*** 20 ***
Dopo il sogno,
la dura realtà.
Mercato nero
della ricchezza americana
e di vitali alimenti dalla campagne.
Treni stracolmi
corpi appiattiti
sul tetto delle carrozze
tornano dalle campagne del sud
anche i figli di zia Lena
con olio carne e farina.
Il lugubre acuto fischio
la frenata abusiva fuori stazione
tra lo stridio e lo scintillio sulle rotaie.
ad evitare le guardie
e la fuga tra i binari
scavalcando cancellate dalle punte aguzze
Centinaia di morti
soffocati dal fumo nero
della locomotiva
groviglio di corpi
calpestati dal panico
nel buio della galleria
di Battipaglia.
Salgono alla Piazza, ora mercato
di sigarette sciolte e di refurtiva,
in cerca di lavoro, avidi di notizie
uomini di mare a spasso
e scendono mesti, a capo chino,
rimuginando quale futuro.
Ancora treni pieni di militari
e in tanti dalla cancellata a gridare
alo’ biscuit, sigarett
per un raccolto sempre più gramo.
Si scava nelle cantine
e nei pozzi interrati
recuperando scarti ora preziosi
di madreperla e corallo di Sciacca
che il tracollo del prezzo
costrinse i nonni dei nonni
al necessario sacrificio.
Le discariche dei laboratori
pazientemente rivoltate
per colmare il barattolo
scambiato con l’ambita
scatoletta di corned beef.
La corrente elettrica ritorna
con annunci festosi dalla strada
‘a luce, ‘a luce,
mentre sfoglio contro la vetrata
all’ultimo barlume pomeridiano
la collezione di Topolino dei miei fratelli
con autarchici eroi
Ciuffettino di Vamba e Fulmine.
Finalmente ascoltiamo la radio.
Una mattina d’estate
quando il sole invade il corso
da levante alla discesa del Fronte
un uomo scalzo, alto e ossuto
il vastaso dalla coccia lucida
cerca la casa di don Peppino il rosso
una culunnetta di radica a spalla
è la nostra radio.
*** 21 ***
Autunno.
Autunno freddo
più dell’inverno
per tristezza
umiliazioni
e privazioni.
Le stagioni cadenzavano i giochi.
Come a segnali convenuti
in strada con gli strummoli
sapientemente levigati
da Giacchino il turniere
per gare infinite di azzeppate,
le barre,
tifò e
mazzepivuzo,
lungo il corso
sicuro campo di giochi,
dove solo di tanto in tanto
il camion sferragliante
la messa in moto a manovella
si annuncia con querula tromba
per la raccolta dei muntoni
alti di munnezza.
Le chiummarelle con le stagnole
dei lumini raccolte al Camposanto,
con le pigne dei cipressi
e colature e mozziconi di lumini
nelle visite di novembre
tempo di legnasante e
allesse,
sostituivano le monete
per il gioco sottomuro
e ‘ntaccavreccia.
Battaglie di carrarmati
lenti mostri preistorici
i rocchetti del cotone
intagliati come ruote dentate
e cuscinetti di cera
plasmati a disco sciogliendo
colature e mozziconi
e anelli di camera d’aria
attorcigliati per la carica.
*** 22 ***
Mamma è disperata.
I risparmi di una vita
si dissolvono
giorno dopo giorno
sempre più celermente
inseguendo prezzi e amlire.
Gli uomini della famiglia
trovano lavoro a giornata
anche scaricanti di Liberty
al porto di Napoli.
Papà è trattenuto a Taranto
per la passata militanza politica
e Mamma disperatamente
vede svanire i risparmi
di anni di rinunce
e sacrifica beni di casa.
Anche i più giovani vanno a garzone
e Mamma percepisce con angoscia
l’inespresso rimprovero delle zie
per i suoi figli studenti
impreparati al lavoro.
Rivedo il suo viso pallido
gli occhi umidi e tristi
e le labbra strette a trattenere
tremolanti parole
la sera che le zie
fatte ardite dal suo silenzio
incalzano per la scelta.
Giacomino lascia le Medie
per il laboratorio di oreficeria
di un cugino di Mamma.
Ciccio al Ginnasio,
presto dedicherà le ore libere
allo stesso lavoro.
Aniello di zia Raffaella mi porta garzone
nel munazzero di Davidiello
all’ombra fredda, incombente
del muraglione nero della ferrovia
dietro al ponte di Cavino
che nasconde l’orizzonte e il mare
a costruire gozzi
per la mazzetta
settimanale.
La V elementare appena iniziata
è presto abbandonata.
Nel munazzero
sottocasa,
aperto al mare e al sole
che l’invade al tramonto,
favoloso antro, fucina di barche
profumo di pino, rovere e gelso
di fasciame, chiglie e madere,
porgo aiuti discreti,
accovacciato nel vuzzariello
silenzioso e seminascosto
a contrastare il rebbuzzo dei chiodi,
a spugnare tavole alla piegatura
sulla brace di pampuglie e segatura
e al pozzo per l’acqua fresca
zampillante dal giarro forato,
garzone volontario,
dalla loggia la voce di Mamma
mi cerca per il rientro,
avido di racconti e lazzi
che i carpentieri si rimandano
con improntitudine salace
contrappunto di voci
intenti all’opera
senza interrompere
il piallare segare martellare
attenti all’andirivieni vigile
e silenzioso di mastu Ciccio.
Assorto nella misteriosa opera
di tracciare costole di legno
a plasmare la forma del gozzo,
geloso custode di segreti
patrimonio della famiglia
tramandato in eredità,
mastu Tore il nonno dei sorrentini
interrompe l’armeggiare
con sagome e squadre
percependo sguardi curiosi.
Lo zingaro dai baffi spioventi
piccolo e misterioso
nera figura accosciata
appare di tanto in tanto
taciturno a zincare chiodi
che l’argenteo liquido
nella canalina sulla rossa brace
accoglie pigramente.
*** 23 ***
Inverno di privazioni.
Inverno buio e freddo
di tanti ricordi
nessuno sereno
senza Domeniche
senza Natale
a macinare granurinio
|
per il pranzo e
per il pane con le patate
con i geloni del freddo
e per carenza alimentare.
Con Papà salivamo in piazza
per la pizza nei
piatti di latta
su tavoli di marmo in San Gaetano
al tepore del forno fiammeggiante
e poi la sfogliatella da Carbone
esitanti nella alternativa
pizza o sfogliatella?
quello che volete Voi,
scelta inespressa ad evitare
una spiacevole rinuncia.
La fragranza festiva del tiano di ragù
dal fuculare
ci avvolge
nel crepitio dei maccheroni spezzati,
il ventaglio di penne
attizza la brace di carbonella
incalzando il bollore della caccavella
sul fuculare di decorate riggiole.
A tavola uniti per la festa
aroma di salsicce e friarielli
e zuppette e
deliziose e
sciù
e il rosso gragnano,
con la bottiglia andiamo,
non correre e non cadere,
alla cantina di Sciampagna
botti e tinozze nere di tannino
come l’alto bancone con zuppiere
di zuffritta e
cequitta,
sotto il palazzo di fronte.
La nenia lamentosa di tre note
annunciava la semmulella mattutina
consumata calda con alici salate
e 'nzogna e pepe.
Nel tepore profumato del forno
la lunga attesa
della gialla e ammazzaruta pagnottella
di scagliuozzo
nostro pane quotidiano
avidamente consumata calda.
Portavamo casatielli per la Pasqua
ai forni del pane
profondi e bui come grotte
al largo San Giuseppe alle Paludi
dietro la Chiesa del Santo,
la cancellata lucida del sagrato,
ultimi rintocchi ai mesti cortei
sulla strada per il cimitero
aperta alle parule
al mare e al sole
rade case bianche
dal tetto a carosa
e botteghe di fiori e lumini.
Crepitio festoso di fascine
profumo resinoso di pini e abeti
rossa la bocca del forno fiammante.
Ruoti rigonfi di bianco impasto,
listarelle a croce coprono le uova
fantasia di segni a riconoscimento,
ora scomparsi nel caldo buio.
Partecipi concelebranti
indugiamo nell’incanto
dei gesti rituali, ieratici
che il pagano officiante
per antica usanza ripete.
La pesante lastra semitonda
chiude la bocca del forno
cementata con la nera argilla
che la mano distende e modella
come per una carezza al distacco
e viatico di buona cottura.
*** 24 ***
Inverno dell’anima.
Nuvole nere
interminabile notte
rabbuiano il Corso
e l’animo
in balia di venti
gonfi d’acqua
salata come lacrime.
La libecciata porta il mare
nei munazzeri sotto casa;
bianchi cavalloni scavalcano il molo
e la rossa lanterna.
L’esplosione cupa dell’onda,
nella grotta dai sassi levigati
raccolti per i vasi di acciughe
produce alti soffioni bianchi
dalle crepe della nera scogliera.
Incessanti la notte i boati
e il tremito della casa
e il lugubre fischio del treno
e la paura esorcizzata nel buio
arrugnato sotto la coperta
tra umide lenzuola.
La rusca bagna i muri
grondanti come di pioggia,
penetra nei meandri della loggia
dove guardinghi si resta
capitani coraggiosi
leccando il sale dalle labbra
bravi a indovinare l’onda grande
per la fuga precipitosa.
Bianche efflorescenze di salemelicco
spunteranno sui muri,
delicatamente raccolto
per la miscela con la nera polvere
della muniglia
per il braciere
per fiammate e scoppi d’artificio.
Il basolato grigio
di pietra vesuviana
avida di acqua
diventa nero
e viscido
come i nostri pensieri.
Procediamo lenti
a tentoni.
Montagne di sughero sul presepe
pastocchie
dell’asteco per i prati
bianca vammacia la neve
sui monti e nel laghetto gelato
fondale azzurro e stelle d’argento.
Rapiti assistiamo alla costruzione
Papà tra un turno e l’altro al mulino
con colla di
farina
e ceralacca per azzeccare gambe,
maestosi Magi in sella a cammelli
alti più dei pastori
mentre dorme Benino,
sete e damaschi da antichi paramenti
per la Sacra Famiglia,
tra profumi di susamielli e pastiere
nel forno di campagna
intoccabili fino al cenone,
e struffoli e torrone di nocelline
bollente sul marmo del comò
e alchimia multicolore di rosoli.
Al dolce suono
di zampogna e ciaramella,
quotidiana Novena Natalizia,
corriamo sulla loggia
rapiti dall’otre rigonfio
e dalle vesti animalesche
come i pastori
del presepe.
*** 25 ***
La perduta fanciullezza.
A lunghi passi
impietosamente
troppo presto
si consumano i giorni
della fanciullezza.
Trovo lavoro anche io da orefice;
rame e ottone e saldatura di argento
per incastonare chionze in finimenti,
di rame e ottone,
di precaria doratura
per gli acquisti ricordi
dei liberatori.
Ci raccoglievamo dopo cena,
sui vetri la pioggia
complice del clima fantastico
ci teneva stretti al tepore
della calda brace
di muniglia e
cernetura,
piedi scalzi irrequieti
cercano posto sul prevulillo,
per viaggi di fantasia
con il nonno, che ci cuntava
avventure di mare e dell’abate Faria
dalla lunga barba bianca
e antichi cunti
di
orchi
e briganti e mammuni
che levano il grasso da sotto i piedi,
tra nuvole odorose della pipa
di bambù e terracotta
con la testa di Garibaldi,
e l’odore acre degli zolfanelli
accesi all’imboccatura
del lume a cisto,
ceramica levigata azzurra.
Tardi si scioglieva la compagnia
ognuno a casa sua
nel pauroso buio della loggia
avvolto dalla testa nella mantella
grigioverde militare.
Da zia Raffaella il cinematografo
la manovella velocemente ruotata
per le corse di Ridolini
e le passeggiate della cinese
nella pellicola ambrata.
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