Disgraziatamente
la soluzione si rivelò ben presto non solo strategicamente inadeguata ma
addirittura controproducente. La presenza delle fortezze spagnole, e delle
loro guarnigioni,incapaci di controllare il territorio, provocava invece i
barbareschi, determinandoli quasi a riscattarsi dalla umiliante
imposizione fornendogli, in ultima analisi, quella concordia d'intenti che
non apparteneva nel passato alla loro tradizione. Per i 'presidi' significò
la più assoluta segregazione e per i loro uomini il più inumano dei
soggiorni, infatti la:"...vita dei presidi non poteva non essere
miserabile. Nei pressi dell'acqua, i viveri imputridiscono, gli uomini
muoiono di febbre; il soldato alla lunga muore di fame. Per molto tempo il
rifornimento avvenne per mare; poi, ma solamente ad Orano, il paese
circostante fornì carne e grano,apporto che divenne regolare sulla fine
del secolo. Le guarnigioni vivevano dunque generalmente come equipaggi di
navi,non senza rischi...
Inoltre, la loro organizzazione interna non era affatto favorevole
al buon andamento dei presidi. Lo lascia intravedere il regolamento del
1564 a Mersel-Kebir. La fornitura dei viveri ai soldati veniva fatta dai
magazzinieri, al prezzo fissato dai bollettini di spedizioni delle merci,
e spesso a credito: era il dannoso sistema degli anticipi sul soldo,
occasione di terribili debiti per i soldati,che comperavano sempre a
credito dai mercanti in transito. Talvolta, in caso di difficoltà o di
complicità delle autorità locali, i prezzi salivano smisuratamente. Per
non estinguere i loro debiti insostenibili, certi soldati disertavano e
passavano all'Islam. La cosa più grave era che il soldo era meno alto in
Africa che in Italia: motivo di più, quando s'imbarcavano truppe
destinate ai presidi, di non dire loro in anticipo la destinazione, e,
quando vi si trovavano, di non dar più loro
il cambio... Solo i malati,e non sempre, potevano ritornare agli
ospedali di Sicilia e di Spagna.In realtà i presidi erano località di
deportazione: nobili e ricchi vi andavano ad espiare le loro
colpe..."(61).
Nonostante ciò i 'presidios' rimasero nella concezione e nella
pratica militare spagnola a lungo subendo, tuttavia, diversi adeguamenti e
moltiplicandosi ulteriormente nei decenni successivi, infatti:"...tra
il 1560 e il 1570 con una politica continua, senza clamore, ma efficace
con l'andar del tempo, si rinforzò pazientemente e si sviluppò la massa
dei presidi. Mortai, calce, mattoni, travi, assi di legno, pietre, vasi
per il trasporto di terra,pale zappe: ecco ciò di cui parlano la maggior
parte delle lettere dei presidi. A fianco dell'autorità dei capitani del
posto, ecco ingrandirsi la
funzione e l'autorità del veedor,
l'«economo», il tesoriere pagatore; e anche quella dell'ingegnere...Il
presidio nondimeno s'ingrandiva: attorno al primitivo rettangolo
bastionato...tutta una corona di nuove fortificazioni...Si aggiungano un
molino a vento,magazzini, cisterne, dei «cavalieri» sui quali vien
sistemata una potente artiglieria di bronzo: perché l'artiglieria è la
forza, la ragion d'essere delle fortezze...
Ai tempi di Filippo II, dunque i presidi s'ingrandiscono,si
muniscono di nuove fortificazioni, divorano materiali di costruzione,
spesso portati da molto lontano...
richiedono incessantemente nuovi zappatori, dei gastadores...
Il soldato al pari del volgare gastador
vi maneggia pala e picco..."(62). Il che significò una sottrazione
ingentissima di uomini e di risorse. Quale fosse la rilevanza militare di
un presidio intorno alla metà del XVI secolo, lo dimostra il dato che le
opere difensive realizzate in un trentennio ad Orano
ed a Mers el Kebir costarono la cifra immensa di circa 3 milioni di
ducati e la sola guarnigione di Orano si attestava su 2.700 soldati più
90 cavalleggeri allorquando l'intero regno di Napoli era custodito e
difeso da 5.000!
Dal punto di vista
della pesca del corallo tuttavia quella discutibile opzione costituì una
sorta di propizia occasione.Gli
spagnoli, infatti, già in passato avevano avviato la pesca del corallo
lungo le coste nordafricane, ovviamente con rischi enormemente maggiori di
quelli corsi dai pescatori in Sardegna. La linea dei presidi consentiva,
pertanto, una meno temeraria attività ed al contempo apriva anche agli
italiani, ed ai napoletani in particolare,altre zone di pesca
relativamente sicure e notoriamente molto remunerative. Il confluire
nell'impero asburgico dei regni di Sicilia, di Sardegna e di Napoli, sotto
una unica corona, attuatosi a partire dagli inizi del '500 e completatosi
stabilmente intorno agli anni trenta dello stesso secolo, incrementò tali
potenzialità ma inserì, purtroppo, nella vicenda l'esasperazione
dell'aggressività turco-barbaresca nei confronti di tutti i suoi sudditi.
Proprio intorno alla
metà del '500, confermatasi Trapani quale principale piazza per la
lavorazione del corallo, e come base per le operazioni di pesca Alghero,
inizia a farsi rapidamente più consistente la presenza di imbarcazioni e
marittimi di Torre del Greco sui teatri di pesca. Dal porticciolo della
cittadina vesuviana le coralline sciamaano, al termine dell'inverno,
verso la costa sarda tra Oristano e Porto Torres, concentrandosi tra Bosa
ed Alghero, ormeggiandosi spesso alla foce del Temo, insieme alle genovesi
e siciliane, tutte protette dalle artiglierie del massiccio torrione.
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