SCOPERTE
ARCHEOLOGICHE
Quanto all’origine della lavorazione del corallo non si hanno, fino ad
oggi, dati precisi né sull’epoca né sul popolo che per primo l’avrebbe
praticata. Secondo 1’archeologo francese Salomon Reinach si dovrebbe
escludere la lavorazione del corallo presso genti dell’antichita che non
fossero i Celti.
Il rinvenimento di piccoli manufatti di corallo o con applicazioni dello
stesso, fa invece ritenere che questa «gemma» abbia cominciato ad essere
lavorata, o per lo meno modificata, dall’uomo fin dai tempi della
preistoria. Dobbiamo, naturalmente, all’archeologia e alla paleontologia
il ritrovamento dei reperti e la loro attribuzione alle diverse epoche. Le
scoperte più importanti sono state compiute nel periodo che va dal 1860
ai primi decenni del ’900 e, a differenza di quanto potremmo pensare,
sono avvenute in Paesi piuttosto lontani dal mare. Nel 1859, sulle sponde
del lago di Neuchatel furono trovati i resti di un insediamento neolitico
su palafitte (8000 a.C.) e, tra questi, frammenti di corallo lavorato;
successivamente, assieme ad ocra gialla e rossa e a conchiglie
mediterranee, vennero portati alla luce da una sepoltura paleolitica
(35.000-10.000 a.C.) alcuni grossi globi di corallo rudimentalmente
forati.
Poi, nei primi del ’900 nel Wiirtemberg (Germania) furono rinvenuti in
una caverna preistorica vari ornamenti personali, tra cui qualche corallo
bucato. In alcune zone ungheresi il corallo scopertovi, pulito e forato,
era foggiato a dischetti risalenti all’età del rame e del bronzo.
Presso Costanza si trovo uno spillone di bronzo con applicazioni di
corallo usato, forse, per ornare e fissare una capigliatura femminile.
La suppellettile neolitica, rinvenuta in una grotta in Liguria,
comprendeva un manufatto bucato a forma di cilindretto e non di sfera come
i precedenti. Ma il più antico corallo inciso venne scoperto nella Grotta
dei Piccioni, in provincia di Chieti.
Qui, in una delle tante sepolture neolitiche, era un idoletto di corallo
rosso 3x4 cm. in ottimo stato di con servazione. A tale reperto gli
studiosi attribuirono eccezionale importanza per l’evidente uso
esoterico dell’amuleto e per i due segni lineari trasversali che
provavano, per la prima volta, 1’incisione in tempi cosi lontani. Dalle
scoperte di corallo lavorato anche in epoche preistoriche, una
constatazione risulta particolarmente interessante per noi.
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Quella semplice,
rudimentale tecnica permise all’uomo primitivo di foggiare il corallo in
forma più o meno sferica e di forarlo perché potesse adornarsene: oggi,
dopo migliaia di anni, benché con mezzi e tecnica diversi, i cormi
subiscono prevalentemente la stessa trasformazione.
Nel vicino Oriente, dove alcuni millenni prima della venuta di Cristo la
tecnologia era gia molto avanzata, la trasformazione e 1’impiego del
corallo si affiancavano a quelli delle materie più preziose. Con 1’ametista,
1’agata, il lapislazzulo esso veniva utilizzato nella raffinata e ricca
oreficeria dei Sumeri che allora occupavano un territorio più o meno
corrispondente all’attuale Iraq. Testimoniano ciò sia una corona d’oro
con coralli e lapislazzuli, rinvenuta in una tomba reale del 3’
millennio a.C. e conservata presso 1’University Museum di Filadelfia,
sia un pregiato pezzo di oreficeria della stessa epoca e dei medesimi
materiali, riproducente il ramo di un albero, che trovasi al British
Museum.
a vita degli Egizi, tra il 5000 ed il 3000 a.C., era legata ad attività
svolte tutte sedentariamente, che comprendevano la tessitura, la
lavorazione del vimine, della ceramica e delle pietre dure, tra cui il
corallo. Quest’ultima doveva essere piuttosto diffusa, benché limitata
alle pietre preziose allora conosciute in Egitto: 1’ametista, il
diaspro, 1’agata, la perla, il cristallo di rocca, alcune specie di
turchesi ed i coralli dei quali anche la «Tubipora Musica». Di tali
pietre sono fatte le collane e le piccole figurine ritrovate nella
necropoli di Memfi e di altre città. Gli elementi delle stesse sono a
forma di losanghe, quadrati, sfere, gocce la cui calibratura, foratura,
lucidatura denotano un elevato grado di evoluzione nella produzione
di tali manufatti, paragonabili al nostro « liscio ». Se poi a questi
associamo le migliaia di amuleti a forma di animaletti, cuoricini, divinità,
insetti, incisi con scrupolosa bravura, dobbiamo concludere che tutta la
lavorazione del corallo veniva praticata da mani già esperte. In Siria,
nel 1926, durante opere di scavo venne rinvenuto l’inventario del
cosiddetto «Tesoro della Dea», nel quale erano annotate diecine di
ornamenti e monili con corallo, risalenti ad età ellenistica. Anche i
Fenici, dal 3’ millennio a.C. fino al loro tramonto, si dedicarono,
sebbene rudimentalmente, a questa lavorazione utilizzando i cespi da essi
stessi pescati lungo le coste del Mediterraneo, da Malta alla Sicilia, da
Cartagine alla Sardegna.
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