IL TERRITORIO
GLI
STABIESI ILLUSTRI
di Nunzio Calendo |
Il
castello
di Caterina Lombardi

Fu
eretto a difesa di una fontana detta “Fontana Grande”; da
esso, detto “Castrum ad mare Stabiis”, prese il nome la città.
Il primo documento storico che lo nomina risale al XI secolo.
Costruito per volere dei Duca di Sorrento come fortezza, è stato
più volte adattato e trasformato nel corso dei secoli. È detto
“angioino”, ma è invece di stile tipicamente medioevale. Le
sue vicende sono strettamente legate a quelle della città stessa.
Nel 1461. durante la congiura dei Baroni, difese Castellammare dal
duca di Amalfi. Durante il conflitto franco-spagnolo la città fu
distrutta, e poi ricostruita per volere di Carlo V. Il Castello
subì vari attacchi, e nel ‘700 era ormai un rudere, sfruttato
come cava di materiali da costruzione. Fu ricostruito solo nel
1931; distrutto ancora nel secondo conflitto mondiale, è stato
restaurato nel 1956, in base alla pianta originaria. |
Gli Stabiesi
furono rinomati ed eccellenti in ogni stagione, così nella gloria
delle armi, come delle lettere, in dignità ecclesiastiche, in
santità ed ogni "laudabil cosa", scriveva, nel 1740
padre Serafino de Ruggeri.
Citeremo solo alcuni di questi numerosissimi personaggi e
delle loro opere che , nel corso dei secoli hanno dato lustro alla
città di Castellammare di Stabia.
Giuseppe Bonito, terzo di 12 figli, nacque a Castellammare nel 1707. Fin da
bambino mostrò di essere molto dotato per il disegno e fu inviato
a Napoli a studiare presso i maestri dell’epoca, fra i quali il
Solimene. Il primo lavoro importante gli fu commissionato nel 1737
da Carlo III di Borbone, per la chiesa della “Graziella”.
Nel 1742 raggiunse la notorietà grazie ai ritratti degli
ambasciatori di un sultano turco, in visita a Napoli. Queste tele
sono ora conservate nel palazzo Reale di Napoli. Bonito affrescò
anche la volta della Chiesa di Santa Chiara, distrutta però dai
bombardamenti della seconda guerra mondiale. Di questa sua opera
restano solo alcuni frammenti.
Nel 1765 fu nominato Direttore dell’Accademia di Disegno e Nudo
di Napoli. Ottenne numerose onorificenze per la sua opera di
pittore di corte anche se non divenne mai ricco. Si spense nel
1789.
Delle sue opere una sola è conservata a Castellammare, per una
serie di circostanze fortuite: il quadro “Gesù consegna le
chiavi a Pietro”, attualmente nella Cappella del Battistero del
Duomo di Castellammare.
Luigi
Denza,
nacque
a Castellammare di Stabia nel 1846. Compì gli studi a Napoli,
trasferendosi poi a Londra, per affinare la propria preparazione.
|
Era
un periodo molto felice per i musicisti italiani e un’epoca
feconda nel campo della musica vocale da camera, di cui Denza era
appassionato. Fu molto apprezzato ed amato nella società
londinese per la profondità della cultura e per i modi da
gentleman. Le sue opere, ispirate alla musicalità del suo paese,
lo portarono a dirigere la London Academy of Music e ad insegnare
canto alla Royal Academy. Tra le numerose e validissime
composizioni, quella che maggiormente lo rese famoso e lo mantiene
vivo e attuale ancor oggi, fu la canzone “Funiculì Funiculà”,
nota in tutto il mondo come simbolo dell’allegria e della
vivacità del popolo napoletano.
Raffaele Viviani, figlio
d’arte nacque a Castellammare di Stabia nel gennaio 1888.I
genitori erano artisti di teatro e a soli quattro anni il piccolo
Raffaele seguì le loro orme, cominciando una carriera che doveva
portarlo ai massimi vertici del teatro e del cinema in Italia e
nel mondo. L’atto unico “O’ vico”, ancor oggi
rappresentato, fu la prima opera di grande successo, e gli valse
l’ammirazione di personaggi quali Scarpetta, Bracco, Di Giacomo,
Gemito, Serao.
Negli anni ’30 fu chiamato a lavorare nel cinema per la
regia di Alessandro Blasetti. Recitò nei maggiori teatri italiani
e mondiali, richiesto ovunque dai principali artisti dell’epoca.
Negli anni del fascismo dovette resistere alle proibizioni del
dialetto; non si arrese, anzi incrementò la dedizione al mondo
napoletano interpretando con successo la figura di pulcinella, che
fu da lui riportata agli splendori del tempo di Antonio Petito,
creatore della maschera.
Per motivi di salute concluse la carriera pubblica nel 1945,
continuando però a scrivere poesie e commedie fino alla morte,
avvenuta a Napoli nel marzo 1955. |