La Storia di Torre del Greco
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Altre eruzioni vesuviane arrecarono danni notevoli alla città nel 1724, 1737 (ove rimasero colpite le chiese di S. Maria del Pianto e del Carmine),1760; in quella memorabile del 15-16 Giugno 1794 la lava di fuoco precipitatasi dalle falde del vulcano la sotterrò quasi tutta, gettandosi fin nel mare: andarono distrutte la Porta di Capo la Torre, le chiese di S. Croce di cui rimase semisommerso il robusto campanile, di S. Maria dell'Ospedale, del Principio, la Fontana pubblica, i quartieri in più punti; ancora semisommerse la Madonna delle Grazie, l?Immacolata Concezione e l'Assunta.
Il re offrì ai torresi il suolo di S. Giovanni a Teduccio, ma questi rifiutarono "per amore del suolo e religione della patria (3). E si diedero a ricostruire la loro città dov'era. La fine del secolo vedeva un nuovo sconvolgimento politico provocato questa volta dalla rivoluzione francese apportatrice di nuove idee di libertà, uguaglianza e rinnovamento sociale. Ferdinando IV dichiarava guerra alla Francia che aveva occupato il confinante Stato della Chiesa. Ma questa con un esercito guidato dal generale Championnet invase il suo Regno, ottenendo la resa facile delle città, mentre le popolazioni delle province si ribellavano allo straniero.
  
                  
        L'albero della Libertà dei Repubblicani

A Napoli si organizzarono in bande armate i plebei dei vari quartieri, i cosiddetti lazzari che organizzarono la guerriglia contro i traditori della monarchia, i repubblicani e i francesi. In una situazione sempre più confusa e pericolosa l'imbelle re, il 23 dicembre 98, con la sua famiglia fuggì a Palermo. Nei paesi dei dintorni di Napoli si prese parte agli avvenimenti e a Torre del Greco i realisti occuparono la Torre di Bassano e il fortino di Calastro, catturarono diversi repubblicani e li fecero incarcerare nel castello portandone; altri, si accorsero che questi erano diminuiti di numero perché liberati e protestarono presso il governatore Nicola Fiorentino, il quale, per vendicarsi incolpò costoro di falsi e inventati delitti mettendoli in carcere. Dopo un ricorso al Tribunale gli accusati furono liberati e chiesero a loro volta la punizione del governatore (4).
Continuarono in Napoli i tumulti in una vera insurrezione popolare contro lo straniero, ma Championnet, vincendo l'ultima disperata resistenza dei lazzari, il 23 gennaio '99 entrò vittorioso in città fra lo stupore del popolo e l'entusiasmo dei repubblicani (5). Un gruppo di idealisti libertari proclamò la Repubblica partenopea, su modello francese.

1) Castaldi, op. cit. pag 141-152; V. Di Donna: L'Università pag, 190-207.
2) Colletta: op. cit. vol. I libro II, capo II, par XVI; Castaldi, op. cit. pag. 168-170.
3) P. Colletta: op. cit. libro III, cap. II, XIV.
4) V. Di Donna: L'università, pag. 386-387.
5) A Consiglio: Lazzari e Santa Fede: passim.
 

     
         Il Cardinale sanfedista Fabrizio Ruffo


Fu eretto nelle piazze l'albero della libertà e anche a Torre del Greco questo fi innalzato nel largo del Carmine mentre il canonico don Saverio Loffredo, repubblicano pronunziò il discorso celebrativo davanti alla folla, esclamando: "Spuntasti alfine, o giorno aspettato e tanto felice...!" (1).
Ma il Cardinale Fabrizio Ruffo, con bande armate di contadini, briganti e delinquenti calabresi, risalendo dalla Calabria, riconquistava man mano il Regno per conto di Re Ferdinando. Nel giugno 1799 ci fu l'estrema resistenza dei repubblicani abbandonati dai francesi. Il Generale Giuseppe Schipani coraggioso ma ingenuo, dopo essere stato sconfitto a Cava con i suoi 1500 uomini, mosse da torre Annunziata per Torre del Greco per raggiungere Napoli, ma a Portici fu bloccato dai Borbonici e si barricò nel forte del Granatello martellato da un cannone da Pietrarsa e da due navi inglesi, e attaccato l'11 giugno. Rimasto ferito e perduti degli uomini decise una sortita e mandò una compagnia dei suoi alle spalle dei nemici che, sorpresi lo costrinsero ad uscire dal forte e a combatterli in una cruenta battaglia, corpo a corpo, fino alla parrocchia della città, mentre i porticesi bersagliavano dalle finestre; ad un certo punto diversi dei suoi, spauriti, passarono ai nemici e catturarono i propri commilitoni. Lo Schipani, con pochi compagni travestito, riuscì a fuggire nelle montagne di Sorrento dove fu catturato il 14 seguente. Le bande del Ruffo giunsero al Ponte della Maddalena, al forte del Carmine vincendo le ultime resistenze e il 21 giugno erano padrone di Napoli. Alla vendetta del Re Ferdinando che ritornava sul trono furono sacrificati i maggiori responsabili repubblicani e fra essi lo Schipani (19 luglio 1799) e il governatore Fiorentino (12 dicembre 1799). Il canonico Loffredo, che si era nascosto nel buio dell'abbandonata chiesa dell'Assunta, riuscì a farsi perdonare, scampando così alla forca (1).
Intanto la città, risorgeva dalle rovine: si ampliava il centro urbano con la costruzione di Via del Campanile (attuale Salvator Noto), Via Nuova Capo la Torre (attuale Via Roma) le due strade larghe alla Marina parallele alla ferrovia per l'opera dell'architetto napoletano Ignazio Di Nardo, incaricato dall'Università; si costruivano dallo stesso Di Nardo e per volontà del vice parroco Don Vincenzo romano la nuova parrocchiale di S, Croce e le Chiese di S. Maria del Principio, dell'Assunta, dell'Immacolata Concezione e della Madonna delle Grazie.


1) V, Di Donna: L'Università, pag. 387.  
2) Vincenzo Cuoco: Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli, cap. XLVII-LI; Pietro Colletta: op. cit. libro IV, cap. terzo, XXVI-XXIX e libro V, cap. primo, I-X; Vincenzo Di Donna: L'Università, pag. 387.