Anno II n. 10-12 Ottobre-dicembre 2002 

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SPECCHI ROTTI E LANTERNE MAGICHE
La stanza del figlio
di Adele Pisapia

accompagnamento della ragazza e di un suo amico al confine francese. E’ un andare nella notte del dolore, zitti, uniti e senza chiedersi il perché.  ragazzi, il guardare il mare all’alba fa tenerezza e rassicura. E’ una sorta di autoterapia spontanea della famiglia.
La sua reazione al lutto è fin troppo equilibrata. E’ incredibile la reazione del padre: non “va fuori”, solo interrompe le terapie. Sopporta adeguatamente le sollecitazioni della moglie, che pur nella sua compostezza, è quella che forse dà più l’impressione di non farcela.  Lo psicologo non sembra un personaggio “morettino” da cui ci si aspetterebbe un uscire di sé, una chiusura quasi autistica o un andare in escandescenze. Mantiene un apparente equilibrio, attento com’è alle cose e alle persone che lo circondano. Il personaggio della figlia allo stesso modo mantiene una sua dignità nel lutto, apparendo solo come sorella addolorata.
Analizziamo ora un’altra famiglia colpita dalla perdita di un figlio, quella di Gente comune. L’elemento più fragile qui è il figlio, sopravvissuto ad una tragedia consumatasi anche in questo caso in mare. Il giovane è depresso, tenta il suicidio, va in terapia. Il rapporto terapeutico è molto intenso e significativo. Ma lo sguardo va poi alla madre che mantiene le abitudini della sua tranquilla vita borghese. Ciò che stupisce è la sua disaffezione interiore verso il figlio e il marito. La sua attenzione alle forme ce la mostra come un guscio vuoto. E’ come se avesse fatto una grossa operazione di taglio dalla sua vita di un evento luttuoso così sconvolgente (era legatissima al figlio che è morto) e al contempo avesse investito la famiglia, in particolar modo il figlio superstite, di tutte le energie negative del dolore inespresso, sedimentato nella sua anima e che negli anni è diventato un buco nero. A differenza de La stanza del figlio che rappresenta l’evento ed il lutto nel suo primo manifestarsi, qui la perdita del figlio è avvenuta anni prima e da allora i rapporti tra i familiari, soprattutto quello tra madre e figlio, si sono cristallizzati.
La relazione invece tra padre e figlio appare più suscettibile di cambiamento e più sana: è qui che c’è da costruire. Tra madre e figlio d’altro canto la comunicazione interrotta da tempo non può essere ripristinata, almeno nell’immediato. C’è bisogno di una separazione e di molto tempo;  poi forse si potrà ricominciare.

Pietà di Michelangelo

Qualcosa di simile… si parva licet componere magna)

Sulla scia dei films che  “umanizzano” la figura del terapeuta, La stanza del figlio torna a narrare,  vissuti, difficoltà e  problematiche psicosociali concernenti questa figura professionale, esasperandoli. Qui c’è un evento che sconvolge e spezza irrimediabilmente la routine quotidiana del terapeuta, scandita dalle sedute terapeutiche, dalle corse mattutine, dall’incontro abbastanza sereno con i familiari.  E’ la morte del figlio. Per una strana, ma tanto verosimile fatalità, lo psicologo deve rinunciare un giorno alla corsa domenicale con il figlio, perché è chiamato da un paziente che ha scoperto di essere affetto da tumore. Il figlio decide così quella domenica di  andare con gli amici a fare pesca subacquea e per un tragico incidente non ne fa più ritorno. Ora la morte di un figlio non è un problema con cui ci si può confrontare o comunque convivere. Non è un lutto cui ci si può rassegnare: c’è una  buona o una cattiva elaborazione di esso, come avviene per gli altri lutti, ma non ci si rassegna mai. Non si può pensare di sopravvivere ad un figlio, forse perché egoisticamente esso partecipa alla propria idea di immortalità, è una parte di sé che deve continuare.
Alcuni genitori, come per altri lutti, reagiscono “buttandosi” affannosamente nelle cose da fare, i funerali prima o, se si tratta di morte violenta  in circostanze poco chiare, negli accertamenti e nelle eventuali denunce del caso, poi nel lavoro. Ma  se il lavoro consiste nel condurre le persone in difficoltà a rileggere la propria condizione, i propri rapporti e

a cambiare, e se il ‘traghettatore’ sente che è lui che in questo momento  deve dare una rilettura della sua vita e  cambiare, allora le psicoterapie vanno interrotte. Oltretutto è molto difficile per lo psicologo fare terapia al paziente che è stato la causa involontaria della morte del figlio: nella sua mente questa persona è irrimediabilmente associata al figlio, in sua presenza si distrae e non riesce a lavorare. Lasciare questa terapia significa per lui lasciare anche tutte le altre; adesso lo aspetta un lavoro molto più faticoso: quello su se stesso, sulla moglie, sulla figlia e sulle loro relazioni. Non c’entra qui la sua professione, fa quello che  fanno anche altri che sono colpiti dallo stesso tipo di lutto, l’unica differenza è che lui probabilmente è un po’ più consapevole.
 Tipico è il riesame delle circostanze in cui è avvenuta la disgrazia (va in un negozio dove si vendono accessori per sub e si informa sul pezzo che avrebbe provocato la morte del figlio); tipica è l’attenzione forse mai troppo prestata agli interessi del figlio (chiede ad un commerciante che conosceva il ragazzo quale CD musicale sarebbe piaciuto al figlio e lo compra quasi come se avesse potuto regalarglielo); tipico l’attaccamento di tutti i familiari, ma in particolar modo della madre, a persone che hanno avuto a che fare, anche se per un solo giorno, con il figlio. Pensiamo alla ragazza che lo aveva conosciuto l’ultimo giorno di campeggio dell’estate passata e che, credendolo ancora in vita gli spedisce una lettera. E’ una nuova speranza per la madre, speranza di sapere qualcosa di nuovo o anche di afferrare qualcosa di ancora vivo del figlio. Così come la stanza del figlio, i suoi panni, le sue cose, la ragazza assume agli occhi della madre, ma anche del padre e della sorella , quasi una sacralità. E’ come se desse accesso ad un mondo, quello del figlio, tutto sommato sconosciuto e ormai perduto. Tutte le sue cose e la ragazza portano l’impronta, la traccia di un passaggio, di uno scambio ancora vivo, che racconta di lui. E così la famiglia si stringe intorno a lei, testimone involontaria del figlio, in un viaggio apparentemente senza senso di