Anno III
Gennaio-marzo 2003 
n. 1-3

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Latte alla diossina
di Antonella Tarotto

Se pensavate di alimentarvi in modo sano eliminando semplicemente la carne bovina, bianca e suina vi sbagliavate di grosso! È proprio così: dopo la " Mucca pazza", i "Polli stressati" e i "Maiali impazziti" si fa risentire l’allarme diossina. A distanza di un anno si ripresenta questo fenomeno proprio qui in Campania, danneggiando il nostro latte e i suoi derivati.
Ma che cos’è la diossina?E’un composto chimico estremamente nocivo per l’uomo e gli esseri viventi. Questa sostanza chimica è un sottoprodotto dei processi di produzione, utilizzazione e smaltimento del cloro e dei suoi derivati. Essa può essere facilmente trasportata dalle correnti atmosferiche e dai corsi d’acqua, anche a grandi distanze, per cui la sua degradazione è molto lenta: può durare decenni o addirittura secoli. L’esposizione dell’uomo alla diossina può avvenire direttamente per inalazione, vedi la nube tossica di Seveso, o indirettamente attraverso la catena alimentare ingerendo cibo contaminato.
Studi recenti hanno dimostrato che gli effetti nocivi di tale sostanza sono molteplici, comprendendo sia la fase embrionale, prenatale e postnatale dello sviluppo dell’uomo. Si sono osservati, infatti casi di mortalità prenatale, riduzione della crescita e alterazione del sistema nervoso centrale, mutamenti funzionali, legati soprattutto a variazioni nel livello di testosterone, ormone fondamentale per la riproduzione.
Ritornando all’allarme, esso colpisce alcuni allevamenti in provincia di Caserta e Napoli. Infatti dai quotidiani siamo stati informati che sono stati riscontrati livelli di diossina di gran lunga superiori a quelli consentiti dalla legge. Antonio Bassolino, governatore della regione Campania, assicura che il latte contaminato è stato distrutto e che si muoveranno per mettere sotto sequestro le aziende colpite dall’inquinamento.
Legambiente ci ricorda che l’ultimo allarme diossina si è verificato appena un anno fa sempre in Campania. Gli esperti hanno riscontrato relazioni tra la contaminazione degli animali e la presenza di discariche tossiche. E’ sotto l’occhio di tutti la contaminazione ambientale di queste zone in cui l’ecomafia, purtroppo, ha infestato il territorio con veleni, pesticidi e depositi di scarti delle lavorazioni industriali. Sono in corso le indagini della magistratura di Santa Maria Capua Vetere che auspichiamo assicurino, in breve tempo, i responsabili alla giustizia.

Come riconoscere
il pesce fresco

Consigli del pescatore

1. L’odore deve essere tenue e marino, non acre e sgradevole.
2
. L’aspetto generale deve essere brillante e iridescente, non dai colori smorti e senza riflessi.
3
. Il corpo deve essere rigido, mai molle e flaccido.
4
. Le squame devono rimanere aderenti.
5
. La pelle deve avere i colori vivaci, non spenti.
6
. L’occhio deve essere in fuori, avere la cornea trasparente e la pupilla nera. Non deve essere infossato nell’orbita, avere la cornea lattiginosa e la pupilla grigia.
7
. Le branchie devono essere rosee o rosso sangue e prive di muco, non giallastre e mucolattiginose.
8
. Le carni devono essere compatte, elastiche e prive di muco. Mai molli e lattiginose.


P
esce inquinato
di Sabatino Falanga

Tutti quelli che hanno mirato, per la loro alimentazione, su un maggior consumo di pesce, magari per limitare i rischi del morbo Mucca Pazza, hanno dovuto ricredersi per le allarmanti rilevazioni scientifiche (Il Correre della Sera, 17-04-2001, interni) relative al riscontro di una forte concentrazione di diossina, sia nel pesce di allevamento, sia in quello di mare.
La Commissione dell’Unione Europea ha lanciato un allarme evidenziando gli effetti tossici provocati dalla diossina sull’uomo. La diossina causa malattie della pelle, abbassamento delle capacità riproduttive, diabete, disordini comportamentali, ecc.
La maggior concentrazione di diossina è stata rilevata nei mari del Nord a causa della forte industrializzazione metallurgica, cartacea e di fertilizzanti. Il nostro Paese, poiché importa circa il 60 % dei prodotti ittici proprio da queste zone, risente fortemente di questo problema.
La sicurezza che ci poteva dare il pesce d’allevamento, che veniva sottratto dall’inquinamento marino, è venuta a mancare, perché tale è stato nutrito con farina di pesce in maggior parte proveniente dai
mari nordici.
L’Italia per limitare i danni, per rassicurare i consumatori e i commercianti ha avviato una serie di validi controlli, determinando la nascita del pesce biologico e garantito. Promotori di questa iniziativa sono l’Uniprom (l’insieme delle associazioni nazionali della pesca che promuovono l’itticoltura) e l’Università di Parma e di Tor Vergata. Effettuando i controlli lieviterà il costo del prodotto, ma questi consentiranno di far arrivare sulle nostre tavole un pesce doc.