5 |
UMBERTO D’AMATO
La prima volta di Umberto D’Amato,
vice presidente Commissione tecnica Confitarma
La preziosa
sorella Rosalia
Torre del Greco, 3 dicembre ’99
Nelle famiglie armatoriali e regola che i primogeniti portino il nome del
nonno paterno. E il caso di Umberto D’Amato, ingegnere navale, responsabile
dell’ufficio tecnico f.lli D’Amato.
Dieci anni fa, un incidente terribile gli ha cambiato la vita. Nell’agosto ’89
era sul punto di raggiungere moglie e figlioletto in vacanza in Sardegna, quando
un grosso incendio di origine dolosa scoppio nella località dove i suoi avevano
casa. Mentre sua cognata rimase in casa e fu salva, la moglie, presa dal panico,
si accodo con il bambino ad altre macchine di gente che disperatamente cercava
di evadere da quel rogo infernale. La vettura, avvolta dalle fiamme, si
incendio. Ma la beffa del destino fu ancora più atroce. Mentre Umberto piangeva
i suoi due cari perduti, dall’autopsia venne a scoprire che i morti erano tre.
La moglie era incinta del secondo figlio senza che né lei stessa, né suo
marito Umberto ne avessero ancora conoscenza.
Porto il nome di nonno Umberto
"E la prima volta che concedo interviste. Sono il riservato di famiglia.
Mentre altri possono classificarsi Vip – scherza – io mi ritengo un Nip (no
important person).
Come primogenito ho sentito come un impegno il portare il nome del nonno. Nonno
Umberto da bambino mi conduceva con orgoglio a spasso per Torre, e si che aveva
gia nipoti con il suo nome, ma io ero il primogenito di suo figlio maggiore
Giuseppe, predestinato a succedergli nell’attività armatoriale di cui andava
fiero. E perciò che lui e mio padre, gia a sette otto anni, mi imbarcavano ogni
estate come passeggero in vacanza dalla scuola su navi di famiglia. La
Maddalena fu la prima a tenermi a battesimo da Monopoli a Molfetta. Sicché
sin dalla tenera età imparai ad essere in sintonia con il mare e a prendermi in
cura da solo.
Una scuola dura
A quindici anni fui "svezzato", e da signorino passeggero, fui
catapultato senza tanti riguardi, a fare il mozzo, poi il giovanotto di
macchina.
Provenendo da scuola altrettanto dura, mio padre controllava, prima di darmi la
paghetta, che avessi i calli sulle mani ogni volta sottolineando la durezza di
questo mestiere che si impara dalla gavetta. A ventitre anni ero gia ingegnere
navale. All’Università ero arrivato dal liceo scientifico.
Il Nautico
Oggi mi spiace di non aver fatto il Nautico, perché la scuola nautica
dovrebbe essere rivalutata. L’ing. Corradino Ciampa, uno dei pilastri del
"Nautico", riportava le chiacchiere di due donne per strada: "Io
tengo due figli. Uno fa ’u garzone di macelleria, e sta buono. N’ato fa ’u
netturbino e sta meglio’e tutti. ’U terz’, puveriello, nun ’a truvat’
nient’ e ’a avut’ ’i’ pe’ mare".
D’altronde le prevenzioni per chi si prepara a ’i pe’mare non si
fermano qui. Persino i vari professori della scuola media si rammaricavano se
alla loro domanda di rito – Cosa vuoi fare dopo? –, rispondevo di voler
frequentare il nautico. – Tu sei pazzo, quella e la scuola di chi zoppica, di
chi va male, non e per uno come te che tiene tutti 7 e 8." – Va da sé
che al nautico di ragazze all’epoca che lo frequentassero, manco a parlarne.
Oggi ce n’e appena qualcuna. D’altronde pochissime donne sono imbarcate su
navi che fanno linea fissa.
Marinai e vita di bordo
Ci definiamo gente di mare, ma la vita a bordo da noi e sopportata come
sacrificio immane. Mentre il marinaio filippino scrive a casa: "I am happy.
This is my new family", 1’italiano e incazzato perché vede 1’amico,
raccomandato dal sottosegretario tal dei tali fare il guardiano al museo mentre
a lui tocca farsi le ossa lontano da casa. Eppure gia all’epoca della canzone
"Se potessi avere 1000 lire al mese", a mare se ne guadagnavano
3000.
E pensare che il marittimo italiano, specie il meridionale, per la sua
particolare umanità, era fra i più ricercati a bordo: le più grandi
petroliere di società americane ricercavano comandanti e manovalanza italiana.
Oggi il marittimo e il poverino che non riesce a trovare un posto a terra.
Di solito viene a bordo impreparato mentre pakistani, filippini ed indiani, a
scuola cominciano dall’Abc: come si indossano gli occhiali protettivi, come si
mette il piede a bordo, e cosi via... E il Nautico non si può dire all’avanguardia.
Marittimi con un minimo d’infarinatura non se ne trovano e, da
scontenti, non ci mettono la buona voglia d’apprendere.
E triste che in Italia non esista una politica efficiente per creare posti di
lavoro per mare. I posti da noi creati vengono fatalmente occupati da pakistani.