Alla
ribaltatre illustri clinici Rotelli
al nostro microfono

Professor
Rotelli cosa si è portato nella valigia da Trieste e da
Puertallegre?
Mi sono
portato la consapevolezza che bisogna essere nomadi. Di cose
buone si trovano un po’ qui e un po’ là in giro per il
mondo e bisogna metterle insieme come fanno gli altri, ne
possiamo trovare le tracce. Credo che, se abbiamo un dovere come
paese un po’ più ricco di altri è quello di favorire questo
processo di messa in circolo delle idee e delle cose di altre
persone, che fanno le nostre stesse battaglie nel mondo.
Le
hanno dato più filo da torcere i "matti" di Trieste o
il nostro sistema sanitario in Campania?
Ma, né
l’uno né l’altro, direi. Non |
mi
hanno dato filo da torcere forse i matti di Trieste, mi hanno
fatto vivere e sono loro debitore di un pezzo di vita. Spero che
il sistema sanitario campano diventi qualcosa verso il quale io
continui a sentirmi debitore di un altro pezzo di vita.
Il
sistema sanitario campano fa parte di quello nazionale e io
credo totalmente in esso; credo che un paese senza un sistema
sanitario pubblico sia un paese invivibile. Penso che il sistema
sanitario pubblico sia un patrimonio enorme e come tutti i
patrimoni può essere pieno di buchi, può essere anche fatto di
cose vecchie, di cose che ormai non tengono più, può essere
pieno di avarie, benissimo: melo tengo tutto intero.
Cercherei di contribuire, se riesco, insieme a tanti altri a
fare di questo sistema sanitario qualcosa di meglio, perché
molte cose si possono migliorare.
Spero che si possa lavorare a partire dalla forza che l’esistenza
stessa del sistema sanitario ti da, come "potenza di un
sacco di gente", comunque pagata per cercare di aiutare gli
altri; che poi ci riesca, che non ci riesca, che sene freghi,
che faccia più gli affari suoi, che gli affari degli altri, non
toglie il fatto che è un’enorme patrimonio. Cerchiamo di
farlo vivere e di farlo rendere.
A
proposito di questa sua fede nel sistema sanitario nazionale e
campano in particolare, quali sono i suoi programmi per i
prossimi vent’anni? |
Psichiatra,
Direttore Generale
dell’ASL CE 2,
Presidente della
Commissione regionale Campana
per la psichiatria |
Io
spero che siano quelli che riescano a dimostrare che c’è una
grande impresa sociale che è il sistema sanitario
pubblico. Oggi si usa la parola impresa sociale per parlare
delle cooperative sociali. Benissimo. Io credo che la parola
vada estesa , noi dobbiamo pensare al sistema sanitario pubblico
come ad una grande impresa sociale, forse oggi non lo è
abbastanza.. Esso deve diventare sempre di più un’impresa
sociale, con un grande sforzo d’imprenditorialità, nella
quale si lavori per il prossimo e si produca il bene collettivo.
Io credo che lo si
possa fare. |