Le opinioni,
le speranze,
gli obiettivi,
i sogni
Parla il dr. Francesco
Della Pietra
Psichiatra Direttore del
Dipartimento di Salute
Mentale ASL Napoli 5
Dr. Della Pietra,
lei coordina il DSM ASL NA 5 da diversi anni, può tracciare un
bilancio del suo operato?
Il Dipartimento di salute mentale è nato nel 1995, nasce dalla
confluenza di 6 ex USL della Campania, ognuna delle quali aveva
un suo Servizio di salute mentale, con carenza di personale e di
struttura e pertanto si dovette procedere all’individuazione
di strutture e all’ampliamento dell’organico del personale.
Con l’avvento dell’ASL si è avuto uno specifico budget per
la riabilitazione in psichiatria che ci ha consentito di
lavorare non solo verso quello che è la cura in senso classico,
ma precisamente in modo più moderno, adeguato ai tempi, con la
riabilitazione psicosociale per l’inserimento lavorativo.

Si ha avuto la possibilità d’utilizzare i fondi erogati di 3
miliardi di lire e consorziarsi con dei comuni locali ed
internazionali, in paesi come la Svezia, Portogallo, Germania,
Spagna, Inghilterra, Grecia, dove si stavano conducendo
esperienze analoghe; si hanno avuto scambi culturali ed
informativi, nonché la formazione di utenti, che ci hanno
portato alla formazione di cooperative sociali, quali i
Litografi Vesuviani, permettere loro di entrare nel mondo
produttivo del lavoro, con l’inserimento tipografico e
sociale, e realizzare quello che è il vero scopo della
riabilitazione. Un’altra cooperativa è quella che c’è
nella zona di Sorrento che si è egualmente inserita nel sistema
produttivo lavorativo. Considerando che si è partiti dal
livello zero, oggi abbiamo fatto un |

discreto lavoro, grazie alla
collaborazione di tutti
gli operatori e visto gli incoraggianti successi ottenuti,
proseguiremo con fermezza ed entusiasmo.
Qual è la cosa di cui va più fiero tra quelle realizzate? E
quella che le ha provocato maggiori delusioni?
Devo dire che la cosa di cui sono fiero è vedere tante persone
che, prima avevano il volto segnato dal disagio, oggi hanno
queste "piaghe" decisamente attenuate; si nota sul
loro volto un sorriso verso la vita e la speranza, pertanto, la
cosa che mi rende più fiero è notare quanta passione tutti gli
operatori della salute mentale mettono nello svolgere il proprio
lavoro. Ciò che invece mi porta delusione, è la lunghezza dei
tempi tecnici procedurali, che mi serve da stimolo per lavorare
con maggiore tenacia al progetto importante del recupero della
salute mentale, perché salute mentale è cultura, perché
salute mentale è produttività, perché salute è vita.
Rispetto alle altre realtà italiana, la Campania parte con un
gran disagio, in Campania c’erano 5 ospedali psichiatrici e
pertanto c’era una grossa concentrazione della " vecchia
psichiatria". Stiamo cercando di recuperare la distanza che
ci separa dalle altre regioni italiane, quali il Trentino, la
Toscana, l’Emilia Romagna e si stanno man mano colmando le
lacune. Sono sicuro che questo divario non solo si colmerà in
breve, ma probabilmente riusciremo ad andare più avanti di
loro, perché il livello umano e relazionale a nostra
disposizione è molto forte.
Come si fa a diventare coordinatore di un DSM?
E’ la direzione generale dell’ASL che sceglie una persona di
sua fiducia fra i dirigenti psichiatri e la mette così a capo
del Dipartimento, dopo aver valutato le sue doti personali e
professionali; certamente poi il suo operato verrà valutato e
se questa persona avrà gestito in maniera corretta ed adeguata
la responsabilità ricevuta, con vantaggio all’utenza, sarà
riconfermata, altrimenti giustamente sarà mandata a casa.
Un utente potrà diventare operatore?
Certamente, perché no! Non c’è alcun impedimento che questo
possa avvenire.
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Intervista
al prof. Sergio Piro
Sergio Piro è
psichiatra, psicoterapeuta, scrittore, giornalista e membro
della Commissione regionale campana di Psichiatria
Professor Piro può darci un suo parere sull’applicazione
della legge 180 e in particolare in Campania?
L’applicazione della legge 180 in Italia è un processo
complesso e solo parzialmente attuato. Infatti prevede la
conversione del sistema curativo da grosse strutture in centri
di dimensioni minori. L’applicazione è stata più sollecita
nelle Regioni del Centro-Nord Italia; qui al Sud, sebbene sia
partita in ritardo, è stata vivace e positiva, almeno dal 1995
in poi. Inoltre sono state penalizzate le strutture territoriali
esterne a vantaggio di quelle per il ricovero. Solo con una
forte direzione politica da parte delle Regioni, si può
invertire questa tendenza.
Si dice che si vogliono aprire i manicomi è vero? E’
possibile dopo tante attività territoriali?
Bisogna distinguere tra quella che è l’apertura reale del
manicomio, così come erano voluti da una minoranza politica fra
le forze di governo, e quella sostanziale, voluta dal centro e
da parte della sinistra, che consiste nella manicomializzazione
in piccole strutture e nell’eliminazione della rete di
sperimentazione sociale per l’accoglienza dei laboratori
protetti, con la perdita di gran parte dei vantaggi dei
pazienti.
L’assistenza psichiatrica territoriale 24 ore su 24, che ha un’azione
di prevenzione e cura, verrebbe ridotta ad un insieme di
ambulatori tipo cassa mutua, con il risultato di una
reintroduzione della manicomializzazione di massa. Questo è il
progetto delle forze di governo, però bisogna vedere se lo
faranno .

Cosa ne pensa dell’attività del nostro giornale
Integrazione?
Io penso che la stampa è uno strumento di liberazione,
specialmente in questo secolo di grandi trasformazioni sociali.
La libertà di stampa è un mezzo per i popoli per prevenire o
far cadere le dittature; in questo campo specifico è già una
terapia. |