I SEGRETI                    22 
DI PAGANINI

di Francesca Mari

C’era una volta un giovane violinista con molte speranze e gran passione per la musica, che, a causa di una tendinite sviluppata con il vecchio metodo violinistico adottato nei conservatori, rischiava di non poter più suonare. Un giorno incontrò un vecchietto dal volto simpatico che sosteneva di volergli svelare "i segreti di Paganini", lui accettò di seguirlo e da quel giorno la sua vita cambiò.
Sembra una favola invece è una storia vera ed ha radici proprio è Torre del Greco. Il giovane violinista è Leopoldo Fontanarosa, un ventenne torrese che grazie alla sua bravura ed al genio musicale, ha potuto collezionare importanti titoli e riconoscimenti. Ha iniziato gli studi a otto anni, con il Maestro A. Ferrente, proseguendoli presso il "Centro Internazionale di Musica di Napoli" con G. Borrelli. A soli tredici anni ha collaborato in un corso di violino, presso l’Università Federico II, ottenendo, più tardi l’incarico di primo violinista nel gruppo da camera barocco "Barocque Ensamble" e costituendo il " Duo Amadeus" col pianista Ugo Mahieux. Commissionato da varie associazioni culturali torresi, Prometeo, Pro-loco, ha ricoperto il ruolo di direttore artistico in varie manifestazioni nostrane come "La festa del mare" e le celebrazioni del Giubileo. Inoltre ha diretto l’Orchestra da camera barocca "Euterpe" e "il Coro Polifonico della Seconda Università degli studi di Napoli".
Un iter davvero glorioso per il giovane torrese che, però, qualche anno fa ha scoperto di essere affatto da una grave tendinite, causata dal metodo violinistico acquisito nei conservatori, che l’avrebbe portato a non poter più suonare, fino a che un giorno non s' imbatte in una persona davvero speciale:
"Ho conosciuto il maestro - racconta commosso Fontanarosa - l’ottobre scorso grazie a mio padre che mi riferì di aver assistito ad un’intervista, nella trasmissione "I fatti vostri", ad un vecchietto che sosteneva di essere "l’ultimo detentore del metodo Paganini". All’inizio ero incredulo, ma quando mi fu riferito della presenza, accanto a quell’uomo, del Maestro Angelo Guaragna del conservatorio Paganini di Genova, e del Maestro Calamaro, professore del teatro Carlo Felice, allora mi persuasi della fondatezza di quelle notizie. Non volli perdere nemmeno un minuto e partii alla volta di Genova per incontrare quel vecchietto, ora il mio Maestro".
Quel misterioso vecchietto è l’ottantaseienne Giuseppe Gaccetta che attualmente fa il falegname a Genova.
La sua vita, però, è il violino e solo oggi, dopo molti anni, torna ad afferrarne uno, per trasmettere al mondo la tecnica acquisita dagli eredi diretti del grande Niccolò Paganini. Gaccetta cominciò a suonare il violino dai quattordici anni

d’età. All’inizio era seguito dal Maestro Venturini, violino di spalla al Carlo Felice, ma non era soddisfatto. Un giorno, nella bottega di un liutaio, gli parlarono del grande Francesco Sfilio, allievo di Camillo Sivori, unico allievo del grande "virtuoso" ottocentesco. Decise di incontrarlo e dopo varie tortuosità, ne divenne il pupillo, acquisendone intermente il metodo, e arrivando ad incidere, su rulli di cera, la sua esecuzione dei Capricci. Con la sua bravura poteva rilanciare la "Scuola Italiana", ma la guerra bloccò tutto, e Gaccetta dovette lasciare il violino e occuparsi della falegnameria.
Solo qualche anno fa, il violinista Bignami, trovandosi nella bottega di Gaccetta venne a conoscenza di questa storia, e insistette per ascoltare il disco con l’esecuzione dei Capricci. Ne scoprì la tecnica, il genio e ritenne opportuno propagare la grande risorsa di quel vecchietto.
Oggi Gaccetta è un grande didatta. Ha creato una fondazione intitolata al proprio Maestro, Francesco Sfilio, con tanto di borse di studio ai musicisti, e da novembre darà lezioni alla cattedra del Conservatorio "Paganini" di Genova per inculcare agli allievi quel metodo così difficile e innovativo, custodito dentro di se per tanti anni.
La tecnica prodigiosa consta di alcune regole fondamentali: prima di tutto non bisogna appoggiare l’armadio, ovvero la spalliera del violino, sulla spalla perché questa è una posizione nefasta per lo strumentista. La posizione deve essere chiusa, con i gomiti verso il basso, verso l’interno del corpo, per permettere una grande rotazione delle braccia ed una massima estensione delle dita. In secondo luogo è necessaria la negazione di ogni rilassamento muscolare, bisogna avere tanta forza nelle braccia da poter emettere un suono, solo sfiorando le corde (Paganini studiava con un perso attaccato al braccio destro). Essenziale, infine, è la posizione centrale e di sostegno del pollice, circa a metà del manico dello strumento, per evitare lo "smanicamento" dell’avambraccio, utilizzando solo il polso.
Una tecnica davvero particolare, quella del Maestro Gaccetta che da appena un anno già raccoglie nel suo grembo i grandi del violino come: Uto Ughi, Ruggiero Ricci, Franco Gulli, Massimo Quarta.
E tra i suoi fortunati discepoli, grazie ad una casualità, c’è il nostro Leopoldo Fontanarosa:
"Incontrai il maestro l’anno scorso - prosegue - e oltre che dal genio musicale, fui colpito soprattutto dal lato umano. Ormai è quasi un anno che prendo lezioni da lui, e quasi miracolosamente sono guarito da quella rovinosa tendinite che aveva distrutto tutti i miei sogni."
Ora il giovane Leopoldo ha deciso di trasferirsi a Genova per seguire costantemente quella tecnica paganiniana che è stata taciuta per molti anni, ed ora grazie al caso è venuta fuori. Sempre grazie al caso il violinista nostrano ha conosciuto il Grande Maestro, e fu sempre il caso che settant’anni fa mise il Maestro Sfilio sulla strada del giovane Gaccetta. Corsi e ricorsi storici o semplicemente coincidenze?
Vero è che quando c’è l’arte di mezzo tutto è mistero.