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Prima della eruzione del 1631, quando il mare arrivava sottaripa, il quartiere di Santa Maria di Costantinopoli era il borgo marinaro dei torresi. La costa sotto al Castello era alta e non permetteva approdo per carico e scarico delle merci. Lo scalo era dopo Calastro, ntascala. Seguiremo quel percorso, scendendo il vavaracano, procedendo sul costone roccioso di Calastro, fino alla spiaggia della Scala. Aretasantamaria:Strada Santa Maria di Costantinopoli, a partire dall’antica pasticceria Vitiello, passando dietro la chiesa, fino al vavaracano. A scesa r’a chiabbella:Via Orlando. Il vicolo che parte da mmiezasammichele e s’incrocia c’u vico ‘i santamaria. Nella curva la villa Salerno dove andavamo ad ammirare l'artistico presebbio r'a Chiabella. U stradone:
Il vicoletto stretto che dalle spalle della chiesa di Santa Maria, porta alla Castelluccia era il prolungamento dello stradone, cioè di viale Castelluccia. L’architettura del vicolo è tra le più antiche testimonianze urbanistiche torresi. U vaglio:L’antica denominazione del quartiere di Santa Maria era “il Vaglio”. Oggi esiste il vico Vaglio, presso il Palazzo Baronale, di fronte alla scesa r’u vavaracano. Questa denominazione “Vaglio” è molto antica e si ritrova già in documenti del 1668 citati da Padre Salvatore Loffredo, “Turris Octavae alias del Greco”. A me resta un vago ricordo di averla sentita. Non ho trovato riferimenti certi (in verità non ho molti documenti da consultare) per l’origine di questo nome. Qualche storico torrese ritiene che il nome derivi dalla presenza di un mulino alimentato dalle acque del Dragone, forse quello costruito da Gaetano De Bottis nel 1794, più di un secolo dopo la testimonianza di cui sopra, sostenendo che Vaglio stia a indicare il luogo “dove si cerniva la farina, da cui il nome”. Il termine “vaglio”, come setaccio, non lo ricordo come parola torrese e non lo trovo registrato nei dizionari della lingua napoletana. Non convinto da tale etimologia, ho ipotizzato una derivazione da “baglivo”, funzionario addetto alla riscossione delle imposte e giudice di controversie minori. Nella Napoli angioina il termine baiulus è attestato in documenti dal 1269 in poi col significato di amministratore delle rendite, dei censi e dei tributi del sovrano. A Napoli era detta Bagliva la sede giudiziaria e si definì Baglivo e poi Vaglivo il sito che ancora oggi ne conserva il nome nella zona di via Tribunali. Giambattista Basile, 1635, chiama “lo Baglivo” lo spazio urbano che ospitava l’ufficio della Bagliva. A scesa r’u vavaracane:
Via Barbacane. La denominazione deriva dalla presenza degli speroni di rinforzo, i barbacani, del Palazzo Baronale. Aretafuntana:Il largo posteriore alle Cento Fontane, dove la grariata era grariatella. Una volta era riservato ai segatori, quelli che tagliavano i tronchi per farne tavolame. Abbasciastazzione:
La stazione delle ex Ferrovie dello Stato. Ci si arrivava passando davanti alla fraveca r’u gghiaccio ’i Mainiero e alla fraveca r’i buattelle, lo stabilimento delle conserve Le Belle della famiglia Vitelli. L’etichetta rappresentava na ceppa ‘i pummarole. Ncoppacalasteco:
Dal passaggio a livello della ferrovia, fino a ntascala. Via Calastro. Con il termine ncoppacalasteco si individuava l’area dove sorge il mulino, quel promontorio sul quale c’era una antichissima fortificazione. Il termine Calastro ha in sé la radice – cala – ad indicare un approdo. Prima di arrivare al mulino, dopo la cancellata della ferrovia, c'era una volta u palazzo r’a Tianara, crollato per vetustà negli anni quaranta, dopo la guerra.
C’era anche il ristorante di “Mimì a mare”, proprio sul promontorio che guarda Portosalvo.
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Ncoppacapitaneria:
Proseguendo, la caserma della Capitaneria
di Porto, proprio di fronte alla scalinata che porta abbasciupuorto.
Su quel promomtorio c’erano i segatori, quelli che riducevano in
tavole enormi tronchi. Abbasciumulino:
All’incrocio con via Cesare Battisti,
davanti al Mulino Marzoli, sorto nei primi anni del novecento come Mulino
Feola e Jandeau. U mulino:
Un ricordo di nonno, Mastu Ciccio,
che partecipò alla costruzione del Mulino Feola Jandeau, nei primi anni
del novecento. Abbasciumaciello:Dopo i silos del mulino, c’era il macello. Dal
costone di roccia tra il macello e il mulino u camio r'a munnezza
scaricava in mare l'immondizia dei torresi. Addu Chiarinammare:
L’antico ristorante “Chiarina a mare”, dopo il macello. Abbasciasantupieto:
La zona di Calastro dove la Cupa San Pietro, una volta un lagno, un canalone, arrivava ntascala. L'amore patrio racconta che sulla spiaggia dì Calastro sarebbe sbarcato l'apostolo Pietro proveniente dall'Oriente. La leggenda nacque da un documento apocrifo del 1400, diffuso da un certo Pappansogna, notaio. Ntascala:
La spiaggia più antica di Torre. Il termine “scala”
prende origine da “scalo”, approdo. Prima della trasformazione
urbanistica, le spiagge di Torre erano due: A scala e u cavaliere. Noi di
vasciammare, però, i bagni li facevamo ammontuscaro e
ncoppascarpetta. U scuogliero luongo:
Lo scoglio risale alla eruzione del 1631. U scuogliero francese:Uno dei due scogli emergenti nel mare della scala, a l confine con Resina. Abbasciasanbiaso:
Dalla scala, quasi a confine con Resina, passato il sottopasso della ferrovia, c’è la chiesa di San Biagio. Alla festa del santo, il 3 marzo, si andava a prendere il tarallo e l’olio benedetto per il mal di gola. San Biaso, u sole p’i ccase.
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