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ALCUNI STRAORDINARI MESSAGGI  DI LUIGI MARI: DAL FORUM TORREOMNIA  

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Id 1966
TIPI DI IRONIA

Signori,
ci troviamo di fronte ad una evoluzione di forma. E' insorto un modo di postare, come dire, "seconda maniera".
Gli ultimi messaggi di Salvatore sono molto intesessanti, anche se fanno poco rumore per il Suo tipo di ironia adottato, cioè quella sottile, intelligente, da scandagliare.
Tutti sappiamo che l'ironia è l'espressione di una persona che, animata dal senso dell'ordine e della giustizia, si irrita dell'inversione di un rapporto che stima naturale, normale, intelligente, morale, e che, provando il desiderio di ridere a tale manifestazione d'errore o d'impotenza, la stimmatizza in modo reattivo rovesciando a sua volta il senso delle parole (antifrasi) o descrivendo una situazione diametralmente opposta alla situazione reale (anticatastasi). Il che è una maniera di rimettere le cose per il verso giusto.
Quando l'ironia è sottile allora risulta gradevole ed efficace, ma soprattutto è costruttiva. Non tutti sono in grado di fare una ironia come quella di Salvatore che non sfiora mai il sarcasmo. Forse Egli è avvantaggiato dallo "studio della parola" che oramai da un lustro lo contraddistingue.
L'ironia di Paolo, ad esempio, è a forti tinte, esplicita e strappa il buon umore di primo acchito, proprio perché è meno dotta, meno "avanzata" insomma è "nazional popolare". Quella di Salvatore è aulica, elitaria, ma altrettanto efficace.
E' un invito ad interpretare e non a leggere con superficialità questi post il cui risultato si rivela non solo gradevole, ma significativo nel senso del sociale.

Luigi Mari

Id. 1162
L'UOMO VESUVIANO
Stamane ha fatto quasi irruzione nella mia bottega un imberbe diciassettenne con tutte le caratteristiche della sua gioventù: slancio, impetuosità, azione e giovinezza. Non sempre c’è giovinezza nel giovane. E' una fortuna scoprirla. B.T. potrà vivere mille secoli e, per sua fortuna, mai distinguerà la differenza tra erudizione e cultura. Mai capirà la creatività e l'intuizione del bello deistico perché ne è egli stesso essenza e materializzazione. Soggetto e non oggetto, tanto meno infruttuoso fabbricatore di nodi culturali.
-" 'O zi', mit' 'a fa chilli cose, comme se chiammano: ah 'i cartuscelle p' 'i pumbiniere". (Testuale).
A questo punto mia moglie, Rosaria, si incuriosisce mette sotto torchio B.T., strizzandolo, fino all'ultima sillaba del repertorio depositato nel suo contenitore mnemonico, là dove un terzo grado si intimidisce e scappa da qualsiasi caserma del Globo.
La sua ragazza, A.F. presto sua moglie, sicuramente con tutte le pompe e le convenzioni dovute che la società perbenista circostante impone loro, nel miracolo divino della nullatenenza. Ha quindici anni e mezzo la pulcella. (Quel "mezzo" è stato un riscatto di colpa per il ragazzo che lo sottolinea quasi come se gli altri quindici anni non avessero importanza). Già incrinato il suo candore dagli occhi del mondo provinciali.
Il problema è che i ragazzi non sanno come pagare l'assistente extra al parto cesareo avvenuto ieri all'ospedale P. N. di Napoli. Ed egli filosofizza con un linfa consolidata “Chiù nnera d’’a mezzanotte non po’ veni’ “. E sorride. Non ride o sghignazza, ma sorride, puerile, casto, quasi con ancora i suoi denti di latte; con la sua tenera prima peluria di uomo in erba.
Non hanno tetto, non hanno lavoro, non hanno cultura, i ragazzi. Hanno solo quella creatura (ci ha mostrato la "polaroyd"). Sarò folle. Ma la figura dei bambini è un farmaco miracoloso per la mia massa cerebrale martoriata e sconnessa dalle nozioni e dall'erudizione coatta da tipografo editoriale. E tutte le "rotelle" dello scibile consunte, tutti i fil di ferro del sapere attorcigliato si sciolgono come la forchettata di spaghetti nell’esofago ingordo della cosiddetta “maturita”; per incanto i fil di ferro arrugginiti. indistricabili si rigenerano, si "sbrogliano". L'affezione cogitante incancrenita rientra, la cataratta culturale fa posto al cristallino dell'innocenza neonatale. E la trachea dei sospiri si dilata.
Vedo il futuro riscattato e redendo nelle braccia di quella acerba donna bambina dalle idee illibate; La testolina instabile di quel "soffio di Dio", adagiata e incerta sul bicipite di quel papà ragazzo i cui pantaloni corti testimoniano tutta l'incoscienza e la felicità di quella coppia. Loro sono i primi della classe “della vita e dell'amore”, cosa se ne farebbero del resto?. Se ne fanno un baffo della cultura e dei macchinismi cogitanti. Loro sono gli animisti del sentimento i neardental del cuore.
Ho detto a B.T. che "i cartuscelle p' 'i pumpiniere” non costano niente, li passa la USL. E' stato Dio, che avendo pietà degli Italiani e del loro autolesionismo, fatto di incomprensioni e di respinte fraterne ha riposto tutte le risorse e le manna dal cielo nella USL e nella CARITAS. A Torre, a Pordenone, a Messina non si muore fuori gli ospedali, come in america, perché la tessera sanitaria assicurativa è scaduta. La sanità è gratis da noi perché Dio gratis ci ha creati.
Sono gli uomini malvagi che speculano sulla salute dei fratelli.
E io sprofondo in un abisso di solitudine e di angoscia quando ascolto episodi squallidi relativi a qualche caso di baronato bianco infarinati nella boria dell'accreditamento clientelare, che specula sulla sofferenza umana. Uomini capaci di portare in camera operatoria persone sane, atterrite dalla peste della neoplasia, e vivisezionate, anche sapendo che quella famiglia sarebbe caduta, dopo, sotto il giogo dello strozzinaggio.
Io voglio pensare ai milioni di medici vesuviani puliti ed onesti, mai vittime dell'arrampicatura sociale diabolica ed inferma, suffragata dalle ambizioni smodate e disumane di mogli o "compagne" delle peggiori specie.
Io voglio parlare qui del novanta per cento di uomini vesuviani laboriosi, onesti e meritevoli, anche se talvolta un pochino scaltri e maschilisti per crogiolarsi nel loro folklore abitudinario, mai realmente nocivo, per il loro cromosomico retaggio lazzaronico del Viceregno.
Caro B.T. tu sei il mio uomo vesuviano futuro ideale. Mi commuove la tua diserudizione e l’esclusiva tua cultura dell'Amore irrorata della sola Acqua di Maggio.

Luigi Mari

Id. 1864
VIA PAOLO COZZOLINO
Caro Paolo,
tre locuzioni mi sono care: "Tutti insegnano a leggere e nessuno insegna a vivere".
"Le cose a questo mondo vanno male perché tutti fanno quello che fanno gli altri e non come quelli che fanno bene".
Infine: "Dopo morti tutti puzziamo allo stesso modo".

A cosa serve il titolo di una strada se questa dovesse chiamarsi Adolf Hitler strass?
Se si riesce a seminare e far nascere un solo fiore cosa importa il nome del contadino?
Col mestiere che mi ritrovo e con le amicizie editoriali napoletane che ho avrei potuto saturare Torre del Greco di Libri, gli argomenti non mi mancano, lo sapete, me li sento sotto i piedi come acqua sorgiva. Ma come non sono gli uomini che fanno i viaggi ma i viaggi che fanno l'uomo, è meglio leggere il vento che le frasi.
Pensa te la boria delle targhe viarie, che spesso ricordano anche condottieri sanguinari, politici corrotti, illustri per forza del potere e di prevaricazione.
Scrivere molti libri per il pensiero di una targa viaria post mortem sarebbe solo servito a saziare la mia boria, la mia presunzione, penalizzando la mia coscienza.
Vorrei che ci insegnassimo a vivere l'un l'altro, con i gesti e con le azioni, non con le parole. Verba volant. Non tre pillole pro die danno la felicità, ma tre abbracci sinceri. Cento libri stampati non valgono una sola lezione di vita, cioè un semplice, sincero gesto d'Amore, un alito di Libertà che ti sfiora le gote.
Pur certo che lo scritto è vaquo, non vita vera, a volte fisso il monitor, e la tastiera scrive da sola. Per condanna professionale vivo il virtuale gutemberghiano. Una malìa, un sortilegio. Scrivo sempre a braccio, senza dizionari, un pensiero segue l'altro, si cuciono e si concatenano da soli. Non c'è sforzo o sfintere che trattiene. Un fiume in piena che tracima, straripa, ribolle fino ad essere riassorbito nella mente carsica del lettore. Sono un vampiro che succhia inchiostro nella notte dell' "arte nera" nascosto al giorno della vita.
Non è bravura o capacità, è il risultato dei vissuti dolorosi dell'esistenza, è il pathos creativo dell'essere che si arrovella lungo il tempo trascorso tra le gioie più intense immediatamente dopo le pene più amare, è l'animo che si affina lungo gli anni e che immagazzina idee e tormenti, sete di giustizia ed elemosine d'amore. Non c'è progetto o metodo; l'architettura del pensiero è fluida come il sangue nelle coronarie all'altezza dei precordi. Nulla è voluto ma predestinato.
E' "scrivere". Pena e gioia fanno lo scrittore.
Cioè trasformare la vita in segni fonetici. Nessuna scuola, nessuna teoria, nessuna formula fa "scrivere". Non esistono ricette o allenamenti. E' un furore, un grido, una degenerazione della sblimazione, una disgregazione del sapere e una vittoria della infioritura sotto una delicata pioggerellina d'aprile.
Sarebbe solo servito a saziare la mia boria, stampare centinaia di libri, ad alimentare la mia presunzione, penalizzando la mia coscienza. Scrivere è il surrogato della vita, è il cimitero degli spasimi e degli amplessi, è il surrogato dei sogni.
Una volta l'hai detto, Paolo, senza volerlo, in un messaggio: "Lasciamo la letteratura al cartaceo". E riserviamo i voli pindarici al forum. Ma un libro è limato, è burattato da impurità e scorie. Qui almeno c'è l'anima nuda, autentica. Io impiego dieci minuti per un messaggio. Le ipocrisie non allignano in un tempo così breve.

Un fiore che ti sfiora, un profumo che ti inebria, una terra nuda sotto i plantari, uno spiccare un volo e sentire tutto sulla pelle non più nella virtualità dell'immaginazione, dedaleggiare e vivere, senza fonts, senza monitors, senza tipi. Semplicemente con la vita sulla pelle.
La vita addosso.

Luigi Mari

 

Id. 2551
FORUM SPERIMENTALE
Mio caro Nicola,
ogni volta che scrivi Ti confondo con il mio caro amico Nicola Scognamiglio da Milano. Invece sei Nicola Sanninio. Chiariamolo.
Sin dagli albori del forum ho sopttolineato che tale piattaforma non fosse una chat o un blob, ma un luogo serio di scambio di opinioni costruttive. Che può anche fungere da luogo di evasione, è chiaro.
Chi non ha voluto faticare secondo quella impronta si è rifugiato dietro le quinte con la scusa di temere "Interventi fenomenologici", così sono stati ironicamente definiti i discorsi di rinnovamento rinunciano persino all'evasione. Nulla da eccepire. Rispetto profondamente volontà ed opinione di tutti.
Tu stesso hai detto che il giudizio dell'argomento trascendenza varia da persona a persona. Parlare di bluff è eccessivo perché qualsiasi cosa in Torreomnia, pur se fosse fittizia, è ideata a fin di bene.
L'identificativo 1231 del forum del 24 febbraio 2005, aggiornato in questi giorni per risposte al 19 settembre 2005 dice:
Io faccio letteratura sperimentale. Il padre ne fu James Joyce col suo straordinario "Ulisses", inventore del dialogo interiore, poi Pasolini, Gadda, e sempre più nello sventramento Henry Miller, Anais Nin eccetera eccetera.
Vedi http://www.stampatipografica.it/tipografi/wolf.htm
Sono convinto che tutti sappiate di cosa sto parlando. Aggiungo che la letteratura sperimentale tende soprattutto a scuotere le coscienze, quello dell'autore per prima, a stupire, per sensibilizzare, per mettere l'interlocutore di fronte alle debolezze umane, agli errori costituzionalizzati, ai dogma socio-consolidati spesso incomprensibili secondo la logica comune, e soprattutto alla pseudo-moralità, al perbenismo bigotto e quant'altro. Questo chiede un prezzo: l'autobiografismo senza remore e senza limiti, anche se qualche riserva dolorosa è tollerata. Lo sventramento fino ad estremità tollerabili.
La letteratura sperimantale fa uso di tutte le forme di linguaggio figurato, è una metafora essa stessa. Quando non appare sotto la forma dichiarata di finzione, ma di messaggio reale allora può addirittura suggerire agli interlocutori gli estremi della paranoia.
Per questo, forse, ogni volta che mi si telefona mi si chiede: Stai bene, Luigi? Devo deludervi per tulle le volte che i miei messaggi vi hanno fatto pensare “Ma chisto nun sta bbuono c’’a capa”.
I parametri della sperimentazione sono attinti in massima parte dalla logica comune, lo sperimentatore li coordina e li redige e li esprime, e mette solo la sua creatività e l’inventiva che comunque si dipanano da una sorta di pathos creativo.
La letteratura sperimentale in questa sede è tosta, caustica, sconcertante: ma è una vera è propria fiction a braccio, estemporanea. Ma deve essere espletata nella più ampia lucidità e saviezza, altrimenti perde la sua essenza e il suo scopo.
L'intera sezione "Personaggi anonimi" si basa sulla letteratura sperimentale. Infatti per quanto quest’area vi è stata continuamente imbonita nessuno della comunità ha fatto un solo commento su di essa. Eppure nessuno ha dato per certo le cose straordinarie che nella detta area vengono rivelate. V'è una certa ricusazione per l'occulto, per il trascendentale, per il proibito (sesso) che si reagisce con l'indifferenza, con la fuga o con la teoria della scimmietta.
Concludo assicurando tutti che dietro vi è, sì, tutto un teatro progettuale, ma di estrema serenità e trasparenza d'intendi dove è escluso il dileggio, il ludico, e la goliardia gratuita.
E soprattutto le fondamenta della cosa in se sono: il rispetto, la stima e l'amore per la persona umana sulla base del desiderio profondo del cambiamento in bene secondo i parametri, ripeto, della logica e del buon senso comune di respiro planetario. Senza chiaramente nessuna pretesa e presunzione da parte mia.

Luigi Mari

Id. 1838

A PROPOSITO DI "COMETE"
Anto'
sono certamente un animale strano. Avvizzito, forse distorto dalla letteratura cosiddetta "avanzata", ho letto "Comete..." due volte, in passato, senza riuscire a trovare quello che cercavo. Facciamo le cose in fretta, desinando, con la TV accesa, ma soprattutto col cuore spento. Non lo avevo mai citato prima d'ora, "Comete,,,". Ma non l'ho mai "disdegato" né "rinnegato", ma mi sentivo in colpa nei riguardi di questo racconto, che non riuscivo a chiamare romanzo per deformazione professionale, affogato negli annosi tentativi di leggere senza capire appieno, non ancora iniziato, le pagine degli autori più citati della cosiddetta "letteratura bene", per poi, negli anni, allenato fino ad avere i bicipiti e i gastrocnemi del cervello oltre le tempie, fino a saper nemmeno più masticare tomi che non siano stati tradotti plurilingue.
Ho letto probabilmente "Comete..." due volte cercando forse non già le pagine che Antonio non ha scritto, quelle che ha dimenticato dentro, ma le pagine di Torre nascoste dentro di me, quelle che non solo, forse, non scriverò mai, ma non leggerò di nessun altro torrese. E' se stessi che il nostro istinto vuol leggere, non l’autore che sfogliamo. Scrutiamo dapprima il libro, lo annusiamo, poi ne leggiamo l’ultima pagina, indi cominciamo a sfogliarlo, non a leggerlo, come un vaso decorato, una stoffa variegata di Missoni, tra squilli di telefono e slittate di topo elettronico, lo sfogliamo con una sola mano. Ed il nostro cervello turrito e giustiziere con la toga e il tocco sentenzia apriori: “la solita solfa”.
Stasera il Tuo racconto su Lucio mi ha fatto rammaricare della boria che sento salire su per il viso quando “valuto” frettolosamente una fatica scritta, come il barbassoro che, appunto, sa sempre una pagina più del libro.
Si può anche leggere una stesura, dunque, prevenuti, deconcentrati, demotivati. Il racconto di Antonio su Lucio in questa proposta di discussione me ne ha dato atto. Nemmeno Marotta, il “re della pagina” mi ha commosso così, eppure non ce n’erano i presupposti. Lucio, Eduardo, Filumena, l’Abbagnanino spaurito. Tuttavia il messaggio mi ha disorientato, mi ha autodefenestrato dalla mia arroganza scrittoria, dall’incancrenimento scontato dei miliardi di caratteri alfabetici passatimi sotto gli occhi da sempre. Uno zio Paperone affogato nei depositi aurei del piombo fuso dell’arte nera.
Il racconto su Lucio ha spodestato in me la presunta proprietà critica. Queste note spontanee, in una dozzina di sequenze docili e susseguenti, come rivoli di ruscello, dolci e casarecce come vocalità materne imprigionate nei precordi, mi ha porto su di un piatto vermiglio corallino la chiave di lettura di "Comete..." come una rivelatrice introduzione, come una preparazione eucaristica, come una purificazione dal malessere endemico locale dell'autosufficienza che nessuno riesce a sfuggire tra le mura coralline, nemmeno i “predicatori” sedicenti come me, nella “sublimazione” del troppo.
Ho visto una trave nel mio occhio, stasera. leggendo Abbagnano, ho odiato Croce, Flora, Calcaterra, li ho visti vili, ciarlatani, separatori ab ipso corpore Christi di innocenti e accorate stesure. Ho disdegnato i Joyce, i Gadda, gli Svevo.
Grazie a questa pagina su Lucio, rileggo “Comete…” sotto una chiave diversa, più umana, più emotiva, più amorevole, spoglia dell’asetticità dottrinale. E’ un bel libro, dirò, quando avrò finito di leggerlo per la terza volta, ne sono certo, e lo leggerò sotto una romantica vampa di astearica; ho messo gli occhiali al mio cuore e per un po’ ho mandato in vacanza il cervello.

Luigi Mari

Id. 2006
I TESO' E GLI AMO' TORRESI
Signori.
Molti dicono che abbia affilato lame di sagacia e perspicacia dentro parametri desueti. Non me ne accorgo. Se ciò fosse avvenuto la mia cattedra è stata quel banchetto di accettazione della bottega di un metro per 50 centimetri, dove Tu, Ciccio, spesso appoggi il Tuo gomito e ti sciogli nelle Tue performance mimiche post-forum.
"Teso' e amo' " sono neologismi insorti negli anni 90, sono andati a braccetto, a Torre, con l'avvento dello "status simbol" della comunicazione civica e sostituiscono i vecchi ammiccamenti o "ostentazioni pettorali" muliebri celate del passato, esibite tra vasetti di garofani e rose delle traballanti costruzioni spagnole, perché il decolleté era penalizzato dal provincialismo. I "teso' " e " amo' " sono nati lì, dentro i due metri quadrati antistanti la porta d'ingresso della mia bottega, perché è quello l’altare preliminare del "rogito".
Per strada, al cinema, nelle case i "teso' " e gli amo' " vengono biascicati, accennati; all'atto della commissione delle partecipazioni, invece, sono la liturgia, l'omelia della "messa" del destino dell'unione monogamica, com'è vista nella plaga vesuviana.
Dopo i 9 mesi della gravidanza i "teso' e gli amo' " si sciolgono come neve al sole. Le commissioni successive alle partecipazioni, sacrali come enormi ostie consacrate, appaiono scolorite e artefatte similmente alle carte false.
Tu eri ostico all'ingresso nel forum, sei stato "guardone" per alcuni mesi come moltissimi, come me stesso in origine. Io reiteravo: "Chiamate Ciccio, dateci Raimondo". Perché mi avevi sparato prima a zero la dilogia, poi a bruciapelo le Tue credenziali de' "La prima volta di Enzuccio".
Io dico "teso' " e " amo' ", ma è il forum che parla e confabula con Te, Ciccio, io gli presto la voce come Cirano a Cristian, perché è tra Te e il forum è avvenuto è un innamoramento, io ne sono l'umile paaninfo.
E non è accaduto solo a te, io sono stato il primo ireretito, la prima “vittima” predestinata.
Tu, adesso sei "incinto" del forum ed incominci ad avvertire le prime doglie, i primi calci del feto, sei nel bel mezzo dei nove mesi di gravidanza. Ma la Tua è una gestazione sofferta, perché la tua mole di sensibilità artistica, di acume, di creatività, penalizzati dall'ambiente ostico, sente nuovi sbocchi, vede nuovi orizzonti; il forum rivela Te e i torresi come non mai, sotto un'ottica nuova. Poi partorirai, eh, se partotirai! Cioè prenderai consapevolezza del substrato che si cela nei meandri e nei cunicoli di questo straordinario strumento di confronto senza trucco e senza inganno. Ma lo scotto è che non pronuncerai né ascolterai più i "teso' " e gli " amo' ", dopo, perché ti sentirai svezzato, adulto d'amore e di libertà.
Tralascio il linguaggio figurato.
Il non ho nessun POTERE nel forum. Voi me lo attribuite, probabilmente per l'incapacità di riscoprirne parte in voi. Il potere è insito nel forum stesso perché esso è uno strumento di confronto diretto. Tra tutti i veicoli storici di comunicazione finalmente si può parlare di democrazia non purgata e di pari opportunità.
Il plebiscito è negativo solo se manipolato.
Ogni volta che appare aggressività nelle mie frasi è solo ironia, scherzo. Specie se si tira in ballo la signora Stella, che non è stata mai così famosa. Se Lei lo sapesse ne sarebbe felice perché è la prima volta che la si vede come un essere umano, prima di tutto, e non sotto la sferza del provincialismo bigotto e del deleterio perbenismo.
Nessuno in questo forum è incappato all'interno di un "ignobile gioco", come accenni. E' l'umana reazione ad un impatto troppo forte. Iscritti o anonimi tutti attraversiamo momenti di disorientamento fino, talvolta, a sentirci usati, dileggiati. Niente di tutto questo. Io posso dirlo perché sono l'unico che associa ai messaggi pubblici centinaia di messaggi privati, spesso che rivelano moti dell'animo e circostanze di profonda umanità.
Tutto può apparire come un gioco, ma un gioco serio, soprattutto costruttivo. E' anche e soprattutto nella lotta, nel contrasto, nel confronto che nascono le grandi amicizie, le vere fratellanze, quelle private, stipulate sottecchi sono complicità, ripieghi. Molti di noi moriamo senza aver avuto mai un VERO amico, una VERA compagna.
Ciccio, non far caso al linguaggio figurato, esso è solo colore. Ti voglio bene. Voglio bene tutti del forum, anche gli anonimi, infondo sono anch'esse creature di Dio.

Luigi Mari

Id 1779
GLI IPERTESTI NELLA MENTE

Come si sa i termini "ipertesti" e "ipermedia" si riferiscono a testi o immagini che contengono dei collegamenti. I collegamenti di questo tipo sono detti collegamenti ipertestuali, e si attivano facendo clic su una parola sottolineata o un'immagine evidenziata in una pagina web. Facendo clic su un collegamento ipertestuale vi spostate su un altro documento. Questi documenti possono essere altre pagine di informazioni, altri siti web, immagini o suoni. Gli ipertesti sono fissi non hanno variabili. Noi conosciamo gli ipertesti col nome pratico di link.
Accade che l'uomo moderno obnubilato dalla vastità dell'offerta culturale cartacea ed elettronica fissi nella mente delle patch, cioè dei percorsi come possono essere quelli di un ipertesto o un ipermedia, in altre parole, appunto, dei link.

Esempio: se usiamo la parola "morto",

il becchino lo chiamerà "cadavere",
il prete lo chiamerà "anima trapassata",
il messo comunale lo chiamerà "il defunto",
il notaio lo chiamerà il "de cuius",
e così via.

A seconda della forma mentis ed il bagaglio di nozioni e cognizioni che si è immagazzinato nella mente durante gli anni, col mosaico evolutivo personale, ciascuno adopera i propri percorsi mentali di ragionamento tutto a discapito della logica comune.
Quindi il cervello fa da filtro ed incamera non solo quello che è capace di capire, ma dirotta tutto ciò che portebbe apprendere di nuovo magari di migliore o di sostitutivo lungo gli "ipertesti" e gli " ipermedia" fissati nella propria mente soprattutto per fattori nevrotici che conducono dritti alla chiusura mentale, indipendentemente dalla vastità di cutura che si detiene.
Insomma è una monodirezionalità coatta dei neuroricettori del cervello che filtrano e castigano ogni forma di dialogo in maniera che le discussioni viaggiano sempre parallele e mai confluiscono o divergono a seconda del caso.
Alcune discussioni di questo forum ne sono la prova esplicita. Accade che una discussione anche omogenea e condivisivile induce allo scambio, o al prestito degli elementi per una eventuale e possibile fusione. Gli stessi elementi vengono assorbiti da interpretazioni teoriche diverse e fanno riferimento a nozioni dottrinarie non già necessariamente contrapposte, ma che acquistano, giocoforza, monodirezionalità. Insomma un po' la metodologia del "politichese", non sempre voluta e architettata, di rispondere alle domande con altre domande.
Scatta una sorta di ipoglottite mentale, una valvola biologica bolccata non già all'ascolto, ma all'assimilazione e all'elaborazione mentale dei dati.
Per cui sarebbe più logico definire alcuni messaggi non già appartenebti ad un "forum di discussione" ma ad un forum di "monodialoghi".
Guai se questo accade, poi, tra un uomo e una donna che crede, quest'ultima, di aver subito gregarismo storico, ma che è invece il vero sesso vincente, ma soprattutto il più fortunato.
Il mondo è pieno di ingiustizie specie riguardo le punizioni. Chi fa la pipì a letto, ad esempio, è il pisellino dei bambini, eppure chi prende le botte è il sedere.
Il peccato originale ha penalizzato l'uomo, non la donna, come dovuto.
L'essere umano, mammifero per eccellenza, è stato creato da Dio con due parti speculari biorganiche. Due occhi, due orecchie, due narici, due "emisferi cerebrali", due mammelle, due braccia, due gambe, due piedi, due reni, due polmoni, ecc, ma con un solo organo genitale perché in caso di "malfunzionamento" o inabilità non si può fruire della sostituzione.
Pure la donna ha un solo genitale, ma pur se "guasto" funziona lo stesso o almeno fa finta di funzionare, ma il maschio, a parte i nocivi rimedi chimici non adatti a tutti i casi, come rimedia?
Eppure la mela la mangiò Eva e non Adamo.

Luigi Mari

Id. 1811

APOLOGIA A CICCIO

Carissimo Ciccio,
i cambamenti li notano gli altri. Io che ho la fortuna e il piacere di vederti quasi tutti i giorni ho notato l'effetto in te del pausa-forum e del dopo-forum quotidiano. Questo salotto non migliora nè peggiora la gente, ma ne muta certamente lo spirito, rivela l'estenza di altri sbocchi, di realtà latenti e sublimanti presenti in ognuno di noi.
Segue inciso generico non rivolto a Te:
La terapia del forum agisce per accumulo, più passa il tempo e più si vedono i risultati, come nella cura con gli antidepressivi, e come questi ultimi guai a smettere, solo il ciclo completo porta alla consapevolezza dei i risultati.
Chi entra nel forum Torreomnia lascia ogni speranza, come nell'inferno di Dante; se scappa rimane nel buio delle proprie incertezze e fragilità, (tutti ne abbiamo); cioè il cliché ambientale. Chi persevera, che è comunque diabolico, alla fine beneficerà dei frutti dell'arricchinmento interiore, dovuto al confronto finalmente denudato, accorgendosi che molte cose non erano affatto da nascondere, perché sono "mostri da occultare" solo rispetto al perbenismo e al provincialismo, ma si rivelano candore rispetto all'Amore e alla Libertà quando di queste due vitali componenti se ne incomincia a sentire il sapore sotto il palato come un medicamento sublinguale che conosce la sola strada del cervello. Perché nel cuore Amore, Giustizia e libertà sono congenite, ma spesso latenti.
Ripeto che non mi riferisco alla Tua persona, chiaramente. E' un discorso generale che non esclude neppure me, soprattutto. Arrossisco alla sola idea di pensarmi puro, impeccabile, superiore. Puntini sulle (i) e tacchetelle sulle (t).
Le tue peformance, non sempre "forunatamente accolte" solo per errore di "residenza natia", sono mutate in creratività e spirito con l'esperienza del forum. L'altra mattina in bottega hai "sconvolto", si fa per dire, mia figlia Virna col gigionesco, istrionico commento sulla "mucca pazza del forum". Eri caricato come un'intera artiglieria dopo il comando "fuoco", e come essa hai anfanato senza sosta. Sono riuscito solo a dire: Ciao, alla fine.
La tua chioma strapazzata faceva sembrare Einstein un pivello, un principiante in fatto di "immagine da barbassoro"; altro che lingua fuori famosa. Sprizzavi gioia e furore. E gli occhi. I tuoi più grandi "traditori". Quante "corna" Ti hanno fatto i Tuoi occhi, speriamo chiusi per sempre il più lontano passibile.
I tuoi occhi che sono la fiction vivente degli occhi di pazzo, nessuno spalanca o aguzza gli occhi come Te. Potresti fare un concerto con gli occhi, scrivere un romanzo, con essi. Come fanno le donne a resistere a questo "essere umano completo ed autosufficiente che sono i tuoi occhi". Mucca non solo pazza, ma stupida o forse solo distratta, o perché forse non ha potuto subire la malìa nella prospicienza.
Potresti compire un coito con gli occhi, per questo mi guardo bene, su preterizione, chiamarle qui: "palle... degli occhi".
La Tua cultura non sta nelle dita scrittorie o sulle labbra oratorie ma negli occhi che hanno labbra e corde vocali, hanno cuore, fedeltà, vocazione i tuoi occhi. Un internista, un cardiologo, un urologo lacrimista, portebbero manipolare quei due piccoli mondi di cristallo, quelle due sfere magiche di rivelazione del Tuo vero essere.
Ieri mattina erano dolci, "edulcorati" i Tuoi occhi, non già di pesce o di folle o d'intesa come al solito, alla presenza di "apparati muliebri" ben consistenti nella mia bottega; o di infante, come altre volte, eccezionali nell'aspergere il vero umore del momento. Ieri mattina i Tuoi fari dell'anima facevano a cazzotti col significato polemico delle Tue parole contro la "mucca pazza" che avresti voluto palpare ben bene, oppure macellare tra le mani, per trasformare le parti "significative" nelle partenopee frattaglie cotte più comunemente dette da noi "'u per e 'u muss".
A proposito Ciccio, perché, le frattaglie cotte di maiale hanno come parti prelibate da "divorare col limone": la pelle (cientepelle), le labbra, la lingua, le mammelle, e i genitali, quasi un "coito gestroenterico". Tutto commestibile e squisito.
Guasta solo il piede utile probabilmente ai fecicisti) o, nel caso di macellazione di bue, il membro, che è altrettando prelibato (non è una battuta). Forse utile al terzo sesso.
Illuminami.

Luigi Mari

Id 1822

Caro Ciccio,
se Tu leggi i primi messaggi appurerai quante volte ho detto: “date Ciccio, date i Raimondo al forum”, poi il Buon Dio, misericordioso, oltre a Ciccio ha dato pure Francione, D'Agostino, ecc. ma non a me, alla città. Io cosa centro? Al massimo tra vent'anni scomparirò dalla scena, giocoforza, ma Torre no. Araba fenice, non ci sarebbero eruzioni che tengono.
Sono orgoglioso della nobile umiltà che trasuda dall'identificativo 1813. Sei uno dei pochi, Ciccio, che ha divelto la scorza. Ma sei partito avvantaggiato. Sono anni che nei composti dei Raimondo si subdora Amore e libertà.
Tuo padre è il “proprietario” letterario del tepore del sole imprigionate sulla scalea di S. croce fatta di basalti vesuviani contrapposto al comportamentale sanguigno che lo contraddistingueva, quasi un rifiuto del “crescere ipocrita” ed una venerazione sacrale dell’infanzia fatta di zuffe e risse oneste e istintuali.
Amore e Libertàm, nobili componeti, con l'aggiunta di Giustizia, cioè parità, uguaglianza, conducono diritti ai compromessi, a rinunce sociali e di facciata.
Ma tutto qui il problema? Ho mia cognata all'anagrafe, se volete, posso tentare di farmi sostituire il "Mari" in "Mare". Oppure posso scomparire dalla scena. Sono faticose queste tavole, sapete, o pensate sia un trastullo?. Ho intrapreso una "missione" spinosa, mi rende impopolare, odioso, antipatico prima che se ne abbia consapevolezza dell’essenza.
Ma credo che non servirebbe a nulla “cambiarmi i connotati”. Ho sempre detto che nei contesti dove alligna Amore, Libertà e Giustizia non esistono proprietari. La proprietà non è divina è un'invenzione umana. Gli animali "inferiori" non concepiscono la proprietà. Dio ci ha creati gratis. Basterebbe scrivere sui soliti cartacei locali, tre pagine di testo scopiazzato e trentetrè di pubblicità a piena pagina. L'apologia alla megalomania!, E questo che volete? Ricadere nel buco nero del disamore? Vogliamo continuare ad arrampicarci, ad inseguire il successo come fosse una donna nuda, che ci precede oscillando l’indice verso di se, suadente e voluttuosa per subire, infine, il miraggio qual è una chimera, una strada che ti costringe a penare come cului che è convinto di poter spegnere il fuoco con la benzina?
Sarebbe sufficiente creare un nuovo forum o utilizzarne altri esistenti, ve ne posso segnalare almeno venti su Torre. Ma avvertireste freddo e solitudine, come è accaduto a me. Vi rattristereste. Provando, con l'opzione “ricerca” di Word, a trovare la parola Amore, non apparirebbe neppure una volta.
E' tutto asettico e conforme ai protocolli web, ortodossi, fatti di bianchi e di ble, come negli ospedali, di scritte mirmicolanti sotto l'egida di una falsa e subdola euritmia. Lutto e tristezza come nella Liturgia concepita dagli uomini. Sempre nelle righe e nelle regole, senza uno strillo liberatorio, senza una carezza, senza un sorriso, una trasgressione. Un simpatico motivo barocco, un parruccone incipriato della memoria dei nonni. I siti torresi non ridono mai, notatelo, nemmeno piangono, perché non sanno amare.
PPersino e soprattutto "i dissidenti", care creature, sanno che ricadrebbero nella solita solfa. Nello stagno della smarrita napoletanità, angosciosa come un perduto amore.
Ma credi, Ciccio, che i Tuoi interlocutori non abbiano cuore?. Credi che non abbiano recepito il messaggio di Torreomnia? Nessun uomo non è stato prima figlio di mamma, paffutello, vezzeggiato, amato , prima di entrare nel carcere della crescita dove l’uomo che piange o ride sonoramente o che fa sberleffi è un insano. Proibito essere felici e se stessi! Questa è la "serietà" l'essere "Tutti d'un pezzo". Com'è stupido questo luogo comune.
Con uno schiocco di dita umile, non imperativo beninteso, tutti coloro che hanno deciso "di stare sempre comodi" nei protocolli, per loro scelta, correrebbero festosi nel forum, cioè nella "loro" magione d'oro, nella loro baita agreste dei sogni latenti, di un mondo più giusto e più "sano", che c'è; senza ostinarsi, ripeto, a lasciare le chiavi fuori casa propria e dormire all'addiaccio, nel gelo e nella solitudine causando freddo e malinconia pure a quelli che dormono al coperto.
Ma ogni invito è una forzatura, presuppone inconsciamente un tornaconto del postulante. Una delle piaghe del caratteriale vesuviano, la scaltrezza degenere, il dubbio e il sospetto ad ogni costo. Tutti i miei inviti iniziali sono stati un fallimento dietro una semplice parola fuori posto, sotto un adombramento ingiustificato.
E la consapevolezza che conta, e quella si acquisisce col tempo e con la maturità che, questa volta, non ha nulla a che fare con l'erudizione né con la cultura, come tutte le lezioni di vita. In casa propria si rientra con i piedi propri. Mari non c'entra nulla se non nella misura in cui centrano tutti i torresi che amano la nostra Mamma di pietra. Torreomnia ed il forun non sono miei. L'amore è lunica cosa al mondo che non ha proprietari!

Giggino Mari

(come Tu mi chiami; sagace, hai intuito che così mi chiamava mia madre.