Signor
Freud mi dica: perchè la
guerra...?
di Stefania Iele |
casa di mia madre rovistavo tra gli oggetti
appartenenti al mio passato di figlia di famiglia. I pensieri che
vi ho trovato sono stati una piacevole riscoperta che non ho
esitato a comunicare ai miei alunni, facendone anche lo spunto per
un dibattito.
In sintesi, essi affermano che il vivere civile impone all’uomo
il rifiuto psicologico della guerra, poiché essa non ha
giustificazione né intellettuale, né affettiva; che bisogna
ribellarsi contro di essa perché, oltre a comportare delle
degradazioni estetiche, quali la perdita di patrimoni artistici e
naturali, è anche portatrice di crudeltà.
Il rifiuto della guerra per gli uomini del nostro mondo dovrebbe
essere assoluto o, come dice Freud "costituzionale"; se
infatti nel passato essa serviva a scaricare l’aggressività
dell’uomo in modo organizzato, oggi è diventata il pretesto per
il genocidio, per la soppressione sistematica della specie. La
paura dello psichiatra viennese si riferiva soprattutto alla
guerra nucleare, ma non bisogna essere degli scienziati per capire
che oggi la distruzione dell’essere umano non è legata solo al
pericolo atomico. Freud, nonostante fosse ebreo e quindi temesse
per la sua gente, si augurava però che nel futuro le schiere dei
pacifisti potessero ingrandirsi sempre di più e che le guerre
potessero avere fine; dal momento che oggi come allora "tutto
ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la
guerra". |
Ho
cercato, soprattutto in questi giorni, di fare appello alla mia
esperienza di donna e di insegnante, per rispondere alle domande
che tutti ci poniamo di fronte allo spettacolo terribile della
guerra.
Non è solo questo conflitto in atto, tra Usa e Iraq, ma lo sono
in generale tutti le battaglie del mondo, presenti o passati, a
suscitare in noi esseri civili disorientamento e stupore. Ad aggravare
poi la nostra condizione psicologica, c’è anche la
spettacolarizzazione della guerra, il Non
posso fare altro che condividere |
queste speranze, come donna, come insegnante,
come madre. fatto cioè che essa sia costantemente sotto i nostri
occhi, attraverso la televisione, il che rende difficile la sua
pensabilità o anche il solo discuterne.
Nelle famiglie italiane, europee e mi auguro anche statunitensi ed
irachene, si assiste al paradosso per cui chi è contro la guerra,
lo afferma litigando con i propri parenti o amici di opinione
contraria. Ho provato a sottrarmi a queste dispute da dopocena,
talvolta riuscendoci, altre volte lasciandomi imbrigliare nei
lacci della contesa appassionata e allora ho capito che farsi
guidare da un parere autorevole, può servire a rischiarare la
confusione in cui viviamo adesso.
Per me che ho scelto la psicologia come seconda (non in ordine di
importanza) attività, è di guida l’opinione che Sigmund Freud,
il padre della psicoanalisi, espresse sulla guerra in un carteggio
tenuto con Albert Einstein nel 1932. Ho trovato questo piccolo
libro,occasione della mia laurea, mentre a regalatomi da un amico
in |
La
guerra
La riflessione di un
solista librofilo
Nel
nostro secolo la guerra non è un fatto superato. Considerando le
atrocità del nazifascismo e i conflitti nel terzo mondo, voluti
da governanti assetati di potere, e il superamento dei
contrapposti blocchi ideologici delle due ex superpotenze
mondiali, si può affermare che oggi rimangono solo le guerre con
finalità economiche, che sono ancora più sanguinose e senza
sbocchi.
In sostanza voglio affermare un principio: guardando al passato è
inconfutabile che la guerra di per sé è sciocca, perché dopo
bisogna ricostruire quello che si è distrutto, questo in Paesi
che sono già poveri. Quindi, non essendo katanghista, come dice
Indro Montanelli, cioè povero di principi democratici, sento di
poter affermare che una sola potenza globale è un’irresponsabile
minaccia per il bene dell’umanità, che è in tal modo costretta
a stare sempre con o contro di essa.
Dividendosi e non cooperando per abolire, in questo nuovo secolo,
la fame e la sete nel terzo mondo, gli uomini inseguono il
vessillo dell’ingiustizia sociale e della sopraffazione. Diceva
lo scrittore-regista Cesare Zavattini, provocatoriamente in suo
film, che i poveri sono pazzi. Io affermo che i poveri sono
disperati per l’afflizione della fame e per tutte le sue nefaste
conseguenze, verificatesi sotto gli occhi distratti dei sempre
più pochi ricchi. |
La
pace
Il pensiero
di un
fanciullo
e di
sua madre
Io credo che
il fine ultimo della storia, spesso dimenticato o non compreso
dall’uomo, è quello d’insegnare a non commettere gli stessi
errori: primo tra tutti la guerra. Essa non ha mai risolto nulla
e, anzi, ha sempre e solo portato morte e distruzione. Oggi, anche
se le guerre continuano ad esistere, sempre più persone si
uniscono in un unico grido di pace. Essa non deve essere un’utopia,
un miraggio irraggiungibile, uno sterile augurio, ma l’obiettivo
da raggiungere, un sogno da realizzare per vivere bene in
comunità e ristabilire un equilibrio tra tutti i popoli.
Anche la Chiesa, durante la funzione liturgica, c’invita alla
pace, con una semplice stretta di mano, simboleggiante l’amore,
la fratellanza, il rispetto per l’altro, e ci accomuna in catena
d’unione.
Un’altro valido insegnamento ci viene dai bambini, che nella
loro innocente purezza, cercano di farci capire i nostri sbagli e
le loro conseguenze con il loro comportamento semplice
e genuino e con delle risposte chiare e rivelatrici.
Io ho la fortuna di avere un bambino: si chiama Raffaello ed ha
otto anni. |
Discutendo
con lui su ciò che in questi giorni sta avvenendo in Iraq, gli ho
chiesto cosa pensasse della guerra e della pace. Con la
semplicità che può avere solo un fanciullo, mi ha risposto:
<<La guerra è morte, distruzione e serve solo per mietere
vittime, mentre la pace è lo spirito che abbraccia tutto il
mondo>>.
Allora mi domando: perché, solo per una volta, noi adulti non
proviamo ad ascoltarli, a seguire il loro pensiero e a nutrire la
loro stessa speranza in un mondo migliore?
I bambini c’inse-gnano che l’unica battaglia giusta che vale
la pena combattere è quella contro la guerra. Solo così un
giorno, speriamo non troppo lontano, la pace nel mondo potrà
essere vincente con un unico grande abbraccio d’amore.
Maria Pasqua Di Donna |