Anno III
Novembre dicembre 2003
n. 11-12

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RACCONTI
         Fabiola & Company
                       Storia di un depresso

di Gianfranco Oliviero

Correva l’anno 1987, conobbi Fabiola alle Terme di Saturnia (Gr), con le sue amiche aveva raggiunto Renata, la ragazza di Giulio, a Orbetello. Io venivo da Napoli per trascorrere il periodo pasquale con i miei amici. Nella piccola cucina di Giulio, un naturalista, ci furono le presentazioni. Bruna di carnagione, i capelli neri corvino e gli occhi neri, Fabiola si presentò a me come architetto dell’Università “La Sapienza” di Roma. In quel periodo ero già molto depresso. Ricordo che dormii una notte nei giardinetti di piazza Risorgimento a Roma, imbacuccato dal mio giubbotto di pelle nera.
I miei occhi sono verdi e la notte all’addiaccio me li aveva cerchiati ancora di più. La mattina presto, da Roma, presi il treno per Orbetello. Quando conobbi Fabiola parlai di me e della mia depressione. Credo che gli facessi un po’ schifo! Comunque essendo anch’io un architetto (disoccupato) avevamo di che dilettarci con i grossi nomi dell’Architettura moderna, e, visto che una tendeva per Wright ed io per Le Corbusier, l’uno architetto organico, l’altro funzionalista, esponevamo le diverse teorie che erano alla base di questi due linguaggi architettonici.
Di poi, il fatto che lei era laureata alla “Sapienza” ed io alla “Federico II” di Napoli mi determinava quella certa area di soggezione, di cui ho sempre sofferto. Comunque Fabiola mi veniva incontro ed osava parlare dei disturbi mentali di una parte della sua famiglia, una parte lontana, ma pur sempre integrante. D'altronde chi al giorno d’oggi non è un po’ depresso o nevrotizzato dalla vita che si conduce nelle grandi città o, al limite solo stressato?
Trascorremmo il pomeriggio di quel giorno alle Terme di Saturnia, e lì mi accorsi di aver perso, nel liquido caldo e nerastro, il braccialetto d’oro, che il padre della mia ragazza, Antonella, mi aveva

 


        Un intenso abbraccio

regalato poco tempo addietro. Dispiaciuto riferii l’avvenimento a Fabiola e lei mi consolò dicendomi che, se fossi andato a trovarla a Roma, me ne avrebbe regalato un altro.
Faby mi ha telefonato questo pomeriggio, è l’inverno del 2003, io sono ancora depresso, qualche psichiatra ha sospettato che la mia malattia sia congenita, qualcuno ha indagato, Maurilio lo ha confermato. Company sono i miei amici “strizzacervello”, io non lavoro, Faby la sento solo a telefono, vivo come nell’87, le terapie non mi aiutano molto, oramai le abbiamo tentate tutte. Ciao mia dolce Faby e grazie ancora di quanto mi hai regalato.


Carta e calamaio, gli strumenti
della poesia

Pazziann ‘o poeta

          di Floriana Vergara

Rint ‘a cheste quatte poesie
Me retrovo a pazzià

Ann ropp ann,

mese ropp mese,

juorn ropp juorn.
Ne son’ diventat’  assaie

Ma nunn fa mai successo.
Forse pecché c’e stà a sfortuna,
ma che m’importa,
quando mi legg
e mi rilegg, son felice.
 


Di solito ciò che dice il folle l'ha ascoltato dai savi.
                     Lorenzo Magalotti

POESIA


         La gioia delle favole

La Casa mia

di Salvatore Guida

Alla casa mia ci sono due cani
Uno si chiama Lione
E l’altro Marrone,
fanno troppo casino,
la signora sotto al palazzo
si mette a gridare e dice:
“Fuori i cani dal palazzo!”.
Int a casa mia
C’è ‘na signora e nome Maria
Tiene o figlie carcerato
appena asciuto
e cerca sempre sord a mammà mia
e essa s’imbriaca e dà ‘e nummere

23, 22, 54, 56, 57.

  Amore mio

di Annamaria Sorrentino

Ieri ho sentito dopo un anno
La tua voce al telefono,
dolce amore mio,
lo sai cosa ho provato?
Un groppo alla gola
Che mi ha impedito di continuare.
Tante cose avrei voluto dirti
Ma è presto, non ti pare, per amarci.


  

Un abbondante bacio appassionato


Tutto sommato la follia è rara negli individui se si considera che nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche ne è la regola.

                 Federico Nietzsche
          Al di là del bene e del male"