Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 17

 Disgraziatamente la soluzione si rivelò ben presto non solo strategicamente inadeguata ma addirittura controproducente. La presenza delle fortezze spagnole, e delle loro guarnigioni,incapaci di controllare il territorio, provocava invece i barbareschi, determinandoli quasi a riscattarsi dalla umiliante imposizione fornendogli, in ultima analisi, quella concordia d'intenti che non apparteneva nel passato alla loro tradizione. Per i 'presidi' significò la più assoluta segregazione e per i loro uomini il più inumano dei soggiorni, infatti la:"...vita dei presidi non poteva non essere miserabile. Nei pressi dell'acqua, i viveri imputridiscono, gli uomini muoiono di febbre; il soldato alla lunga muore di fame. Per molto tempo il rifornimento avvenne per mare; poi, ma solamente ad Orano, il paese circostante fornì carne e grano,apporto che divenne regolare sulla fine del secolo. Le guarnigioni vivevano dunque generalmente come equipaggi di navi,non senza rischi...
                 Inoltre, la loro organizzazione interna non era affatto favorevole al buon andamento dei presidi. Lo lascia intravedere il regolamento del 1564 a Mersel-Kebir. La fornitura dei viveri ai soldati veniva fatta dai magazzinieri, al prezzo fissato dai bollettini di spedizioni delle merci, e spesso a credito: era il dannoso sistema degli anticipi sul soldo, occasione di terribili debiti per i soldati,che comperavano sempre a credito dai mercanti in transito. Talvolta, in caso di difficoltà o di complicità delle autorità locali, i prezzi salivano smisuratamente. Per non estinguere i loro debiti insostenibili, certi soldati disertavano e passavano all'Islam. La cosa più grave era che il soldo era meno alto in Africa che in Italia: motivo di più, quando s'imbarcavano truppe destinate ai presidi, di non dire loro in anticipo la destinazione, e, quando vi si trovavano, di non dar più loro  il cambio... Solo i malati,e non sempre, potevano ritornare agli ospedali di Sicilia e di Spagna.In realtà i presidi erano località di deportazione: nobili e ricchi vi andavano ad espiare le loro colpe..."(61).
                Nonostante ciò i 'presidios' rimasero nella concezione e nella pratica militare spagnola a lungo subendo, tuttavia, diversi adeguamenti e moltiplicandosi ulteriormente nei decenni successivi, infatti:"...tra il 1560 e il 1570 con una politica continua, senza clamore, ma efficace con l'andar del tempo, si rinforzò pazientemente e si sviluppò la massa dei presidi. Mortai, calce, mattoni, travi, assi di legno, pietre, vasi per il trasporto di terra,pale zappe: ecco ciò di cui parlano la maggior parte delle lettere dei presidi. A fianco dell'autorità dei capitani del posto, ecco  ingrandirsi la funzione e l'autorità del veedor, l'«economo», il tesoriere pagatore; e anche quella dell'ingegnere...Il presidio nondimeno s'ingrandiva: attorno al primitivo rettangolo bastionato...tutta una corona di nuove fortificazioni...Si aggiungano un molino a vento,magazzini, cisterne, dei «cavalieri» sui quali vien sistemata una potente artiglieria di bronzo: perché l'artiglieria è la forza, la ragion d'essere delle fortezze...
            Ai tempi di Filippo II, dunque i presidi s'ingrandiscono,si muniscono di nuove fortificazioni, divorano materiali di costruzione, spesso portati da molto  lontano... richiedono incessantemente nuovi zappatori, dei gastadores... Il soldato al pari del volgare gastador vi maneggia pala e picco..."(62). Il che significò una sottrazione ingentissima di uomini e di risorse. Quale fosse la rilevanza militare di un presidio intorno alla metà del XVI secolo, lo dimostra il dato che le opere difensive realizzate in un trentennio ad Orano  ed a Mers el Kebir costarono la cifra immensa di circa 3 milioni di ducati e la sola guarnigione di Orano si attestava su 2.700 soldati più 90 cavalleggeri allorquando l'intero regno di Napoli era custodito e difeso da 5.000!

 
            Dal punto di vista della pesca del corallo tuttavia quella discutibile opzione costituì una sorta di propizia  occasione.Gli spagnoli, infatti, già in passato avevano avviato la pesca del corallo lungo le coste nordafricane, ovviamente con rischi enormemente maggiori di quelli corsi dai pescatori in Sardegna. La linea dei presidi consentiva, pertanto, una meno temeraria attività ed al contempo apriva anche agli italiani, ed ai napoletani in particolare,altre zone di pesca relativamente sicure e notoriamente molto remunerative. Il confluire nell'impero asburgico dei regni di Sicilia, di Sardegna e di Napoli, sotto una unica corona, attuatosi a partire dagli inizi del '500 e completatosi stabilmente intorno agli anni trenta dello stesso secolo, incrementò tali potenzialità ma inserì, purtroppo, nella vicenda l'esasperazione dell'aggressività turco-barbaresca nei confronti di tutti i suoi sudditi.
             Proprio intorno alla metà del '500, confermatasi Trapani quale principale piazza per la lavorazione del corallo, e come base per le operazioni di pesca Alghero, inizia a farsi rapidamente più consistente la presenza di imbarcazioni e marittimi di Torre del Greco sui teatri di pesca. Dal porticciolo della cittadina vesuviana le coralline sciamaano, al termine dell'inverno, verso la costa sarda tra Oristano e Porto Torres, concentrandosi tra Bosa ed Alghero, ormeggiandosi spesso alla foce del Temo, insieme alle genovesi e siciliane, tutte protette dalle artiglierie del massiccio torrione.