La
storia
di
Portici
di Maria Scognamiglio |

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Il
Museo
Ferroviario
di Pietrarsa
di lucio
Bonelli

Locomotiva Bayard e convoglio al completo.
Il treno inaugurale della Napoli-Portici,
esposto al museo di Pietrarsa è una ricostruzione del 1939
Nella prima metà
dell’800 il Regno delle Due Sicilie era dipendente dal
predominio industriale e tecnico straniero, in special modo con
quello dell’Inghilterra. In questa nazione la scoperta della
macchina a vapore aveva portato alla nascita della prima
ferrovia nel 1804.
Quando nel 1839 Federico II di Borbone volle costruire la prima
strada ferrata in suolo italiano, la Napoli - Portici, per
raggiungere questa amena cittadina, Portici, sede lo ricordiamo
di una Reggia. La locomotiva che trainava il piccolo convoglio,
chiamato "Vesuviana", fu montata a Napoli con pezzi
costruiti e progettati in Inghilterra. Nel 1842 il sovrano
sentì l’esigenza di costruire un’industria per la
costruzione di locomotive e, quindi, non dipendere più da
officine straniere. L’area individuata per tale costruzione fu
quella denominata Pietrarsa, in località Portici nella zona di
confine con Napoli. L’opificio gli sopravvivrà per la
qualità e preparazione tecnica degli addetti. Ora facciamo un
salto negli anni ed arriviamo al 1975, quando le locomotive a
vapore furono soppiantate da quelle elettriche, il che costrinse
alla chiusura delle Officine Grandi Riparazioni di Pietrarsa. In
seguito e siamo già nel 1989 le Ferrovie dello Stato
avvertirono l’esigenza di un Museo ferroviario non per le
cose che andranno a mettere, ma,
forse, per il primato che aveva nel mondo la struttura dell’opificio
voluto da Federico II. L’area museale ferroviaria è stata
allestita in modo simile a come apparivano le Officine al tempo
dei Borboni, conservando al suo interno bellissime locomotive d’epoca,
carrozze piene di fascino come quelle regali e presidenziali,
assieme a divise di ferrovieri, plastici in scala, attrezzi e
strumenti di lavoro. Bisogna aggiungere che per le sue
dimensioni e per il numero di locomotive a vapore e vagoni
esposti è uno dei musei ferroviari, più importanti nel mondo.
Quello sito a Portici è un Museo Nazionale Ferroviario che
guarda al passato, ma anche nella prospettiva all’avvenire
migliore delle Ferrovie e dei ferrovieri. Al suo interno sono
state organizzate delle belle serate di sfilate di moda e
riprese televisive, con una vasta eco e partecipazione di
pubblico, contribuendo ad una maggiore diffusione della cultura
e dell’informazione del mondo ferroviario. L’accesso al
Museo è favorito da una stazione d’epoca, che si trova vicino
all’ingresso e si può venire a visitarlo anche in treno.
Consideriamo il fascino di questo museo legato al viaggiare in
treno con le conversazioni e le presunte conquiste di belle
viaggiatrici. In conclusione quello che si capisce, dopo la
visita al museo, è che il successo per le ferrovie si misura
con la sicurezza, la velocità ed il conforto che esse sanno
offrire al viaggiatore che le frequenta. |
Le
origini di Portici risalgono ai tempi dei romani, come
confermato da numerosi ritrovamenti archeologici dell’epoca.
Secondo alcuni autori il suo nome deriverebbe dai portici del
foro dell’antica Ercolano. Secondo altri la città sarebbe
sorta intorno alla villa di Quinto Ponzio Aquila un nobile
romano avente come simbolo del casato un’aquila che reca sotto
gli artigli le sue iniziali Q.P.A., attuale raffigurazione dello
stemma comunale. Portici prima "Tenuta" e poi "Capitania"
dal 1454, divenne poi feudo nel 1638. L’epoca feudale fu, per
alcuni periodi, assai buia per i porticesi, come durante la
crudele dominazione dei fratelli Troie, ai quali la famiglia
Carafa concesse in fitto i feudi vesuviani dal 1671 al 1674. Il
15 dicembre del 1631, ci fu una terribile eruzione del Vesuvio;
la terra tremò e nel cielo si profilò una strana nube, che
presto crebbe a dismisura, tramutandosi in una colonna di fumo,
dal cratere partirono fulmini di fuoco. Il giorno 17 ci fu un
tremendo terremoto, che distrusse case, strade, il cono del
Vesuvio si spezzò, seminando disperazione e morte: quattromila
uomini, seimila animali e quarantamila senzatetto.
Dopo la sciagura il viceré incaricò Padre Orso, lo studioso
che dimorava nella casa dei gesuiti, l’attuale scuola media M.
Melloni, di scrivere in latino due lapidi di marmo che
ricordassero la sciagura e che fossero di monito per i posteri a
non sottovalutare il Vesuvio. La prima fu murata tra Torre del
Greco e Torre Annunziata e la seconda a Portici, prima di fronte
all’attuale via Giordano e poi vicino al palazzo Ruffo di
Bagnara, sito ad angolo tra Corso Garibaldi e Via E. Gianturco.
Nel 1696 torresi, resinesi e poi porticesi nel 1698 reclamarono
il diritto di prelazione del feudo, messo in vendita dal
viceré, acquistandolo poi nel 1699, per 106.000 ducati e
liberandosi dalle baronie feudali.
Iniziò così un periodo aureo di Portici, libera ed autonoma, e
quando nel 1738 Carlo III° di Borbone, innamorato dalle
bellezze del posto, decise di costruirvi la sua dimora estiva ci
fu un progressivo edificare di bei palazzi e sontuose ville
intorno alla Reggia, da parte dell’aristocrazia napoletana,
dando vita al fenomeno architettonico noto come "Ville
Vesuviane del Miglio d’Oro". Il 1839 Ferdinando II di
Borbone inaugurò la famosa prima ferrovia italiana la Napoli
-Portici. Oggi la città, 8 km a SUD-EST di Napoli, con 64.200
abitanti su 4,52 km2, nonostante possa essere considerata da
alcuni un affollato quartiere industriale e residenziale del
capoluogo, dopo tanta storia va avanti nel suo splendore, di
città economicamente benestante e signorile, ricca di negozi d’abbigliamento
e di alta Moda e di tanti altri esercizi pubblici che la rendono
ancora più importante.

Sbarco di Pio IX al
molo borbonico del Granatello, Napoli,
Museo di San Martino, P. Matej
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