Il Corallo B. Liverino  pag 7 di 14

Fu detta "montagna" per le sue dimensioni e per la complessità dell'opera, famosa non tanto per il soggetto, allora piuttosto ricorrente, della vita di Cristo e della Madonna, quanto per la ricchezza di scene e di personaggi. Tra i tanti gruppi di cui si componeva figuravano due interi presepi, una fuga in Egitto, venticinque giochi d'acqua, quattro cappellette e molte figurazioni relative alla Passione, alla Crocifissione e alla Flagellazione.
In questo stesso secolo Genova non è da meno; la sua produzione, a differenza di Trapani, non presenta alcuna peculiarità, ma la qualità dell'incisione è eccellente e 1'attività abbastanza diffusa. Gli specialisti sono più di 150, mentre le maestranze addette alle operazioni per la lavorazione dei grani (taglio, tornitura, pulitura, foratura) sono numerosissime e particolarmente attive nell'entroterra di Val Bisagno e Val Polcevera.

La produzione "commerciale" di Genova veniva assorbita prevalentemente dall'India, dalla Spagna, dall'Armenia, le quali pero costituivano solo i centri da cui i manufatti prendevano altre destinazioni. L'arte dei "corallieri" genovesi, molto ben organizzata, era suddivisa tra "mercatores", cioè commercianti per lo più borghesi, e "artifices", lavoranti della plebe. L'importanza di questa estesa categoria si rileva dal fatto che, fin dal 1477, essa aveva chiesto al Governo la propria " universitas ", sottoposta a regole fisse dalla stessa formulate.
Tali regole, dette "capituli", approvate solo nel 1492 e successivamente modificate, disciplinavano l'attività e i rapporti tra gli addetti, compresa l'assistenza reciproca, ed i doveri da rispettare. Ad esempio, ogni sabato due "maestri" dovevano andare in giro tra i corallieri raccogliendo le loro "elemosine". una meta era devoluta alle giovani da marito, l'altra metà ai poveri ammalati e alle partorienti, sempre appartenenti a quell'arte. Coloro che si fossero rifiutati di adempiere a tale dovere venivano puniti con un'ammenda di ben 3 lire.

Nel 1500 si trasferì nella città ligure il maestro Filippo Santacroce, oriundo di Urbino, il quale portò 1'incisione a quel livello artistico che rese Genova uno dei capisaldi della scultura di corallo. La città non aveva molto da invidiare a Trapani tanto che, quando Andrea D'Oria volle donare a don Diego di Cordova coralli scolpiti, non dovette rivolgersi altrove bastandogli attingere ai lavori del valente Santacroce.

L'uso del corallo, sempre molto diffuso, diveniva anche più differenziato: dalla medicina all'ornamento, all'arte.
Alla prima si destinava il corallo "terragno", mentre il resto andava ai soliti "paternostri ", alle olivette e alle nascenti opere di scultura, delle quali qualche esemplare venne prodotto, oltre che a Genova e Trapani, anche a Napoli, Venezia, Parigi, Norimberga.


Capezzale di argento dorato e corallo.
Trapani - Sec. XVII - Coll. privata


"Cristo tra i ladroni" - Lavoraz. siciliana
Sec. XVII - Museo Liverino


Crocifisso su rame dorato e corallo "Sciacca"
Trapani Sec. XVII - Museo Liverino