Il Corallo B. Liverino  pag 6 di 14

 

Comunque, la storia dice che questo primo impiego «artistico» del cormo (1471) va al senese Gabriello d’Antonio e l’opera assunse la denominazione di «Albero di Lucignano» o «Albero della Croce». L’idea, naturalmente, dette lo spunto agli orafi di tutta Europa, i quali realizzarono magnifici lavori generalmente commissionati loro dalle varie Corti e Signorie. Si distinguevano gli orafi di Norimberga, favoriti nella loro attività da una Compagnia italo- tedesca costituitasi a 1’Aquila fin dal 1441.
A mano a mano che ci si avvicina al ’500 si hanno i primi accenni di «scultura» di corallo. Il Tescione ne riferisce alcune: un ramo inciso a serpente, un cane, un S. Michele, cammei riproducenti Cesare, S. Giovanni o teste del Bambino.
Nel 1400-1500 la trasformazione dei cespi, diffusissima anche a Marsiglia, continuava ad essere praticata a Napoli, Trapani e Genova. L’attività nel suo insieme era molto intensa e nel solo Regno di Sicilia, dove affluiva pure corallo pescato a Taranto, gli addetti al taglio, arrotondatura e pulitura superavano i 500.
Oltre ai soliti «paternostri» si producevano le olivette e non solo a Napoli e a Trapani, ma anche a Genova; fu in tali due ultime città che la produzione divenne più qualificata e diversificata. A Trapani la trasformazione si accentrava quasi del tutto nelle mani degli ebrei, per cui, quando questi con editto dei Re Cattolici Isabella e Ferdinando d’Aragona furono espulsi dall’isola (1492), 1’attività si paralizzò quasi. Poi, dopo alcuni anni, un banchiere (Gian Battista Fardella) per ripristinare quella lavorazione tanto importante per 1’economia di Trapani, indusse alcuni ebrei alla conversione e, quindi, a riprendere il loro posto in città. Dal ’500 e per un paio di secoli, questo centro divenne il punto di riferimento di tutto quanto relativo al corallo; i maestri «curaddari», le cui 25 botteghe erano tutte accentrate in un’unica strada, pur dedicandosi alla sempre prevalente produzione dei grani e delle olivette, eseguivano le prime incisioni che furono anche di carattere sacro. Risalgono, infatti, alla prima meta del XVI secolo gli inizi della lavorazione artistica trapanese, dovuta, pare, al «grande siciliano che rese estatico il mondo tutto». Chi fosse questo «grande siciliano» non si sa con precisione; secondo alcuni potrebbe essere stato Antonio Ciminello, incisore famoso, al quale tra le altre invenzioni va attribuita quella di «sottoporre il corallo all’artificioso lavoro di bulino». Intanto la bravura dei trapanesi era ormai in discussa e affermata; nel Mediterraneo erano gli "scultori" per antonomasia e a Barcellona godevano di privilegi del tutto eccezionali.

Ogni città che praticasse la lavorazione, o che volesse iniziarla, prima o poi attinse a questo vivaio umano: Amalfi aveva bisogno dei trapanesi se voleva smerciare in Oriente anche corallo lavorato; la Signoria de' Medici chiamo a Firenze incisori dalla Sicilia per i suoi tesori; Napoli aveva già qualche corallaro di Trapani con bottega propria e poi nel '700 per il "laboratorio delle Pietre Dure" volle Laudicina, il migliore incisore siciliano. Benché il Podestà dica che furono due genovesi, Boccardo e Lastrego, a introdurre nel '600 1'arte in Livorno altri autori, sostengono che la lavorazione vi fu importata (1602) da corallari ebrei espulsi dalla Spagna da una crociata antiaraba ed antisemitica. Il perché della scelta labronica va ricercata nelle favorevoli esenzioni fiscali, già previste dagli statuti medicei (1575) e dalle successive leggi (dette "livornine") offerte a chi voleva iniziare nella città toscana una nuova attività.
Tale attività col passare del tempo divenne quella primaria per Livorno. Dal primo laboratorio del 1602 si passa a ventidue nel 1699, tutti appartenenti ad ebrei e che davano lavoro a migliaia di persone. Il '700 e il secolo del trionfo del corallo, sempre in mani ebraiche, sia nella lavorazione che nel commercio: i nomi Franco, Suarez, Attias, Santoponte, Chayes e tanti altri ne sono testimoni. La lavorazione era prevalentemente in mani femminili e prerogativa delle corallaie era di avere "occhio fine e svelta di mano". E queste mani produssero nel 1740, per la prima volta, le "olivette" e le "gocce" del corallo. Naturalmente anche Livorno nel corso degli oltre tre secoli di attività ha vissuto alti e bassi, ma risulta inusuale che proprio nel ben mezzo di una crisi (1865) nasce il Laboratorio dei fratelli Lazzara: il perché lo abbiamo trovato in uno scritto, "... c'è sempre qualche imprenditore che crede nel corallo!" Questo Laboratorio ebbe grande successo e nel 1905 era il maggior produttore con oltre 1000 operaie. Rimarrà attivo per mezzo secolo ancora, poi nel 1957 chiude: e con sé porta via l'attività corallina di Livorno.
Ora, facendo un passo indietro riprendiamo l'argomento sulla città siciliana. La fama di Trapani fu favorita anche da un particolare impiego dei cormi rossi: incrostazioni di piccoli manufatti destinati all'ornamento di arredi sacri e domestici, i cui primi segni si ebbero a meta del '500. Della scultura la Sicilia era ormai padrona e al 1570 risale una realizzazione nella quale si suole ravvisare l'apoteosi della sua arte: la "Montagna di Corallo" donata dal Viceré di Sicilia a Filippo Il, Re di Spagna