Anno II
Aprile 2002 
n. 4

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Le attività della Missione
A
rcheologica I
taliana
di Alessandro de Maigret

Il 1980 è l’anno che segna la nascita della Missione Archeologica Italiana nello Yemen. Grazie ad un piccolo fondo del Ministero degli Esteri e al patrocinio dell’Istituto per l’Oriente di Roma, potei in quell’anno avviare una serie di ricerche sistematiche sul campo che si proponevano di scoprire chi avesse preceduto la cultura sudarabica e quale fosse il reale sfondo cronologico della sua storia, nonché di mettere a disposizione degli studiosi una nuova base documentaria sulla quale confrontare i dati già disponibili (per lo più epigrafici). Gli scavi sino ad allora erano stati pochissimi. E questo contrastava straordinariamente con la grande ricchezza di città, dighe e necropoli, e con la bellezza di statue, bronzi ed iscrizioni rinvenibili nel Paese. L’ultimo scavo, quello della Missione americana di Wendell Phillips, era avvenuto quasi trent’anni prima.
Già l’anno seguente, durante una ricognizione nel Khawlan at-Tiyal, avemmo la fortuna di imbatterci in un sito con resti di case circolari, ceramica e industria neolitica che non dimostravano alcun confronto con le antichità di periodo sudarabico.

Era questo il primo insediamento dell’età del Bronzo mai rinvenuto nello Yemen. Nella zona ne rinvenimmo poi molti altri.
Nel frattempo, le esplorazioni avevano rivelato anche l’esistenza di numerosi giacimenti archeologici pre-ceramici, ascrivibili sia al Neolitico che al Paleolitico. Le culture antiche dello Yemen, quindi, aumentavano in antichità e in quantità. L’Organizzazione Generale delle Antichità, chiese l’assistenza italiana per la creazione di nuovi quadri specializzati. Fu così che, nel 1983, la Missione divenne l’organo esecutivo, di un programma di formazione archeologica nello Yemen finanziato dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri. Il lavoro di cooperazione proseguì senza soste fino al 1987 e poi, con due altre convenzioni, dal 1989 al 1992.
All’impegno della ricerca, quindi, si aggiunse il compito della formazione. Questo però non fece che aumentare l’entusiasmo nel nostro lavoro.

Nel 1985 avemmo la possibilità di entrare nell’inesplorato territorio dei Banu Dabyan, a sud di Marib, e scoprimmo uno dei più importanti complessi archeologici di periodo sabeo antico, quello del Wadi Yala. Accanto ad una grande città fortificata, si estendeva un ampio centro agricolo con fattorie, dighe e campi militari e, soprattutto, si trovava una gola rocciosa nella quale erano incise numerose iscrizioni reali del periodo dei mukarrib (re confederali) di Saba.
Una serie di scavi fu condotta nel 1985-7 nella necropoli con tombe a torretta di al-Makhdarah e in quella con tombe ipogee di Waraqah. Il confronto tra i corredi e, soprattutto, tra i reperti ossei delle due necropoli dimostra l’esistenza nello Yemen del I millennio a.C. di due differenti popolazioni, la prima delle quali era composta essenzialmente di nomadi cui, probabilmente, erano devolute le operazioni relative al trasporto carovaniero.
Le ricerche sulla preistoria furono intensificate ed allargate. Il Neolitico, già trovato sull’altopiano (Khawlan, al-Hada), dimostrò di assumere facies culturali diverse nelle regioni del deserto (Ramlat Sab’atayn) e della piana costiera (Tihamah). Ricognizioni e scavi specifici evidenziarono infatti per queste antiche comunità, rispettivamente, economie di allevamento, di caccia e di pesca:
La Missione, con due campagne di scavo (1990, 1992), ha inoltre messo in luce nella parte meridionale dell’antica città minea di Yathill (oggi Baraqish), un importante tempio ipostilo dedicato, come ci dicono le iscrizioni, al dio patrono Nakrah.

L’edificio, in grandi blocchi monolitici, risulta ancora oggi conservato sino alla copertura e costituirà l’oggetto di una serie di restauri monumentali che dovrebbero avviar si in questo stesso anno 2000. Le quasi 100 iscrizioni rinvenute nel corso degli scavi costituiscono un’importantissima nuova fonte d’informazione sulla storia e sulla vita degli antichi Minei.
Possiamo concludere l’elenco delle attività condotte nell’ambito della cooperazione, ricordando le intense ricerche condotte anche sulle antichità di periodo islamico. In cinque anni di lavoro (1983-1987) gli esperti italiani hanno completato uno dei più ricchi inventari dell’architettura religiosa yemenita sinora disponibile.
L’avvio di una serie regolare di campagne di scavo nel sito di Hajar Kuhlan, l’antica Tamna’, capitale del Regno del Qataban e seconda città sudarabica dopo Marib, quanto ad estensione, costituisce, infine, il più recente impegno della Missione Archeologica Italiana. L’iniziativa, finanziata con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e dall’Istituto Universitario Orientale di Napoli, è condotta in compartecipazione con i Francesi nell’ambito di un programma comune di ricerche (che vede coinvolta anche l’Università di Pisa) sull’antico Qataban.
Una prima campagna di scavi si è conclusa (dicembre 1999) e i risultati sembrano fruttuosi. Nella zona nord-occidentale del sito è infatti venuto alla luce un grande tempio a corte (scoperto, per ora, solo per metà) che, secondo le prime analisi stratigrafiche, dovrebbe essere stato fondato intorno al IV-III sec. a.C.