Anno II - n. 5-6 
Maggio-Giugno 2002 

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La storia degli scavi di Rosanna Lucia Ciaravolo

Pompei è sorta nel IXX secolo attorno al celebre santuario della Madonna del Rosario, presso le pendici orientali del Vesuvio. L’eruzione del Vesuvio nel ’79 seppellì il paese sotto uno strato di lapilli e ceneri alto 6-7 metri. Il non completo seppellimento dell’urbe permise già nell’antichità ricerche ed esplorazioni.
Gli scavi ebbero inizio nel 1748, durante il regno di Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, con l’intento prevalente di conferire prestigio alla casa reale.

 Veduta del portico che delimita
 l’area del Foro, scavi di Pompei

Si procedette in modo discontinuo, senza un piano sistematico e in punti diversi dell’area, che solo dopo qualche anno fu identificata come l’antica Pompei. Furono così riportati alla luce parte della necropoli fuori la porta Ercolano, il tempio d’Iside e parte del quartiere dei teatri.
Il periodo d’occupazione francese, all’inizio del 1800, vide un incremento degli scavi, che venne poi scemandosi con il ritorno dei Borbone. Si lavorò nella zona dell’Anfiteatro e del Foro e ancora in quella di porta Ercolano e dei teatri. Grande eco suscitò la scoperta della casa del Fauno, con il gran mosaico raffigurante la battaglia d’Alessandro.
I direttori dei lavori erano obbligati a registrare minutamente nei "Giornali di scavo" gli oggetti che man mano venivano alla luce. Essi descrivevano solo quelli di maggiore interesse artistico, omettendo la menzione di quelli che per un qualunque motivo non fossero destinati al Museo di Portici.
Ecco perché i Giornali di scavo, in questa fase, assumono il più delle volte l’aspetto di una lista d’oggetti, privi di riferimenti topografici e destinati solo ad una ristretta cerchia di collaboratori del re. A tal proposito va ribadito che gli scavi venivano condotti in un clima d’estrema segretezza e difficilmente si

rilasciavano permessi di visita o autorizzazioni per effettuare rilievi e disegni.
Dopo l’unità d’Italia, le attività ripresero con nuovi orientamenti, sia nei metodi di scavo e restauro, sia nella gestione delle accresciute risorse umane e finanziarie.
Il radicale cambiamento fu dovuto anche alla felice scelta di affidare la direzione degli scavi e del Museo a Giuseppe Fiorelli, che intraprese l’incarico con un rigore sistematico ed una chiarezza d’intenti totalmente nuovi. Si cercò di collegare i nuclei già messi in luce e di procedere in modo sistematico, di tenere resoconti di scavo più dettagliati, di lasciare sul posto i dipinti (precedentemente venivano staccati e portati al museo di Napoli). Fu anche introdotto il metodo dei calchi in gesso, che consentì di recuperare l’immagine delle vittime dell’eruzione.
Dopo il passaggio di Fiorelli nel 1875 alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Regno, la conduzione degli scavi venne assunta dall’architetto Michele Ruggero, già suo collaboratore dal 1864. Questo fu senza dubbio per Pompei uno dei periodi più attivi sia per le nuove metodologie di scavo adottate che per le scoperte che ne derivarono.
Dopo la messa a punto da parte di Fiorelli delle grandi articolazioni urbanistiche pompeiane, lo scavo proseguì verso i quartieri nord orientali della città lungo via di Nola. Tra le imprese più complesse e meritorie vanno citate quelle dello scavo della Casa delle Nozze d’Argento, con la ricostruzione dell’atrio, della cosiddetta "sala corinzia" e delle case a terrazza sul fronte meridionale della città.
Tra le scoperte più importanti ricordiamo: le famose "tavolette cerate" (documenti di contabilità) nella casa del banchiere L. Cecilio Giocondo, la statua del Satiro con otre ed il dipinto con Bacco ed il Vesuvio della Casa del Centenario. A Ruggero va, inoltre, attribuito il merito di aver promosso i primi saggi in profondità (nel 1884, 1888, 1889) nell’area del tempio Dorico e in quella del Foro, compiuti dai tedeschi Duhn e Jacobi, e le prime indagini per l’individuazione dell’antica linea di costa le "tavolette cerate". Durante la prima fase del suo incarico sino alla fine del secolo si continuò lo sgombero dei quartieri settentrionali della città (regiones V e VI) che portò alla scoperta della Casa dei Vetti.
Il nuovo secolo si apre all’insegna di gravi polemiche suscitate dalle concessioni di scavo ai privati e dalla conseguente dispersione di reperti e pitture.
Nel 1905 Antonio Sogliano prese la direzione degli scavi promuovendo un ambizioso e articolato piano di intervento che non riuscì a portare a termine. Esso prevedeva l’esplorazione del sottosuolo di Pompei per individuare le fasi di


 
l Teatro Grande, scavi di Pompei

epoca pre-romana (saggi Mau-Dorpfeld 1902-
6) e lo scavo delle necropoli fuori le porte di Nola e Vesuvio e delle tombe sannitiche nella Villa delle Colonne a Mosaico fuori porta Ercolano.
Dopo alcuni anni di lotte interne alla direzione degli scavi e dopo un burrascoso periodo di commissariato amministrativo presso la soprintendenza di Napoli, venne chiamato a dirigere gli scavi Vittorio Spinazzola, che riuscì ad infondere un’impronta nuova e personale alla condotta dei lavori. Egli decise di abbandonare lo scavo nell’area settentrionale per concentrarsi nei quartieri meridionali della città, zone sino ad allora esplorate in minima parte. Lo Spinazzola si proponeva di riunire l’Anfiteatro al centro della città e di procedere con lo scavo secondo le direttrici stradali dell’impianto urbano.Tra le scoperte più interessanti ricordiamo la Lavanderia Stephani ed il Thermopolio di Asellina.
Nel settembre del 1924 viene chiamato alla direzione degli scavi Amedeo Maiuri, che vi rimase per 37 anni sino al 1961. Sia per la sua poliedrica attività che per la durata del suo incarico, tale periodo si caratterizza per uno dei più attivi e ricchi di innovazioni della storia degli scavi di Pompei.
Nell’immediato suburbio della città viene completato lo scavo della Villa dei Misteri (1929-30) già iniziato tra il 1909 ed il 1910 dal proprietario del fondo di nome Item. Il Maiuri, inoltre, proseguendo una delle più meritorie imprese iniziate dal Murat, completa l’isolamento dell’intero circuito murario di Pompei (1933-34). In particolare risolse il problema di rimuovere i cumuli di terra dei precedenti scavi per rendere così del tutto fruibile l’area archeologica. Riportò alla luce tutto il fronte meridionale con i prospetti delle ville urbane della regio VIII (1954) e procedendo verso Est la necropoli di porta Nocera (1936). Egli riuscì in tal modo a dare a Pompei oltre che un’immagine di città- museo anche la successione cronologica delle sue fasi storiche. In questi ultimi decenni, l’attività di scavo si è progressivamente ridotta, ritenendo opportuno concentrare le poche risorse disponibili (largamente insufficienti anche per questo solo compito) sul restauro e sulla manutenzione degli edifici già portati alla luce.