RACCONTI
Fabiola
& Company
Storia di un depresso
di
Gianfranco Oliviero
Correva
l’anno 1987, conobbi Fabiola alle Terme di Saturnia (Gr),
con le sue amiche aveva raggiunto Renata, la ragazza di
Giulio, a Orbetello. Io venivo da Napoli per trascorrere il
periodo pasquale con i miei amici. Nella piccola cucina di
Giulio, un naturalista, ci furono le presentazioni. Bruna di
carnagione, i capelli neri corvino e gli occhi neri, Fabiola
si presentò a me come architetto dell’Università “La
Sapienza” di Roma. In quel periodo ero già molto
depresso. Ricordo che dormii una notte nei giardinetti di
piazza Risorgimento a Roma, imbacuccato dal mio giubbotto di
pelle nera.
I miei occhi sono verdi e la notte all’addiaccio me li
aveva cerchiati ancora di più. La mattina presto, da Roma,
presi il treno per Orbetello. Quando conobbi Fabiola parlai
di me e della mia depressione. Credo che gli facessi un
po’ schifo! Comunque essendo anch’io un architetto
(disoccupato) avevamo di che dilettarci con i grossi nomi
dell’Architettura moderna, e, visto che una tendeva per
Wright ed io per Le Corbusier, l’uno architetto organico,
l’altro funzionalista, esponevamo le diverse teorie che
erano alla base di questi due linguaggi architettonici.
Di poi, il fatto che lei era laureata alla “Sapienza” ed
io alla “Federico II” di Napoli mi determinava quella
certa area di soggezione, di cui ho sempre sofferto.
Comunque Fabiola mi veniva incontro ed osava parlare dei
disturbi mentali di una parte della sua famiglia, una parte
lontana, ma pur sempre integrante. D'altronde chi al giorno
d’oggi non è un po’ depresso o nevrotizzato dalla vita
che si conduce nelle grandi città o, al limite solo
stressato? Trascorremmo il
pomeriggio di quel giorno alle Terme di Saturnia, e lì mi
accorsi di aver perso, nel liquido caldo e nerastro, il
braccialetto d’oro, che il
padre della mia ragazza, Antonella, mi aveva
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Un intenso
abbraccio
regalato poco tempo
addietro. Dispiaciuto riferii l’avvenimento a Fabiola e
lei mi consolò dicendomi che, se fossi andato a trovarla a
Roma, me ne avrebbe regalato un altro.
Faby mi ha telefonato questo pomeriggio, è l’inverno del
2003, io sono ancora depresso, qualche psichiatra ha
sospettato che la mia malattia sia congenita, qualcuno ha
indagato, Maurilio lo ha confermato. Company sono i miei
amici “strizzacervello”, io non lavoro, Faby la sento
solo a telefono, vivo come nell’87, le terapie non mi
aiutano molto, oramai le abbiamo tentate tutte. Ciao mia
dolce Faby e grazie ancora di quanto mi hai regalato.
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Carta
e calamaio, gli strumenti
della poesia
Pazziann
‘o poeta
di Floriana
Vergara
Rint
‘a cheste quatte poesie
Me retrovo a pazzià
Ann ropp ann,
mese ropp mese,
juorn ropp juorn.
Ne son’ diventat’
assaie
Ma nunn fa mai successo.
Forse pecché c’e stà a sfortuna,
ma che m’importa,
quando mi legg
e mi rilegg, son felice.
Di solito
ciò che dice il folle l'ha ascoltato dai savi.
Lorenzo Magalotti
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POESIA

La gioia
delle favole
La
Casa mia
di Salvatore
Guida
Alla casa mia ci
sono due cani
Uno si chiama Lione
E l’altro Marrone,
fanno troppo casino,
la signora sotto al palazzo
si mette a gridare e dice:
“Fuori i cani dal palazzo!”.
Int a casa mia
C’è ‘na signora e nome Maria
Tiene o figlie carcerato
appena asciuto
e cerca sempre sord a mammà mia
e essa s’imbriaca e dà ‘e nummere
23, 22, 54, 56, 57.
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Amore
mio
di
Annamaria Sorrentino
Ieri
ho sentito dopo un anno
La tua voce al telefono,
dolce amore mio,
lo sai cosa ho provato?
Un groppo alla gola
Che mi ha impedito di continuare.
Tante cose avrei voluto dirti
Ma è presto, non ti pare, per amarci.

Un abbondante bacio
appassionato
Tutto sommato la follia è rara
negli individui se si considera che nei gruppi, nei partiti,
nei popoli, nelle epoche ne è la regola.
Federico Nietzsche
Al di
là del bene e del male"
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