Anno II n. 10-12 Ottobre-dicembre 2002 

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IL TERRITORIO 
GLI STABIESI ILLUSTRI
di Nunzio Calendo

Il
castello

di Caterina Lombardi


Fu eretto a difesa di una fontana detta “Fontana Grande”; da esso, detto “Castrum ad mare Stabiis”, prese il nome la città. Il primo documento storico che lo nomina risale al XI secolo.
Costruito per volere dei Duca di Sorrento come fortezza, è stato più volte adattato e trasformato nel corso dei secoli. È detto “angioino”, ma è invece di stile tipicamente medioevale. Le sue vicende sono strettamente legate a quelle della città stessa. Nel 1461. durante la congiura dei Baroni, difese Castellammare dal duca di Amalfi. Durante il conflitto franco-spagnolo la città fu distrutta, e poi ricostruita per volere di Carlo V. Il Castello subì vari attacchi, e nel ‘700 era ormai un rudere, sfruttato come cava di materiali da costruzione. Fu ricostruito solo nel 1931; distrutto ancora nel secondo conflitto mondiale, è stato restaurato nel 1956, in base alla pianta originaria.

Gli Stabiesi furono rinomati ed eccellenti in ogni stagione, così nella gloria delle armi, come delle lettere, in dignità ecclesiastiche, in santità ed ogni "laudabil cosa", scriveva, nel 1740 padre Serafino de Ruggeri.     
Citeremo solo alcuni di questi numerosissimi personaggi e delle loro opere che , nel corso dei secoli hanno dato lustro alla  città di Castellammare di Stabia.

Giuseppe Bonito,
terzo di 12 figli, nacque a Castellammare nel 1707. Fin da bambino mostrò di essere molto dotato per il disegno e fu inviato a Napoli a studiare presso i maestri dell’epoca, fra i quali il Solimene. Il primo lavoro importante gli fu commissionato nel 1737 da Carlo III di Borbone, per la chiesa della “Graziella”.
Nel 1742 raggiunse la notorietà grazie ai ritratti degli ambasciatori di un sultano turco, in visita a Napoli. Queste tele sono ora conservate nel palazzo Reale di Napoli. Bonito affrescò anche la volta della Chiesa di Santa Chiara, distrutta però dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Di questa sua opera restano solo alcuni frammenti
.
Nel 1765 fu nominato Direttore dell’Accademia di Disegno e Nudo di Napoli. Ottenne numerose onorificenze per la sua opera di pittore di corte anche se non divenne mai ricco. Si spense nel 1789.

Delle sue opere una sola è conservata a Castellammare, per una serie di circostanze fortuite: il quadro “Gesù consegna le chiavi a Pietro”, attualmente nella Cappella del Battistero del Duomo di Castellammare.  

Luigi Denza, nacque a Castellammare di Stabia nel 1846. Compì gli studi a Napoli, trasferendosi poi a Londra, per affinare la propria preparazione.

 Era un periodo molto felice per i musicisti italiani e un’epoca feconda nel campo della musica vocale da camera, di cui Denza era appassionato. Fu molto apprezzato ed amato nella società londinese per la profondità della cultura e per i modi da gentleman. Le sue opere, ispirate alla musicalità del suo paese, lo portarono a dirigere la London Academy of Music e ad insegnare canto alla Royal Academy. Tra le numerose e validissime composizioni, quella che maggiormente lo rese famoso e lo mantiene vivo e attuale ancor oggi, fu la canzone “Funiculì Funiculà”, nota in tutto il mondo come simbolo dell’allegria e della vivacità del popolo napoletano.
Raffaele Viviani
, figlio d’arte nacque a Castellammare di Stabia nel gennaio 1888.I genitori erano artisti di teatro e a soli quattro anni il piccolo Raffaele seguì le loro orme, cominciando una carriera che doveva portarlo ai massimi vertici del teatro e del cinema in Italia e nel mondo. L’atto unico “O’ vico”, ancor oggi rappresentato, fu la prima opera di grande successo, e gli valse l’ammirazione di personaggi quali Scarpetta, Bracco, Di Giacomo, Gemito, Serao.
Negli anni ’30 fu chiamato a lavorare nel cinema per la regia di Alessandro Blasetti. Recitò nei maggiori teatri italiani e mondiali, richiesto ovunque dai principali artisti dell’epoca. Negli anni del fascismo dovette resistere alle proibizioni del dialetto; non si arrese, anzi incrementò la dedizione al mondo napoletano interpretando con successo la figura di pulcinella, che fu da lui riportata agli splendori del tempo di Antonio Petito, creatore della maschera.
Per motivi di salute concluse la carriera pubblica nel 1945, continuando però a scrivere poesie e commedie fino alla morte, avvenuta a Napoli nel marzo 1955.