Pag. 4

*** 16 ***
Ritirata distruttrice.

Il Corso è bloccato

e il camion si riempie

per la deportazione

nelle fabbriche tedesche.

Uomini fuggono sulla scogliera

a nascondersi nella grotta dello scarillo

e sotto gli scogli frangiflutti

accompagnati da sguardi terrorizzati

dalle persiane socchiuse

di amici e parenti.

Capri è libera e lontana

la menaide a sei remi

prende il largo dalla spiaggia di Cavino

inseguita da raffiche di mitra

dalla punta del porto.

Di notte il gutturale vocio

delle rappresaglie

e Ciccio, quattordicenne prestante

già ex avanguardista

nascosto nell’armadio.

Le pistole di Papà

sotterrate in cantina.

 

Ritirata distruttrice

peggiore della bomba imprevista

per l’impotenza di modificare

il verdetto di annientamento.

Disperatamente si piange,

inascoltate preghiere,

per l’ineluttabile condanna.

La soldatesca a minare

le paranze nel porto.

tra il pianto e le grida

delle donne dei pescatori.

Dopo l’esplosione il pianto

ora sommesso

ed il segno di Croce

al lento inabissarsi della barca

come alla sepoltura di persona cara.

 

La paranza percorre il corso

su falanghe di legno ‘nzivate

fino alla Scarpetta per il varo

tra la curiosità festante

dai balconi e usci di botteghe

e la lunga fila di uomini

alle corde dei paranchi

e chini sulle varre del vuocio

al ritmato comando

delle cadenzanti strofe

cantilena antifonaria

nel lascivo responsorio

tra il masto e la squadra.

 

L’ultimo puntello salta

deciso colpo della mazza di ferro

e lentamente e poi veloce,

nello scampanio di Portosalvo

trepida e muta attesa sugli scogli,

ora libera scivola la paranza

sullo scalo ‘nzivato

verso il salto dalla scarpetta.

La poppa s’inclina ed apre il mare

l’urto come un pugno

tra due alti baffi bianchi

e la prua pacata la segue

saltando giù dalla scarpetta

nel tonfo finale

e il placido dondolio

nell’onda di riflesso

tra grida e applausi liberatòri

concerto di campane, tofe e sirene

e vermut e pastarelle.

 

Adagiata sul fianco

semisepolta

nell’acqua bassa del porto

la nave di ferro.

 

Il mulino di Papà salta per primo

e l’incendio arrossa la notte.

 

Corriamo dal viadotto della ferrovia

sovrastante i cantieri nel porto

al ponte di Cavino,

incoscientemente attratti

da scenari di distruzione,

per vederli saltare.

 

Rotaie contorte

volano fin Sopra la Ripa.

 

 

*** 17 ***
Ansie e speranze.

Bisogna allontanarsi dalla riva

e le batterie sul Vesuvio

cercano bersagli inesistenti.

Andiamo da Antonietta

Mamma ed io

piegati nella corsa in salita

dal sibilante urlo dei proiettili

inutili e vili tiri sulle case,

crollo di muri e balconi,

l’abbraccio di Mamma mi copre,

e squarcio sulla facciata

del palazzo in San Michele

dove cercavamo rifugio.

 

La via per il nord

è percorsa da panzer

e camion militari.

 

Si ritirano.

 

In un rifugio cantina di via Roma

trascorriamo la notte dell’attesa

stretti come fascine abbracciate

nell’ansia del dubbio

tra pensieri di morte e di vita.

Lo sconforto ci assale

allo sferragliare di cingolati

tra pianti sommessi e preghiere

diretti al sud.

Il silenzio dalla strada

arriva fino a noi

tesi ad ogni suono

amico o nemico.

La lunga notte sta per finire

ed ancora il pauroso sferragliare.

Dalle fessure del portone

sprangato dalla paura

vanno a nord.

 

Lunga l’attesa dell’alba

nel timore di segni nemici

e suoni di guerra.

A gruppi usciamo

cauti e timorosi

guardinghi e solleciti

per tornare a casa.

Ci accoglie il silenzio

delle strade deserte.

Lentamente scorre il tempo

nell’attesa dell’evento desiderato,

nel timore di non essere alla fine.

 

 

*** 18 ***
01 ottobre. 
La V Armata Alleata, 
Inglesi, Americani 
con Canadesi, 
Marocchini, Indiani 
ecc. arrivano 
a Torre del Greco. 

Il sole già alto di una giornata

fresca come di primavera,

tenera per la passata angoscia.

Lentamente avanza

un enorme carrarmato

e soldati dal passo cauto

stretti ai muri delle case.

Un motociclista su e giù per la strada

ordina, sul marciapiede.

Timore ed esitazione scomparsi

scendiamo in strada

a vedere la fiumana ininterrotta

di tanks e dodge e jeep

e di sorridenti soldati

tra la gioia della gente

sotto una pioggia di fiori

sigarette, biscuits e chewingum.

 

Giorni e giorni l’eccitante fiumana

ininterrotta scivola verso nord

e noi consumiamo la felice novità

tornati sulla loggia

su e giù dal Corso

alla piazza della Parrocchia

tra i quattro verdi chioschi a pagoda

antiche e familiari sentinelle,

come a festa insperata

e a lungo attesa.

Alla vista di tanta potenza

ci chiediamo increduli

perché non prima.

*** 19 ***
Gioia di sconfitta 
liberatrice. 

Giorni di esaltanti scoperte

di pane bianco a cassetta

e corned beef

saponette lifeboy e chewing-gum rosa,

tavolette di cioccolato hershey

polvere di pisello e proteine

sigarette bionde inglesi

e profumate americane.

 

Sulla stretta salita di via Piscopia

rallentano i camion,

il currentista, scarpette di gomma,

sbuca dal vicolo, insegue e salta

nel dodge della cuccagna

scarica casse sacchi

e neri addormentati.

 

Nuove scritte sui muri

offlimit, beach evac

e nuove espressioni rimasticate

fagoff, salemebec

e segnorine fich fich

per accompagnare militari

di tanti colori e razze

per qualche sigaretta.

 

Militari ubriachi

in cerca di segnorine

molestano ragazze del quartiere

e risse epiche, come al cinema.

 

Nuvole di DDT spruzzate

nei capelli e sotto gli abiti.

L’uomo morente di tifo petecchiale

dietro un portone

e l’attesa curiosa e guardinga

di gente intorno.

 

Il carro nero dai barocchi decori

a cassetta 'ntustato il cocchiere

con tuba e sciammeria,

pariglie di cavalli 'mpennacchiati,

accompagnato da bianchi mamuoci

patibolari visioni

avanti il calessino col prete,

avanza lentamente nel Corso.

In fretta finestre e gelosie

e portoni di case e negozi

accostati per rispetto

allo scalpiccio dei cavalli

nel silenzio del mesto corteo

tacitamente immobili nel saluto

usciti nella strada ora

nella interrotta attività

e curiosità dietro ai balconi

accalcati a senghe di finestre

tra funerei rintocchi  in sequenza

dalla Cappella e poi

da San Giuseppe alle Paludi.

Ora il corteo si smembra

lungo la solitaria estrema viarella

a prendere fiori e lumini

per l’imprevista occasione

di un saluto ai cari defunti.

 

Caldi maglioni con lana di calzini americani

ritinta scura a mascherare

la militare provenienza.

La M.P. e le Coppole Rosse

sempre più spesso

fanno il vuoto in Piazza

con lunghi manganelli

all’ennesimo assalto al dodge.

 

Sulla spiaggia di Cavino

avvolto nel bianco sudario

sulla catasta alta di legna

brucia il corpo dell’indiano

tra la folla accorsa allo spettacolo

sugli scogli

ed il terrapieno alto della ferrovia

come in una arena.

 

Per la strada concertini e sceneggiate

di comici e femmenielli

ricche di oscenità

spettacoli inconsueti

in un passato per bene.

 

Le giostre allo slargo di Cavino

con la donna ragno, il tirassegno,

le gabbie rotanti,

le caravane di quelli del circo,

profumi di rosse zuppe

di cozze e maruzze,

di rusacarielli e panzarotti

tra i miasmi dell’acetilene

dalle fioche lampade sulle bancarelle.

 

Melodie di antiche voci,

melismatiche note

millenaria mescolanza

di canti e suoni

di razze e popoli mediterranei

giunti da sponde lontane

pacifici e invasori.

Scorrerie di saraceni

tra lugubri ululi di tofe

e tammorre rintronanti

ruderi a memoria

le torri di avvistamento.

 

Lontane nenie

come pianto sommesso

dal festoso fragore del Corso

solitarie calano sulla loggia

giù dall’asteco grande

nel sereno silenzio

del buio serale fissando

il lento scivolare della lampara

lucciola silenziosa

riuniti al chiarore lunare

ed alla brezza marina.   

*** 20 ***
Dopo il sogno, 
la dura realtà.

Mercato nero

della ricchezza americana

e di vitali alimenti dalla campagne.

Treni stracolmi

corpi appiattiti

sul tetto delle carrozze

tornano dalle campagne del sud

anche i figli di zia Lena

con olio carne e farina.

Il lugubre acuto fischio

la frenata abusiva fuori stazione

tra lo stridio e lo scintillio sulle rotaie.

ad evitare le guardie

e la fuga tra i binari

scavalcando cancellate dalle punte aguzze

 

Centinaia di morti

soffocati dal fumo nero

della locomotiva

groviglio di corpi

calpestati dal panico

nel buio della galleria

di Battipaglia.

 

Salgono alla Piazza, ora mercato

di sigarette sciolte e di refurtiva,

in cerca di lavoro, avidi di notizie

uomini di mare a spasso

e scendono mesti, a capo chino,

rimuginando quale futuro.

 

Ancora treni pieni di militari

e in tanti dalla cancellata a gridare

alo’ biscuit, sigarett

per un raccolto sempre più gramo.

 

Si scava nelle cantine

e nei pozzi interrati

recuperando scarti ora preziosi

di madreperla e corallo di Sciacca

che il tracollo del prezzo

costrinse i nonni dei nonni

al necessario sacrificio.

Le discariche dei laboratori

pazientemente rivoltate

per colmare il barattolo

scambiato con l’ambita

scatoletta di corned beef.

 

La corrente elettrica ritorna

con annunci festosi dalla strada

‘a luce, ‘a luce,

mentre sfoglio contro la vetrata

all’ultimo barlume pomeridiano

la collezione di Topolino dei miei fratelli

con autarchici eroi

Ciuffettino di Vamba e Fulmine.

Finalmente ascoltiamo la radio.
 

Una mattina d’estate

quando il sole invade il corso

da levante alla discesa del Fronte

un uomo scalzo, alto e ossuto

il vastaso dalla coccia lucida

cerca la casa di don Peppino il rosso

una culunnetta di radica a spalla

è la nostra radio.