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Fig. 3 –
Cronologia schematica delle principali eruzioni del Somma- Vesuvio (dis. modif. da: Gasparini R Musella, 1991). In verde sono rappresentate le eruzioni pliniane. In rosso le eruzioni che hanno dato lave ed il periodo eruttivo interpliniano 1631-1944. In tratteggio sono indicate le eruzioni di dubbia attribuzione cronologica. Le date in parentesi indicano 1’età delle eruzioni a partire dal presente; quelle non in parentesi indicano 1’anno dell’era cristiana in cui e avvenuta 1’eruzione.

possediamo la descrizione più antica, appunto quella tramandataci da Plinio il Giovane nelle sue lettere a Tacito. Essa e di fondamentale importanza anche per l’archeologia dei paesi vesuviani: fu la causa della morte di oltre 2000 persone e del seppellimento o della distruzione di numerosi centri abitati romani che sorgevano alle falde del vulcano, tra cui Pompeii, Herculaneum e Stabiae. L’attività eruttiva continuo negli anni successivi (fig. 3) caratterizzando una fase interpliniana costituita da eventi eruttivi di moderata energia e di tipo misto culminanti, nel 472 d.C., con una grande eruzione subpliniana nota come "eruzione di Pollena", caratterizzata dalla emissione di imponenti colate piroclastiche e nubi ardenti. Meno conosciuta e l’attività del Vesuvio durante l’epoca medioevale (fig.3), perché sono scarse e di dubbia attendibilità le fonti scritte che danno informazioni di eruzioni vesuviane avvenute in questo periodo. Secondo alcuni autori (Rosi R Santacroce, 1986; Rolandi R Russo, 1989), sono storicamente accertate solo undici eruzioni accadute prima del 1631, ma gli affioramenti sul terreno di vulcaniti rapportabili a queste eruzioni sono comunque scarsi e di dubbia attribuzione cronologica. Tuttavia sembra ormai accertato che l’eruzione, a carattere essenzialmente esplosivo, avvenuta nel 1139 probabilmente chiuse un lungo periodo di eruzioni caratterizzanti la fase interpliniana seguita all’eruzione del 472 d.c. Quindi una lunga inattività sembra aver caratterizzato il vulcano vesuviano dal 1139 al 1631, quando con una nuova ed imponente eruzione subpliniana, sicuramente la più disastrosa del millennio, il Vesuvio riprese la sua normale attività eruttiva. L’eruzione del 1631, secondo alcuni autori (Rolandi R Russo, 1993; Rolandi et al., 1993; Rosi et al., 1993), fu senz’altro esplosiva ed emise una gran quantità di vulcaniti da caduta aerea (lapilli e ceneri), che si depositarono verso settentrione, e da flusso piroclastico, che scorsero invece lungo il versante costiero alterando la topografia dei luoghi. La contemporanea fuoriuscita o meno di lave e ancora oggetto di discussione. L’effetto più imponente di questa eruzione fu la decapitazione del precedente cono vesuviano, che risultò abbassato di ben 450 m, con formazione di un nuovo cratere, molto svasato (Nazzaro, 1989). La fase finale dell’eruzione fu caratterizzata da