Torre e il corallo     pag. 7 di 17

LUIGI NOTO,
LA «VENEZIANI»
E «PATTERSON»

Qui forse dovremmo spiegare chi erano, sia questo Luigi Noto che la «Veneziani» e cosa rappresentava «Pattison». Benché per la sua corrispondenza usasse carta intestata « Giuseppe Noto – Manifattura in corallo», di Luigi Noto e di tale «manifattura» oggi, nell’ambiente, nessuno sa nulla. La traccia che ci ha permesso di identificarlo l’abbiamo trovata in una sua stessa lettera indirizzata sempre a Costa, nella quale tra 1’altro diceva:
«...mi e mancata completamente la cooperazione di mio figlio datosi all’arte del canto ed ora
va a Livorno a rappresentare come baritono la "Lodoletta", opera nuova del Maestro Mascagni e che dirige lo stesso Maestro...».
La nostra Citta non e Tokyo ne New York, per cui di un baritono, che per giunta aveva cantato sotto la direzione di Mascagni, certamente qualcuno doveva ricordare di aver sentito parlare. E cosi e stato: il Giuseppe, titolare della manifattura, era proprio il baritono che, nato nel 1883, era deceduto presso la « Casa Verdi » di Milano nel 1976. Egli, prima di darsi all’arte canora era stato incisore di
piccoli animaletti di corallo, avviando all’ultimo piano del palazzo Carbone in Vico Abolitomonte la « Manifattura » di cui alla carta intestata, a conduzione familiare.
La moglie, infatti, bucava e le due figlie svolgevano gli altri compiti assieme ad un paio di operai; il padre Luigi, prestava la sua opera come tagliatore. Questi, pero, si «arrangiava» a fare il mediatore o «uomo di fiducia» per un paio di aziende tra cui la «Costa», alla quale forniva aghi, acqua ossigenata, ecc., ma anche tutte le notizie che gli riusciva di racimolare tra i corallari di Torre del Greco.
L’attività di quella minuscola azienda aveva avuto vita tanto breve e insignificante da non essere più ricordata se non da Luigi, che ne utilizzo per lungo tempo la carta da corrispondenza nei suoi affari di mediatore. Del tutto diverso il personaggio «Veneziani». Di nome Adelaide, era nipote di quel Filippo Veneziani distaccatosi « poco elegantemente » dalla azienda Martin; donna intelligentissima, di forte personalita, molto « interessata».
Sposata ad un agiato e stimato commerciante, Vincenzo Gallo, si dette agli affari anima e corpo. 
Nei primi tempi della pesca a Sciacca con i suoi risparmi personali, ai quali aggiunse quelli dei familiari, «armo» sei coralline, che amministro personalmente. 

Una parte del pescato da tali barche lo vendeva grezzo, 1’altra parte lo trasformava nel suo laboratorio in prodotti prevalentemente adatti alla Nigeria, dove aveva fatto trasferire un fratello perché ne gestisse sul posto la distribuzione. Cosi facendo, riusciva a controllare contemporaneamente i due mercati, quello del grezzo e quello del lavorato.
     
      Laboratorio di Planqueel a Torre del Greco

Dotata di notevole spirito di iniziativa, mostro di saper superare tutte le difficoltà che sempre insorgono nel nostro settore: nel momento di maggiore attività del corallo siciliano risolse la carenza di mano d’opera reclutando a Resina oltre 200 donne, che avvio alla « arrotatura » dopo averle addestrate in veri corsi di qualificazione da lei stessa istituiti.
E fu sempre lo spirito di iniziativa a salvarla dalla crisi nella quale era stata gia coinvolta anche la sua azienda. Senza perdersi d’animo, con quanto le rimaneva e con i figli affidati a lei dopo la separazione dal marito, si trasferì a Genova, dove, naturalmente, non rimase inoperosa; anzi prese iniziative che, in rapporto all’epoca e alla sua condizione di donna, si possono definire d’avanguardia.
Ella, infatti, andò personalmente in Sicilia, dove acquistò diverse centinaia di quintali di « Sciacca», che rivendette poi sul mercato di Torre in piccoli lotti (10, massimo 50 kg.) a prezzi particolarmente concorrenziali. Da quest’ultima brillante operazione derivarono alla «Veneziani» utili così elevati da consentirle di vivere agiatamente il resto dei suoi anni.
 
E veniamo al «Pattison». si trattava di un grande complesso industriale ubicato a S. Giovanni a Teduccio, che occupava un migliaio di operai. All'epoca era quanto di più vasto e imponente si conoscesse talché i torresi, quando volevano rendere l’idea dell’importanza di qualcuno o di qualcosa, li paragonavano a «Pattison».