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Pompei
è sorta nel IXX secolo attorno al celebre santuario della
Madonna del Rosario, presso le pendici orientali del
Vesuvio. L’eruzione del Vesuvio nel ’79 seppellì il
paese sotto uno strato di lapilli e ceneri alto 6-7 metri.
Il non completo seppellimento dell’urbe permise già nell’antichità
ricerche ed esplorazioni.
Gli scavi ebbero inizio nel 1748, durante il regno di Carlo
di Borbone, re delle Due Sicilie, con l’intento prevalente
di conferire prestigio alla casa reale.

Veduta del
portico che delimita
l’area del Foro, scavi di Pompei
Si procedette in modo discontinuo, senza
un piano sistematico e in punti diversi dell’area, che
solo dopo qualche anno fu identificata come l’antica
Pompei. Furono così riportati alla luce parte della
necropoli fuori la porta Ercolano, il tempio d’Iside e
parte del quartiere dei teatri.
Il periodo d’occupazione francese, all’inizio del 1800,
vide un incremento degli scavi, che venne poi scemandosi con
il ritorno dei Borbone. Si lavorò nella zona dell’Anfiteatro
e del Foro e ancora in quella di porta Ercolano e dei
teatri. Grande eco suscitò la scoperta della casa del
Fauno, con il gran mosaico raffigurante la battaglia d’Alessandro.
I direttori dei lavori erano obbligati a registrare
minutamente nei "Giornali di scavo" gli oggetti
che man mano venivano alla luce. Essi descrivevano solo
quelli di maggiore interesse artistico, omettendo la
menzione di quelli che per un qualunque motivo non fossero
destinati al Museo di Portici.
Ecco perché i Giornali di scavo, in questa fase, assumono
il più delle volte l’aspetto di una lista d’oggetti,
privi di riferimenti topografici e destinati solo ad una
ristretta cerchia di collaboratori del re. A tal proposito
va ribadito che gli scavi venivano condotti in un clima d’estrema
segretezza e difficilmente si |
rilasciavano permessi di visita o
autorizzazioni per effettuare rilievi e disegni.
Dopo l’unità d’Italia, le attività ripresero con nuovi
orientamenti, sia nei metodi di scavo e restauro, sia nella
gestione delle accresciute risorse umane e finanziarie.
Il radicale cambiamento fu dovuto anche alla felice scelta
di affidare la direzione degli scavi e del Museo a Giuseppe
Fiorelli, che intraprese l’incarico con un rigore
sistematico ed una chiarezza d’intenti totalmente nuovi.
Si cercò di collegare i nuclei già messi in luce e di
procedere in modo sistematico, di tenere resoconti di scavo
più dettagliati, di lasciare sul posto i dipinti
(precedentemente venivano staccati e portati al museo di
Napoli). Fu anche introdotto il metodo dei calchi in gesso,
che consentì di recuperare l’immagine delle vittime dell’eruzione.
Dopo il passaggio di Fiorelli nel 1875 alla Direzione
Generale delle Antichità e Belle Arti del Regno, la
conduzione degli scavi venne assunta dall’architetto
Michele Ruggero, già suo collaboratore dal 1864. Questo fu
senza dubbio per Pompei uno dei periodi più attivi sia per
le nuove metodologie di scavo adottate che per le scoperte
che ne derivarono.
Dopo la messa a punto da parte di Fiorelli delle grandi
articolazioni urbanistiche pompeiane, lo scavo proseguì
verso i quartieri nord orientali della città lungo via di
Nola. Tra le imprese più complesse e meritorie vanno citate
quelle dello scavo della Casa delle Nozze d’Argento, con
la ricostruzione dell’atrio, della cosiddetta "sala
corinzia" e delle case a terrazza sul fronte
meridionale della città.
Tra le scoperte più importanti ricordiamo: le famose
"tavolette cerate" (documenti di contabilità)
nella casa del banchiere L. Cecilio Giocondo, la statua del
Satiro con otre ed il dipinto con Bacco ed il Vesuvio della
Casa del Centenario. A Ruggero va, inoltre, attribuito il
merito di aver promosso i primi saggi in profondità (nel
1884, 1888, 1889) nell’area del tempio Dorico e in quella
del Foro, compiuti dai tedeschi Duhn e Jacobi, e le prime
indagini per l’individuazione dell’antica linea di costa
le "tavolette cerate". Durante la prima fase del
suo incarico sino alla fine del secolo si continuò lo
sgombero dei quartieri settentrionali della città (regiones
V e VI) che portò alla scoperta della Casa dei Vetti.
Il nuovo secolo si apre all’insegna di gravi polemiche
suscitate dalle concessioni di scavo ai privati e dalla
conseguente dispersione di reperti e pitture.
Nel 1905 Antonio Sogliano prese la direzione degli scavi
promuovendo un ambizioso e articolato piano di intervento
che non riuscì a portare a termine. Esso prevedeva l’esplorazione
del sottosuolo di Pompei per individuare le fasi di |

l Teatro Grande, scavi di
Pompei
epoca pre-romana (saggi Mau-Dorpfeld 1902-
6) e lo scavo delle necropoli fuori le porte di Nola e
Vesuvio e delle tombe sannitiche nella Villa delle Colonne a
Mosaico fuori porta Ercolano.
Dopo alcuni anni di lotte interne alla direzione degli scavi
e dopo un burrascoso periodo di commissariato amministrativo
presso la soprintendenza di Napoli, venne chiamato a
dirigere gli scavi Vittorio Spinazzola, che riuscì ad
infondere un’impronta nuova e personale alla condotta dei
lavori. Egli decise di abbandonare lo scavo nell’area
settentrionale per concentrarsi nei quartieri meridionali
della città, zone sino ad allora esplorate in minima parte.
Lo Spinazzola si proponeva di riunire l’Anfiteatro al
centro della città e di procedere con lo scavo secondo le
direttrici stradali dell’impianto urbano.Tra le scoperte
più interessanti ricordiamo la Lavanderia Stephani ed il
Thermopolio di Asellina.
Nel settembre del 1924 viene chiamato alla direzione degli
scavi Amedeo Maiuri, che vi rimase per 37 anni sino al 1961.
Sia per la sua poliedrica attività che per la durata del
suo incarico, tale periodo si caratterizza per uno dei più
attivi e ricchi di innovazioni della storia degli scavi di
Pompei.
Nell’immediato suburbio della città viene completato lo
scavo della Villa dei Misteri (1929-30) già iniziato tra il
1909 ed il 1910 dal proprietario del fondo di nome Item. Il
Maiuri, inoltre, proseguendo una delle più meritorie
imprese iniziate dal Murat, completa l’isolamento dell’intero
circuito murario di Pompei (1933-34). In particolare risolse
il problema di rimuovere i cumuli di terra dei precedenti
scavi per rendere così del tutto fruibile l’area
archeologica. Riportò alla luce tutto il fronte meridionale
con i prospetti delle ville urbane della regio VIII (1954) e
procedendo verso Est la necropoli di porta Nocera (1936).
Egli riuscì in tal modo a dare a Pompei oltre che un’immagine
di città- museo anche la successione cronologica delle sue
fasi storiche. In questi ultimi decenni, l’attività di
scavo si è progressivamente ridotta, ritenendo opportuno
concentrare le poche risorse disponibili (largamente
insufficienti anche per questo solo compito) sul restauro e
sulla manutenzione degli edifici già portati alla luce.
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