Anno III
Gennaio-marzo 2003 
n. 1-3

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Specchi rotti e lanterne magiche
il mondo della follia al cinema e in televisione
              S p i d e r
  
un uomo affetto da schizofrenia      
di Adele Pisapia

I toni scuri della fotografia, quasi in bianco e nero, introducono, iniziano e accompagnano lo spettatore nel grigiore, nella pesantezza e nel torpore di un’anima che soffre. Un uomo, affetto da scizofrenia, soprannominato spider (il ragno), dimesso dall’ospedale psichiatrico dopo una lunga degenza, a malappena riesce a raggiungere la pensione-casa di cura che gli è stata indicata. L’eccezionale Fiemme lo propone come figura magra, imbottita di panni (ben tre camicie), curvo sotto il peso dei suoi pensieri, passi lenti, occhi verdi persi nel vuoto, un continuo rantolo, un sussurro, un lamento sottile. Per lui è un ritorno nei luoghi del passato in cui forse si è consumata una tragedia. Le immagini della memoria sono tante e affluiscono in tutta fretta nella sua povera mente. Lui è velocissimo a fermarle nel suo quadernetto con scrittura fitta, nervosa ed incomprensibile. La direttrice della casa è una donna energica ed autoritaria con gli ospiti. Spider appare come del tutto incapace di distinguere la realtà dalla fantasia, le allucinazioni dalle percezioni e vive in questa grigia confusione di passato e presente fantastico. Lo spettatore è nella stessa condizione: non è in grado di stabilire quanto sia realmente accaduto nella vita di quest’uomo e quanto sia semplicemente delirio ed allucinazione. E’ la condizione del fruitore di un altro film di alcuni anni fa, L’Australiano, libero nell’interpretazione e nell’attribuzione di senso.
Nel ricordo allucinato, Spider si rivede bambino, vede la madre, da lui molto amata ed il padre, ambiguo ed ostile. Rivede anche se stesso che va nel locale vicino casa a cercare il padre e qui è turbato da una giovane prostituta, che gli mostra un seno per prenderlo in giro. Fin qui il ricordo è più o meno plausibile. Poi Spider rivede il genitore uscire dal locale con la prostituta, raggiungere un casotto e fare l’amore. La madre, sopraggiunta, viene uccisa dal padre a colpi di spranga e con l’aiuto dalla donna viene sotterrata. Scene di grande violenza cui non sappiamo se realmente Spider ha assistito.
Altre immagini della mente suggeriscono che il bambino ha dovuto poi subire la presenza inquietante della prostituta in casa, insediatasi con il titolo di madre. A questo punto si affacciano immagini terribili, forse
peggiori di quelle

precedenti: il bambino costruisce un’insolita tela di ragno, complicato meccanismo che  determina una dispersione di gas , provocando la morte della prostituta, che assume tragicamente le sembianze della vera madre.
Aveva ucciso sua madre, convinto che fosse la prostituta? O sono tutti ricordi deformati, frutto di allucinazioni della memoria? Di reale e non fantastico vi è la realizzazione da parte di Spider di una nuova tela (o forse l’unica mai realizzata), la cui vittima è la responsabile della casa di cura. E’ scoperto e portato via. Questo viaggio è stato un po’ per lui un cammino interiore nelle sue ossessioni; anche negli incontri con persone
reali (un altro ospite della casa) non c’è comunicazione. L’unico messaggio non verbale che invia ad un indefinito interlocutore è il suo disagio. Soliloquio e trascrizione ossessiva di contenuti allucinati. La dissociazione è totale. Frammenti di pensieri, di vita reale e di allucinazioni si confondono, si amalgamano e si appiattiscono in un unico copione che scorre continuo nella sua mente. E’ per questo che non sa e non può comunicare con gli altri. E’ bloccato intorno ad alcuni eventi, non si sa e non importa se reali o fantastici, che lo confondono e lo ossessionano, che risucchiano il presente e ogni possibile futuro.
Bello il film, chiarissimo lo stato mentale del soggetto; inquietante e pericolosa però l’assenza di prospettive terapeutiche. Nonostante le indubbie qualità artistiche del romanzo e del film, riappare lo stereotipo del folle - omicida senza possibilità di recupero.