Portici,
città capoluogo
di Gianfranco
Oliviero |

Il
porto borbonico del Granatello
e la
stazione ferroviaria di Portici
a cielo aperto, anche se il commercio le dava
e le da una parvenza di cittadina provinciale alle falde del
Vesuvio.
Sta di fatto che i luoghi più significativi della città come
il Granatello con le vie di accesso, la Riccia, Piazza Poli, i
giardinetti di Via Roma, o il Bosco Reale con la dirimpettaia
Villa comunale costituiscono i pochi centri di aggregazione
sociale, in una città fatta da tanti palazzi di mera
figurazione architettonica, che solo un progetto di arredo
urbano potrebbe, e lo sta facendo, migliorarne la visibilità.
Una città è fatta di strade, isolati urbani, piazze e punti d’incontro
per giovani ed anziani. Questo a Portici non c’è, se non per
adattamento di chi vive o per meglio dire subisce la città.Per
finire dal punto di vista
sociologico i cittadini della non metropoli vivono in luoghi
ristretti identificabili con le proprie case, lavorano fuori, e
usufruiscono poco dei servizi in minima parte esistenti.
Portici, città di traguardi e non metropoli. |
Portici
è una città riconosciuta da tutti per essere frontiera di un’urbanizzazione
selvaggia perpetrata negli anni ’60, ’70 e ’80. Questa ha
subito durante i decenni precedenti il restyling, un’aggressione
cementizia, lasciando pochissimo terziari e all’ambiente
deurbanizzato.
Su di una superficie di poco più di 3 km2 abitano all’incirca
70.000 cittadini che usufruiscono sia di un impianto urbanistico
e territoriale obsoleto, sia di un plusvalore commerciale (il
commercio e le attività terziarie costituiscono l’humus
produttivo di Portici) relativamente esteso.In ogni caso la
città di Portici non si distingue, se non dal versante dell’ambiente
urbano-cittadino, da città come Ercolano, Torre del Greco e S.
Giorgio a Cremano.
In passato la provincia a sud di Napoli è stata contraddistinta
da fortissimi tassi di natalità ed immigrazione dal capoluogo,
con una maggiore richiesta abitativa e stimolando una massiccia
cementificazione del suolo cittadino, tanto da deturpare le
bellezze storiche - artistiche esistenti, come le ville lungo
corso Garibaldi, o l’area di Bellavista, dove la
Circumvesuviana si fermava per far scendere i facoltosi
napoletani, che ivi si recavano, avendo lì il loro luogo
preferito di soggiorno e riposo. Così come la fama dei bagni,
come il lido Dorato, permetteva il soggiorno estivo |
di famiglie intere che lì trascorrevano le
vacanze fino agli anni ’50. Ed inoltre il bosco di Portici con
l’annessa reggia dove fu collocata la facoltà di Agraria,
Reggia che costituisce un esempio di urbatettura, perché non
antepone un prospetto alla strada che in tal caso l’attraversa,
costituiscono il polmone verde di una città assassinata dal
cemento.
Portici ha essenzialmente due strade parallele: Corso Umberto
I° e Via Della Libertà, che permettono il congiungimento del
porto e dell’annessa stazione ferroviaria con il casello
autostradale, e Via Diaz, che congiunge Corso Garibaldi a
Bellavista. Mentre il Corso Garibaldi è una strada con il
proprio impianto urbanistico, Via della Libertà e Via Diaz,
congiunte dal Viale Leonardo da Vinci, che è un’isola
pedonale, seguono l’andamento degli antichi rivoli, che dalle
pendici del Vesuvio scendono fino a mare (rispettivamente al
porto e giù alla Riccia).
La densità urbanistica di Portici trova confronto solo in
alcune metropoli cinesi e giapponesi. Portici non è una
metropoli, ma un’area metropolizzata, non essendovi con la
città capoluogo, Napoli, quelle interrelazioni produttive e di
servizio terziario e quaternario, proprie delle metropoli.
Per molti decenni, a noi che abbiamo fatto il liceo Filippo
Silvestri a Portici, la città è apparsa come un dormitorio |
La
Facoltà
di Agraria
di Portici
di Pietro Oliviero |

Veduta
dal giardino della Facoltà
Agraria
di Portici
carattere
culturale. C’è però l’esigenza di trovare una sistemazione
diversa per i laboratori dipartimentali, sempre nel comune di
Portici, per ovvi motivi di vicinanza onde evitare lo
smembramento della facoltà. Infine c’è da affrontare le
questioni circa l’utilizzo, che molti giudicano improprio, dei
locali della Reggia.
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La
facoltà si trova nella Reggia di Portici che sorse per volere
di Carlo di Borbone e della moglie Maria Amalia, innamorati di
quel luogo ameno ai piedi del Vesuvio, in una posizione
strategica della città, a cavallo della Regia strada che prese
il nome di "Miglio d’oro". Lungo la strada il re
acquisì nel 1747 il Palazzo Nascabruno con l’attiguo ampio
bosco che oggi fa parte del parco inferiore e dopo l’intervento
di ampliamento nel 1756, fu usato come regie scuderie.
La Reggia fu fatta costruire su disegno dell’architetto romano
Antonio Canevari nel periodo 1737 - 1743, la decorazione delle
sale fu affidata a pittori quali Giuseppe Bonito, mentre le
sculture, realizzato in marmo di Carrara, furono attribuiti al
Canart.
Il Palazzo è caratterizzato da un ampio vestibolo, in pratica l’ingresso
dell’edificio, che conduce al piano nobile.
Un elemento di rilievo del complesso |
architettonico
è il grande parco, che all’epoca era riserva di caccia del re
e si estendeva dal mare fino alle pendici del Vesuvio.
La Reggia fu acquistata presso il demanio della provincia nel
1871 con l’intento di destinarla a Scuola Superiore d’Agricoltura
di durata Triennale e i primi iscritti furono 19. Nel 1893 la
durata dei corsi passò a quattro anni e nel 1923 assunse il
nome d’Istituto Superiore Agrario alle dipendenze del
Ministero dell’Agricoltura. Nel 1935 l’Istituto passò al
Ministero della Pubblica Istruzione, assumendo il nome di
Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Napoli,
che per molti anni rimase l’unica nel Mezzogiorno. In un’intervista
il nuovo preside della Facoltà, Alessandro Santini. ha ribadito
la volontà di conservare il rapporto ormai centenario con la
città di Portici, anche se non ha tralasciato la possibilità
di aprire la Reggia al pubblico con iniziative di |
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