Anno I
Novembre 2001 
 n. 3

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Il muro  di Aniello Di Cristo

Il muro, quel maledetto muro, sempre così alto, sempre più arduo da scavalcare, impossibile da abbattere e poi l’angoscia di sentirsi incapaci di aiutare quegli occhi così simili ai miei. E’ questa la precisa sensazione che si materializza ogni volta che penso a mia sorella Carla.
Mi chiamo Nello e sono il fratello minore di Carla, lei ha solo me, in altre parole io ho solo lei e io dovrei essere il fratello "sano" di una ragazza malata di mente, eppure vi assicuro, senza stupore che a volte, spesse volte ho la sensazione che i ruoli si ribaltino, del resto alzi la mano chi si definisce "normale". Accade spesso, infatti, che le riconosco un’intelligenza raffinata, un modo di vedere le cose ed una capacità critica che mi sbalordiscono. Inutile negare però che mia sorella soffre ed ha bisogno di tutto l’amore che c’è, di sorrisi e di comprensione.
Da bambini, giocavamo insieme, erano anni felici, dividevamo le ore, i giocattoli e i sorrisi scorrevano sicuri; poi l’adolescenza ha palesato le nostre differenze, che io non compresi e che odiai. Odiavo il suo comportamento strano, il suo mondo fantastico popolato da visioni e deliri che la consumavano nella sofferenza.
Provai poi un’enorme tristezza quando capii che mia sorella soffriva di psicologia e psicoanalisi, avevo la

presunzione di poter aiutare mia una malattia seria, che ogni tanto ti allontana dalla razionalità e ti fa precipitare in un mondo per noi incomprensibile, dove le cose e le persone si scambiano e la solitudine gela i cuori di tutti. Forse spinto da ciò, cominciai a leggere scritti di  

sorella in prima persona, ma più mi addentravo negli studi della schizofrenia, più nasceva in me la sensazione d’impotenza. Mi resi conto che avrei potuto fare ben poco per lei, eppure quelle letture mi sono state utili, ho capito che i nostri equilibri psichici sono così fragili e

che, in fondo, mia sorella avrebbe comunque potuto vivere in maniera soddisfacente, pur dovendo fare i conti con questo male oscuro, che va combattuto per tutta la vita.
Oggi in casa, nonostante le mille difficoltà, non ci sentiamo più soli. Da quando mia sorella è seguita dal Servizio territoriale le cose sono molto cambiate e io voglio pubblicamente testimoniare i grandi miglioramenti di Carla. Mia sorella oggi vive meglio, molto meglio di qualche anno fa e di questo siamo grati a tutti quelli che ci hanno aiutato, senza di loro mia sorella non ce l’avrebbe mai fatta e non ce la farebbe in futuro.
Dalla pagine di questo giornale si alzano tante voci di speranza, quante volte le ho lette piangendo pensando a questi ragazzi soli con il loro dolore incompreso, sono pagine dure da mandare giù ma di una bellezza unica, sono pagine che diventano gradini per salire su quel muro, quel muro che abbiamo il dovere di scavalcare.