Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 41

Le tragedie dei corallari torresi 

             Disgraziatamente nonostante l'interesse del governo,e nonostante il varo di alcune unità della flotta da guerra specificatamente volute per la protezione delle coralline, le tragedie continuarono ad infierire nel corso delle campagne di pesca. Con gli inizi dell' 800 complice il sovvertimento napoleonico, infatti, la recrudescenza delle aggressioni barbaresche ebbe un suo apice. Persino il Martin dovette intervenire in diversi casi per implorare l'interessamento del sovrano in favore di qualche sfortunato torrese. Così ad esempio il:  

"18 ottobre 1807

 

   Il Signor Martin, Direttore della Manifattura del Corallo nella Torre del Greco rimette una lettera che un Marinaio di quel luogo, schiavo in Algieri, dirige alla sua famiglia per comunicarle l'orribile miseria nella quale giace, per aver quel Console Francese sospeso il sussidio che somministrava ai Schiavi Napoletani.
    Prega quindi V.E. di metterlo in istato di calmare le afflizioni,che tale lettera ha sparso in quella popolazione..." (109).

            Proprio l'anno precedente, mentre a Napoli saliva al trono Giuseppe Bonaparte, che sarà avvicendato nel 1808 da Gioacchino Murat, i francesi mediante gli accordi del sig. Devoize erano riusciti a sbloccare le trattative con il bey di Tunisi per la pesca del corallo, che peraltro, ufficiosamente, era stata riavviata nei dintorni di Tabarca già dal 1805 ad opera del sig. Raimbert appositamente destinatovi allo scopo. Fu soltanto però nel 1810 che si pervenne alla stipula definitiva del trattato. La riapertura dei banchi, per la prolungata assenza della pesca, fu immediatamente contraddistinta da una redditività talmente ingente, da far ignorare le intimidazioni algerine. Per cui: "...da allora, e fino all'anno 1812 che rimase a Tabarca il Raimbert ricevette centinaia e centinaia di battelli. Egli fu un vero benemerito della pesca del corallo ed un tenace difensore dei diritti dei Francesi e dei Napoletani di fronte al bey... I prodotti... a seconda dei disturbi degli Algerini fomentati dagli Inglesi, furono abbondanti, e si dovettero aggirare intorno a una media di 1.500.000 franchi annui di greggio, e gli armatori riuscirono a conseguire cospicui guadagni..." (110).
   
        Nel frattempo, sebbene alternando da decenni fasi di feroce belligeranza con altre di infida quiescenza, rocedeva la guerra tra le Reggenze di Tunisi ed Algeri prodromi del riacutizzarsi sembrano potersi ascrivere al 1806: secondo la tipica prassi corsara agli scontri militari propriamente detti si affiancavano scorrerie navali miranti a sconvolgere i rispettivi interessi commerciali e la sia pur minima credibilità internazionale guadagnatasi.vviamente: ...vittime di questa situazione, Napoletani ebbero, ella stagione del 1806, 3 coralline catturate dagli Algerini, ella Baia di Bona, tutti gli equipaggi furono fatti schiavi." (111). Della tragedia ne abbiamo la testimonianza di una delle vittime, il torrese Pietro Loffredo, il cui padre e tre fratelli si trovavano appunto a Bona in quella disgraziata circostanza. Così la sua rievocazione:  

     "...quei mari abbondavano di corallo; era nota a tutti tale produzione, tanto che per andare a farne pesca adoperavano delle piccole barche di 6 tonnellate, esponendosi al naufragio o ad essere fatti schiavi dai barbari, perchè la bandiera dei Borboni non era amica. Ma con il cambiato governo di questo Regno, nel 1806, non vi era più dubbio sulla condotta di quella Reggenza; ove esisteva da antico tempo, la buona armonia tra Francia e le potenze barbare.  

     Ed infatti si portarono i nostri pescatori colà: e tra questi si trovava anche il nostro padre, con due barche, tutte equipaggiate di uomini, con provviste di viveri, per quanto la capacità permetteva,e gli ordigni per tutto il tempo che durava la pesca. Naturalmente era compreso anche il fondo di cassa per il bisognevole durante la pesca e ritorno. 

    Aveva portato con sé tre dei miei fratelli, il più piccolo appena contava 11 anni compiti,mentre il maggiore era l'istesso che era stato liberato da Tunisi l'anno prima. 

    Arrivati in Algeria, nel porto di Bona, sventolando la bandiera francese, accolta sempre come amica dal Bey d'Algeri, ricevono il permesso d'uso da Console della Nazione; e subito si mettono alla pesca... Il viceconsole sventolava la sua tre colori nella stessa città di Bona, mentre i corallari erano stati ammessi tranquillamente a pescare, indistintamente tanto i Corsi pescatori, come i nostri Torresi: ma dopo sei mesi, questi sono dichiarati napoletani, ed i Corsi tenuti come veri francesi! Codesti non erano certo atti onesti e lodevoli esercitati dai potentati, a danno dei sudditi a potenza debole ed odiati dall'istesso loro sovrano, che vilmente li aveva abbandonati e dalla Sicilia ne pretendeva la sovranità... Nelson intriga, ed il nostro povero padre e i miei tre fratelli sono messi alla catena sotto il turco. Il povero nostro padre, vedendo il viceconsole di Bona, e avendogli fatta dimanda, se era vero, che si dubitava della loro nazionalità, e che perciò non voleva aspettare la decisione, pro o contro, ma era risoluto ad alontanarsi: richiedendo le sue carte di spedizione, si era sentito rispondere: Nò, non dubitate, 'Voi siete Francesi'! 

     Veramente non si dubitava dal rappresentante sulla nazionalità: perché egli riteneva veri sudditi francesi tanto i parigini,come i Corsi o i Napoletani. Cotal viceconsole si chiamava M.re Lion; questi alle istanze contro tanta ingiustizia rispondeva: 'state di buona pace ché la Francia vi farà pagare, ed avrete la soddisfazione di tutte le perdite e sofferenze. Tanto vero che quasi per il corso di un anno il Console Generale di Algieri passava un sussidio giornaliero a tutti questi catturati. Ma dopo cessò interamente. Ed a questi venne imposto di non considerarsi più appartenenti a quella nazio­ne,ma stimarsi napoletani. 

     Conviene notare chi erano i padroni al comando di queste barche di cui abbiamo fatto discorso. Il numero delle persone non ci è noto,ma le barche furono 22: i padroni comandatori (comandanti) si chiamavano così:

 

     Giulio Passariello                 Tre barche di pro-

     Rocco Gallo                           prietà di  Antonio

     Vincenzo Gallo                     Passariello

     Francesco Pasariello           Due barche di esso

     Nicolaniello Lombardo        Passariello

     Tomaso Loffredo                 Due di essi due

     Francesco Loffredo              Fratelli

     Tomaso Palomba                 Proprietà di queste

     Domenico Pontillo               era  Pietro Loffredo

     Vincenzo Di Donato             Propietà di Giuseppe Loffredo

     Giosuè Loffredo                   Proprietà di  nostro

     Niocla detto Torda               padre Giosuè Loffredo

     Antonio d'Alessio                 Proprietà Gennaro Sannino

     Francescantonio Ascione    Proprietario

     Raffaele Ascione                  Proprietario

     Stefano Ascione                    Proprietario

     Stefano Perna                       Proprietario

     Giambattista Pandolfo        Proprietario

     Gennaro Magliulo                 Proprietario

     Leonardo Sportiello             Proprietario

     Antonio Cennamo                Proprietario

     Raffaele Mancone                Proprietario