
di quelle |
precedenti:
il bambino costruisce un’insolita tela di ragno, complicato
meccanismo che determina una dispersione di gas ,
provocando la morte della prostituta, che assume tragicamente le
sembianze della vera madre.
Aveva ucciso sua madre, convinto che fosse la prostituta? O sono
tutti ricordi deformati, frutto di allucinazioni della memoria?
Di reale e non fantastico vi è la realizzazione da parte di
Spider di una nuova tela (o forse l’unica mai realizzata), la
cui vittima è la responsabile della casa di cura. E’ scoperto
e portato via. Questo viaggio è stato un po’ per lui un
cammino interiore nelle sue ossessioni; anche negli incontri con
persone reali (un
altro ospite della casa) non c’è comunicazione. L’unico
messaggio non verbale che invia ad un indefinito interlocutore
è il suo disagio. Soliloquio e trascrizione ossessiva di
contenuti allucinati. La dissociazione è totale. Frammenti di
pensieri, di vita reale e di allucinazioni si confondono, si
amalgamano e si appiattiscono in un unico copione che scorre
continuo nella sua mente. E’ per questo che non sa e non può
comunicare con gli altri. E’ bloccato intorno ad alcuni
eventi, non si sa e non importa se reali o fantastici, che lo
confondono e lo ossessionano, che risucchiano il presente e ogni
possibile futuro.
Bello il film, chiarissimo lo stato mentale del soggetto;
inquietante e pericolosa però l’assenza di prospettive
terapeutiche. Nonostante le indubbie qualità artistiche del
romanzo e del film, riappare lo stereotipo del folle - omicida
senza possibilità di recupero.
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