La
lavorazione del corallo
Da un
punto di vista, invece, strettamente commerciale proprio a ridosso
di quel fine secolo si registrano i primi provvedimenti governativi
miranti ad incentivare ed a proteggere l'attività artigianale connessa
con il corallo. Agli inizi del 1790 infatti, il: "...Supremo
magistrato del Commercio presentò al governo un 'piano' per regolare la
vendita del prodotto pescato, in modo che i pescatori non dovevano vendere
all'estero il corallo, come era da sempre avvenuto. Dovevano, invece,
essere gli acquirenti a recarsi a Torre del Greco e ciò per un più
oculato controllo. E il 27 gennaio 1790, il primo ministro Giovanni Acton,
partecipava l'approvazione con la quale si istituiva in Torre del Greco la
'Real Compagnia del Corallo'... [cui] venne assegnato un fondo di 600.000
ducati, equivalente al prodotto medio di due campagne di pesca, diviso in
1.200 azioni di 500 ducati ognuna. Azionisti potevano essere soltanto i
sudditi del regno di Napoli a qualunque rango appartenessero...
L'istituzione non ebbe né lunga, nè prospera vita. Non si conosce
nemmeno quando ebbe termine..." (107).
Tuttavia l'iniziativa abortita,forse per eccessiva ingordigia degli
azionisti come sembra suggerire il Colletta, segnò una indubbia linea di
tendenza. La commercializzazione del corallo a Torre costituiva la
premessa per l'avvio della sua lavorazione che in pratica non si fece
attendere. Non mancava, infatti, una larvata esperienza artigianale
maturatasi sia pure accidentalmente e sporadicamente nei secoli passati.
Importante pure la competenza prestigiosa nella incisione dei cammei di
tanti suoi maestri, in un certo senso, propedeutica e contigua a quella
del corallo. Difettava, invece, una coerente vocazione imprenditoriale,
peraltro da sempre carente nell'intero regno di Napoli: non a caso l'avvio
dell'attività va ascritta ad uno straniero, ed ancora una volta ad un
marsigliese, Paolo Bartolomeo Martin. Suo tramite sorse nel 1805 la prima
grande fabbrica a Torre del Greco per la lavorazione del corallo.
Di origine genovese,già direttore per un decennio della Compagnie
Royale d'Afrique, il Martin rappresentava una rarissima sintesi di
intraprendente dirigente industriale e di profondo esperto del settore in
ogni singola fase. Proprio alla luce della sua acclarata competenza la
scelta di eleggere a sede della inedita impresa la località dove affluiva
in maggior quantitativo il corallo appare conseguenziale. Re Ferdinando IV
non si fece sfuggire l'occasione, non solo autorizzandolo rapidamente ma
concedendogli anche una privativa decennale con ampia esenzione fiscale,
singolarmente ed emblematicamente confermata pure da Giuseppe Napoleone
l'anno dopo. Unica limitazione il mantenimento: "...a sue spese di
alcuni giovani apprendisti e di insegnar loro il mestiere così che,allo
scadere della privativa, la lavorazione potesse divulgarsi senza difficoltà.
Ai torresi, invece, non venne richiesto nulla a tutela degli interessi
dell'imprenditore: anzi i pescatori erano persino liberi di vendergli o
meno il grezzo e i commercianti di continuare ad importare il lavoro da
qualsiasi centro convenisse loro.
L'impianto prese sede nel palazzo del Marchese Caracciolo di
Castelluccio, nell'attuale Via Diego Colamarino, e già l'anno successivo
a quello di avvio dava lavoro ad una trentina di operai locali; oltre alla
solita lavorazione di prodotti a superficie liscia si eseguiva anche la 'faccettatura',
importata da Marsiglia, che ne era stata uno dei primi centri.
Il Martin, attento alle evoluzioni del mercato e seguendo il
divulgarsi in Europa dello stile Impero penetrato anche nella gioielleria,
decise di adeguarsi ai tempi inserendo l'incisione nella gamma dei suoi
manufatti... [e la manifattura] dopo cinque anni dal suo nascere contava
200 lavoranti ed un esteso giro di affari..." (108).
Ovviamente un tale successo in un contesto ambientale dove il
corallo circolava ad iosa, ad onta di qualsiasi privativa, non poteva non
incentivare numerosi emuli. In breve migliori dipendenti del Martin,
infatti, divennero altrettanti titolari di laboratori autonomi, e le
proteste legali del 'direttore' vennero drasticamente respinte. L'attività
lavorativa del corallo iniziava così a divenire una peculiarità di Torre
del Greco e dei suoi cittadini chiudendo virtualmente il ciclo aperto
dalla pesca.
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