Anno III
Gennaio-marzo 2003 
n. 1-3

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Il  CIPE  e  l'ASL  Salerno  1
Un progetto miliardario per l’inserimento sociale
dei disagiati psichici a Nocera
di Giuseppe Della Monica

Soldi. Perle. Gocce d’acqua in un deserto buio, fiducia per chi naviga nella notte.
Citando Freud, il dr. Matteo Forte ricorda, su <<Schizzo>>, periodico riabilitativo dell’ASL Salerno 1, che l’uomo sano è quello "capace di amare e di lavorare".
Viene voglia di domandarsi perché certi progetti qui da noi non vengono approvati, ma anche solo ideati. Quali?
Il CIPE, il comitato interministeriale programmazione economica, ha stanziato un miliardo di vecchie lire a favore dell’Asl Salerno 1, per progetti riabilitativi destinati a disagiati psichici, che li ha spesi con maestria. E questa è la notizia. Ma c’è da approfondire, ne vale la pena.
Alla Salerno uno, che ha sede a Nocera, hanno innanzi tutto un’unità specifica per il reinserimento lavorativo dei propri utenti. Sono

stati organizzati dei corsi per la grafica e l’editoria computerizzata, arte presepiale, ceramica e per il restauro di libri antichi. E sono state mobilitate le energie presenti sul territorio, dall’abbazia benedettina ai più noti e validi artisti della zona, passando per il Patto Territoriale dell’Agro sarnese-nocerino, che ha messo a disposizione venti borse-lavoro per i pazienti coinvolti (altre tre le ha offerte il comune di Sarno).
Ovviamente è stata monitorata anche l’evoluzione clinica dei pazienti, ed anche qui i risultati sono stati incoraggianti, un calo dei ricoveri di oltre il 20 per cento.
La chicca di tutta l’operazione è stata però il reperimento dei locali per ospitare l’iniziativa: con un pizzico di sana narcisistica
stati riutilizzati alcuni locali dell’ex manicomio, un vero e proprio calcio nei denti alla follia ed allo stigma."Il reinserimento dei pazienti psichiatrici è una realtà" sottolinea


il dr. Ferraioli, direttore generale della Salerno 1. I pazienti in trattamento della SA 1 forse non sono ancora in grado di amare e lavorare. Ma lo saranno presto.
Il futuro, in fondo, è uguale per tutti.



essere
sfortunati

di

Elisabetta Mattiucci

Già dai tempi più remoti l’uomo ha sempre cercato di essere perfetto, non tollerando la malattia e l’invalidità. Il disabile, il deforme e il non intelligente erano usati, scherniti emarginati o addirittura uccisi. Questa modalità di usare e sopprimere i malati mentali con esperimenti scientifici fu perseguita anche da Hitler: pare secondo alcune fonti che egli avesse paura del dolore fisico. Questa è cattiveria pura, celata dietro ad un concetto o un ideale dell’uomo perfetto. Purtroppo basta poco per diventare figli di un Dio minore per causa ad esempio di una malattia, un incidente, per droga o per depressione.
Quello che voglio dire è che nella vita di tutti i giorni ci sono ostacoli sia per la persona sana, sia per quella malata, solo che essi possono

essere facilmente superati dai primi, mentre per gli altri tutto è più difficile; per quest’ultimi ci vuole più amore, cure e soprattutto un buon supporto psicologico in strutture adeguate ed idonee a garantire quello di cui necessitano, oltre al calore della famiglia e alla forza dell’amicizia.
Solo allora "il diverso", come un bimbo che deve compiere i primi passi, si sentirà più sicuro e forte, quindi potrà imparare a camminare e a correre verso il futuro soltanto con la sua forza d’animo ed essere in grado di saper gestire se stesso, comprendendo quanto sia capace di fare con e senza l’aiuto degli altri.
Come una madre amorevole che infonde fiducia al proprio bimbo incerto, così la forza