Anno II
n. 1 - Gennaio 2002 

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arte 
e cultura

Le ombre

di Raffaele Iovine

Le ombre di Francesca da Rimini e di Paolo Malatesta appaiono a Dante e a Virgilio. Il pittore s’ispira al quinto canto della Divina Commedia. Le figure abbracciate dei due amanti dominano con il loro andamento orizzontale la composizione, mentre i due poeti, sono rilegati a destra, nell’ombra degli inferi.
Ary Scheffer, fu uno dei pittori più colti del XIX secolo, spesso trasse ispirazione da poemi letterari di Dante, Goethe, Byron e
Shakespeare. Negli ultimi anni della sua carriera si dedicò con maggiore impegno a una pittura intesa com

"Le ombre" (olio su tela 171x239 cm) - Parigi Museo del Louvre - Scheffer Ary, pittore olandese,1855

e espressione dell’idea pura. Scheffer rinunciò alla seduzione della apparenza e ai giochi dei colori per  ottenere una trasparenza della materia, sempre molto sensuale, che gli valse un grande successo.

Specchi rotti e lanterne magiche 
di Adele Pisapia
Il mondo della
follia     a cinema
ed in
t
elevisione

denunciare il ruolo di "induzione" di eventi reali, più che registrazione di  essi, rivestito in taluni casi dai mass-media, indipendentemente dalle intenzioni di chi passa i messaggi.
Un professore universitario "impazzisce" alla vista della morte violenta dell’amata moglie, avvenuta in un locale di moda per opera di un folle-omicida, che uccide complessivamente ben sette persone. Sopravvissuto in malo modo alla tragedia, vive una vita da mendicante ai margini della città e si erge a difensore dei deboli e dei derelitti, con continue allucinazioni (un cavaliere rosso, con tanto di lancia medioevale, lo insegue per tutta la città) che inframmezzano le fasi di questa strana, nuova "normalità", cui si alternano fasi di stupore catatonico. Parallela a questa, la storia dello speaker radiofonico, che avrebbe in qualche modo indotto la strage: conduceva un programma di successo, elargendo indiscriminatamente e pericolosamente consigli spiccioli e di "rottura" ad ascoltatori senza volto, afflitti da un qualche problema, in diretta telefonica. Comincia anche per lui la china: sconvolto dalla notizia dell’inutile massacro, perseguitato dai sensi di colpa, perde il lavoro importante e si adagia in una vita che in fondo non è la sua.
Dopo un incontro casuale con il professore-mendicante, ne scopre l’identità, cerca di liberarsi del suo senso di colpa, ma si stabilisce tra i due un rapporto di solidarietà, che trascende il semplice dovere. Il film richiama l’attenzione, inoltre, sulla delicata e difficile interazione che si stabilisce tra mass-media (in questo caso la radio) e fasce di utenza, particolarmente deboli, dal punto di vista psichico.

La volta scorsa a proposito di normalità del
la follia si è parlato del film di Nanni Moretti Bianca.Un altro film, questa volta americano, che possiamo prendere ad esempio di prodotto che rappresenta la follia in una prospettiva di normalità è "Un giorno di ordinaria follia".

Un giorno di ordinaria follia

Esemplificazione dell’uomo "normale", che si trasforma, per una serie di eventi (licenziamento, separazione forzata dalla moglie e dalla figlia, giorno di caldo e di "follia" metropolitana), in un pazzo - omicida. Il suo viaggio di "ritorno a casa" è costellato dall’incontro con una serie di personaggi "normali" (coreano in un supermarket, che vende i suoi prodotti a prezzi incredibilmente elevati; due ragazzi negri, che appena viene attraversato "il proprio territorio", si armano di mitra contro i malcapitati ed ignari trasgressori; nazista, proprietario di un negozio di scarpe, nel cui retrobottega, nasconde una vera e propria armeria ecc.). Rigidità, spersonalizzazione,

            

mancanza di solidarietà, intolleranza, violenza è quanto anima una città "impazzita". Superato un punto di non ritorno, il protagonista del film diviene una sorta di giustiziere metropolitano che è a sua volta violento ed intollerante, furia omicida. Eppure lui vuole solo tornare a casa, dalla (ex) moglie e dalla bambina, vuole solo il calore del nucleo familiare, il mondo-significato, il suo centro, ormai perso per sempre, nell’inutile viaggio a piedi attraverso la metropoli.

La leggenda del re pescatore

Lo stereotipo del folle - omicida riaffiora in un film di buon livello quale La leggenda del re pescatore (1991), ma non ha gran rilievo nell’economia del racconto; è solo l’evento da cui prende origine la storia e che serve a