Anno III
Aprile-maggio 2003 
n. 4-5

pag. 8 di 16

Origini di Torre Annunziata di Adelaide Tagliaferri

  Veduta panoramica del porto di Torre Annunziata  Oplontis  fra mito e storia

di Maria Pasqua Di Donna

Le origini di Torre Annunziata risalgono al XIII sec., quando alla corte di Napoli regnava Carlo I D’Angiò, il vincitore di Manfredi di Svevia. Questo sovrano aveva scelto come riserva personale di caccia il Bosco di Selva Mala, un vasto territorio compreso tra le città di Castellammare di Stabia, Scafati, Lettere e i paesi limitrofi. Nel 1277 quattro notabili, Guglielmo da Nocera, Matteo Avitabile, Puccio de’ Franchi da Napoli e Andrea Petrucci da Scafati, chiesero al re Carlo la concessione di quattro moggi di terreno, nella contrada detta Calcarola, per edificarvi una cappella in onore della Vergine dell’Annunziata e un ospedale. L’atto definitivo della donazione da parte del potere regio, fu stipulato 35 anni più tardi e precisamente il 19 settembre del 1312, sotto il regno di Roberto D’Angiò.
Col tempo nella contrada "Calcarola" sorsero, intorno alla cappella e all’ospedale, casette di contadini e di pescatori che erano continuamente minacciati sia dai briganti che infestavano quei luoghi, sia dai pirati provenienti dal mare. Poiché i sovrani non si preoccupavano delle condizioni dei Torresi, questi invocavano la protezione della Vergine dell’An-nunziata.
Nel XV sec., sotto il regno di Giovanna II, il borgo si ingrandì sempre più e divenne il luogo di vacanza preferito dei notabili del tempo. Fu la regina a concedere la Contea Sarnese al Conte di Nola, Raimondo del Balzo Orsini e quindi la contrada della Calcarola, in essa compresa. Il conte la fece fortificare, dotandola di alcune torri, baluardo contro l’assalto dei pirati. Pertanto il borgo, comprendente la chiesetta, l’ospedale, il caseggiato e le torri fu denominato Torre dell’annunciata ed ebbe come stemma araldico due torri.
Nel XVII sec. i Borboni fondarono a Torre la Real Fabbrica d’Armi, oggi Spolettificio dell’Esercito, con il Museo delle Armi. All’inizio del XX sec. Torre Annunziata, cittadina tra le più ricche di industrie del Mezzogiorno vantava oltre cento tra mulini e pastifici e la sua arte bianca o arte della pasta era conosciuta in tutta Italia.

Nel 1831 Vito Nunziante, generale dell’esercito borbonico, diede l’ordine di trivellare il suolo di Torre Annunziata allo scopo di trovarvi dell’acqua. Inaspettatamente i lavori portarono alla luce, pozzi, cunicoli, lastre di marmo, colonne e pavimenti a mosaico di epoca romana. Fu facile capire che ci si trovava di fronte ad una scoperta archeologica importante che, a poco a poco avrebbe restituito i resti del quartiere suburbano di Pompei, denominato Oplonti.
Oplonti era un antico borgo marinaro alle pendici del Vesuvio, fondato intorno al 1000 a.C. Il suo nome significa: baluardo, luogo ameno, aspetti che alludono alla sua posizione privilegiata, tra il mare e la montagna e quindi inaccessibile e alla bellezza


 

della sua natura lussureggiante. I primi abitanti del posto furono contadini e pescatori indigeni, cui si unirono i Fenici che lo resero un attivo centro commerciale di spezie, seta e prodotti orientali. Fu questa fiorente attività ad attirare ad Oplonti anche i mercanti greci che vi fecero costruire delle ville lussuose. I pompeiani, in epoca romana, lo scelsero come luogo in cui far sorgere un complesso industriale capace di sfruttare il sale contenuto nelle acque del mare: dal porto partivano le navi romane cariche di prodotti agricoli ed alimentari, che smerciavano nelle città più importanti dell’impero. Gli oplontini, quando la città cominciò a crescere e ad ar-ricchirsi la circondarono di una cinta muraria, allo scopo di difenderla dai pirati. Un’antica leggenda vuole che ad Oplonti si fermò Enea durante le sue peregrinazioni, prima di arrivare a Cuma e udì, trasportato dal vento, il lamento della ninfa Partenope, abbandonata da Ulisse per la bellaCalipso.
La storia dell’antica città è legata all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che la seppellì insieme a Pompei, Ercolano e Stabia; le rovine della vecchia Oplonti giacciono, però, in gran parte ancora sepolte.